Dalla Romania Indice .. e dall'Ungheria

DALLA CECOSLOVACCHIA ...

Come già accennato a proposito delle vicende degli ebrei rumeni, anche quelle vissute dagli ebrei cecoslovacchi ed ungheresi sono collegate ai mutamenti intervenuti negli assetti territoriali dei loro rispettivi Stati nei due decenni precedenti l'inizio della seconda guerra mondiale e alle politiche discriminatorie e persecutorie da ciascuno di essi adottate sia durante il ventennio precedente la guerra, sia durante la guerra stessa.
Per questo motivo, come accaduto in qualche caso nella presentazione delle storie vissute dagli ebrei rumeni vittime della Shoah, anche in quelle vissute dagli ebrei cecoslovacchi ed ungheresi bisognerà tener presente i luoghi in cui avevano la loro abituale residenza o in cui essi si trovavano durante la guerra. 1
Allo stesso modo si noterà come negli anni immediatamente successivi, quando, cioè, continuano le peregrinazioni dei sopravvissuti, molti dei percorsi che è possibile ricostruire grazie ai fascicoli personali conservati presso gli Arolsen Archives hanno in comune sia il luogo di partenza - Praga o Bratislava - che la meta, cioè lo Stato di Israele.
I rifugiati ebrei provenienti dalla Cecoslovacchia, intestatari di fascicoli personali sono 175 Ad essi vanno aggiunti i 141 conviventi che li accompagnano, per un totale di 316 persone che tra il 1945 e il 1951 entrano in contatto con l'IRO.
Il dato che balza subito agli occhi, osservando l'insieme degli esiti, è la netta differenza tra quelli relativi agli ingressi che vanno dal 1945 al 1947 e quelli che riguardano gli ingressi avvenuti nel 1948 e nel 1949. Nei primi due anni la maggioranza dei richiedenti assistenza finisce per abbandonare l'IRO, come segnalato dall'alto numero di A.W.O.L. e di missing. Negli anni successivi, invece, prevale il giudizio di non eligibilità. Il motivo di questo netto contrasto risiede nel cambiamento avvenuto nel mese di maggio del 1948, con la nascita dello Stato di Israele.
Secondo l'ipotesi già più volte avanzata, potrebbe essere accaduto che i rifugiati arrivati fortunosamente in I'Italia tra il 1945 e il 1947 i quali intendevano raggiungere Eretz Israel, di fronte all'impossibilità da parte dell'IRO di considerare questo luogo tra quelli previsti per il ricollocamento, dovettero cercare altre vie, trovandole nell'Alya Bet che veniva organizzata nella stessa Italia.
Dal mese di aprile del 1948, invece, quando è ormai evidente che il mandato inglese sulla Palestina sta per cadere, possono iniziare partenze di interi gruppi, organizzate a Bratislava.
Per condurle a termine, tuttavia, come si vedrà, sarà necessario anche il coinvolgimento dell'IRO che, però, non potrà comprendere queste persone - veri e propri emigranti in transito - sotto il proprio mandato e dovrà obbligatoriamente escluderli da tutti i propri servizi.
Tornando agli ingressi avvenuti nei primi due anni del dopoguerra, c'è da dire che sono pochi i fascicoli che contengono documenti grazie ai quali ricostruire storie. Nella maggior parte di essi, infatti, si trovano solo i moduli di richiesta di assistenza alla Displaced Persons Division dell'UNRRA e i questionnaires sono presenti solo in quelli di coloro che entrano successivamente in contatto con l'IRO.
Due di questi, che riguardano rifugiati cecoslovacchi, entrati in Italia nel 1945, consentono di verificare, oltre ai problemi per la definizione della propria cittadinanza, i collegamenti che intercorrono tra le vicende cecoslovacche e quelle ungheresi accennati sopra e il modo in cui influirono sulle storie dei singoli.
Chustv, la città natale di Ludwik Kahan aveva fatto parte dell'Impero Austro-Ungarico fino al 1918. I suoi genitori - di origine ebrea - erano stati, quindi, sudditi della monarchia austro-ungarica. Dopo l'annessione alla Cecoslovacchia, essi divennero automaticamente cittadini cecoslovacchi, come il loro figlio Ludwik. Quest'ultimo, però, afferma di aver perso questa cittadinanza a seguito di un decreto governativo della repubblica ceca che stabiliva che tutti i cittadini residenti all'estero che non fossero tornati nel loro paese entro il 1°gennaio del 1945 avrebbero perso automaticamente la loro cittadinanza.
Per questi motivi egli si dichiara al momento apolide.
Il 19 aprile 1939, in seguito al trattato di Vienna (Ciano-Ribbentrop) 2 la città venne occupata dalle truppe ungheresi e annessa all'Ungheria. In quello stesso anno Ludwik si sposò e trovò lavoro come tappezziere nel negozio di suo zio.
Nel 1942, a seguito delle misure prese dal governo ungherese venne chiamato dal dipartimento dei lavori forzati e fu costretto a scavare trincee nei dintorni della città, fino all'ottobre di quell'anno, quando fu inviato nel territorio di Novi Sad, nella regione jugoslava inserita territorialmente nell'Ungheria.
Nel 1943 fu trasferito a Kolomay, in Polonia, dove lavorò come addetto alle mine. Continuò a fare questo lavoro seguendo le truppe ungheresi. La sua ultima destinazione fu il campo di Mauthausen.
Nel 1945 fu liberato dalle truppe alleate e ricoverato per le cure del campo stesso, diventato un centro per le displaced persons. Vi rimase fino all'agosto 1945 quando si trasferì in Italia con un trasporto profughi in treno. Arrivò a Padova dove gli fu concessa l'assistenza in un campo di transito gestito dagli Alleati. Da qui passò a Venezia, assistito dall' AJDC e dalla Comunità ebraica locale.
Non può tornare a Chust perché la città è ora annessa all'USRR dal 1945 e lui non è cittadino dell'URSS. Aborrisce il comunismo che dichiara non essere altro che schiavitù. Le sue obiezioni contro il rimpatrio vengono considerate valide All'IRO chiede la protezione legale e il reinsediamento negli Stati Uniti.
Non a causa delle annessioni, ma per propria scelta, anche la storia di Armin Gellis, nato a Topo??any 3 , passa attraverso l'Ungheria. Armin viveva con i suoi genitori che possedevano un negozio di articoli in vetro. Continuò i suoi affari fino al dicembre 1941, quando il governo di Tiso4 salì al potere e furono imposte molte drastiche restrizioni contro gli ebrei e un puro ariano fu messo a dirigere il suo negozio.
Nell' agosto del 1942 la situazione degli ebrei a Topolcany peggiorò ancora di più, a causa delle persecuzioni razziali e delle deportazioni. Gli ebrei furono brutalmente arrestati, molti furono uccisi nelle strade. Per questo motivo lui e la sua famiglia (madre e sorella) fuggirono senza documenti, attraversarono illegalmente di notte la frontiera con l'Ungheria e arrivarono a Budapest, dove furono assistiti dalla comunità ebraica locale.
Nel mese di marzo del 1943 Armin ottenne un lavoro come magazziniere presso un negozio di articoli di vetro. Nel luglio del 1944 fu costretto a vivere in uno dei ghetti creati nella città, da cui fu poi deportato, con la sua famiglia, a Mauthausen5
Il 3 maggio 1945 il campo fu liberato dalle forze americane e nel novembre successivo Armin, la madre e la sorella passarono in Italia con un trasporto di rifugiati.
Nel dicembre del 1946 accettarono di essere rimpatriati a cura dell'ambasciata cecoslovacca a Roma, perché volevano sapere se esistevano ancora la loro casa e le altre proprietà che avevano lasciato quando avevano abbandonato Topo??any.
Dopo aver scoperto che la casa era stata confiscata dal nuovo governo e che tutte le altre proprietà erano andate perdute, nel gennaio del 1947, muniti di un passaporto legale e di un visto dalla legazione italiana a Praga, decisero di tornare in Italia.
All'intervistatore Armin dichiara di aver visto con i suoi occhi le brutali atrocità commesse dai suoi connazionali sugli ebrei e si oppone al ritorno in Cecoslovacchia a causa del forte antisemitismo che ancora vi è diffuso. Inoltre non può sostenere il regime attuale, che non rispetta le proprietà personali e non permette alcuna libertà. Desidera emigrare negli Stati Uniti.
La valutazione non è favorevole ad Armin. Non viene giudicato un autentico rifugiato, perché ha i mezzi finanziari per il mantenimento suo e della sua famiglia. In più ha lasciato la Cecoslovacchia come un emigrante e, infine, perchè non ha subito persecuzioni razziali nel territorio cecoslovacco. 6 Questa valutazione viene confermata dall'ufficio per l'eligibilità di Bagnoli il 4 aprile 1951, ma Armin Gellis riesce ugualmente ad emigrare negli Stati Uniti il 13 ottobre 1951.
Alexandr Mancz era nato nel 1914 in una città - Uznorod - appartenente all'epoca all'impero austro-ungarico. I suoi genitori erano di origine cecoslovacca, suo padre era commerciante di professione e faceva affari vendendo materiali da costruzione.
Terminata la scuola secondaria Alexandr fu richiamato per tre anni nell'esercito cecoslovacco, rimanendovi fino al dicembre del 1938 a Uzonorod.
Poco dopo le truppe ungheresi occuparono la città, furono emanate le leggi razziali ed egli non poté trovare alcun impiego. Nel 1940 tutti gli ebrei della città, in base alle leggi ungheresi, furono chiamati al servizio di lavoro e inviati a Sianky (Polonia) dove Alexandr è rimasto per due anni.
Nel 1942 fu deportato dai tedeschi in Ucraina.
Quando, nel 1944, i tedeschi si ritirarono da quella zona, i forzati ungheresi furono fatti rientrare i Ungheria e molti, successivamente, spostati in Austria.
Nell'aprile del 1944 Alexandr fu rinchiuso a Mauthausen, fino all'arrivo dell'esercito americano.
Dopo la liberazione fu prima ricoverato in ospedale a Wels (Austria), poi rimpatriato a Uzonorod, dove non trovò più nessuno dei suoi parenti. I suoi genitori, sua moglie e un figlio sono stati uccisi nelle camere a gas dei lager tedeschi. La sua proprietà e i beni dei suoi genitori sono stati derubati.
Nel frattempo i russi avevano occupato la sua città.
A lui non piaceva rimanere in quel luogo e così si è spostato a Teplitz in territorio cecoslovacco, dove ha trovato lavoro come saldatore. Nel luglio del 1949 ha lasciato la Cecoslovacchia con l'intenzione di andare in Australia.
Le obiezioni di Alexandr ad un nuovo rimpatrio consistono nella descrizione delle prevaricazioni subite da parte dei funzionari del partito comunista nell'ultimo periodo trascorso in patria e vengono ritenute valide. Ha i documenti in regola per poter emigrare in Australia e le spese di viaggio saranno pagate dall'AJDC.
Le due storie che seguono hanno in comune non solo la giovane età dei protagonisti, ma, per qualche aspetto, le cause che li costrinsero a lasciare il proprio paese.
La prima storia è quella di Katia Winohrodska che 1938 viveva a Kosice in Slovacchia e frequentava la scuola secondaria. Il padre possedeva un negozio di tessuti. Nel settembre 1938, durante l'occupazione tedesca del Sudetenland, questa parte della Slovacchia fu assegnata all'Ungheria. Katia continuò a studiare e si laureò, senza avere problemi con le autorità perché sua madre era di nazionalità ungherese.
fino al mese di maggio del 1944, In quel mese, infatti, venne arrestata con i suoi genitori e portata nel campo di Aushwitz (numero tatuato sul braccio sinistro) dove rimase fino alla liberazione da parte dell'esercito russo. Sua madre fu uccisa nelle camere a gas mentre suo padre morì di tifo.
Una volta liberata, andò a Cracovia, poi a Kretzau in Germania, e nel luglio 45 arrivò a Praga.
Qui iniziò a lavorare come giornalista presso Straz Severu7 (Guardia del Nord) un giornale democratico, con tendenze anticomuniste. Alla fine di marzo del 1948 smise di lavorarvi perchè il giornale fu fatto proprio dall'organizzazione comunista. Lasciò Praga e andò a Vienna, poi via Tarvisio a Roma. Questa la sua obiezione al rimpatrio: dopo un anno in un campo di concentramento tedesco non voglio più vivere sotto un regime di terrore come quello attuale in Cecoslovacchia.
Chiede di essere ricollocata in Belgio o negli Stati Uniti.
Jindrich Karas invece, viveva con i genitori a Brno. Il padre era ebreo, la madre cattolica.
Nel 1937 il padre, proprietario di una cartiera, morì e la madre assunse la direzione della fabbrica. Nel 1940 i tedeschi, che nel frattempo avevano occupato la Boemia e la Moravia, la sequestrarono, ma la madre, non essendo ebrea, potè continuare a dirigerla in cambio di un piccolo stipendio, mentre lui continuava i suoi studi. Nel giugno del 1941 gli fu imposto di lasciare la scuola, in quanto figlio di un ebreo. Rimase indisturbato fino al 1943, quando fu precettato dai tedeschi per lavori forzati nella città.
Nell'ottobre del 1944 ricevette una convocazione dal quartier generale della Gestapo a Praga.
All'arrivo nella città, fu immediatamente arrestato e rinchiuso nello stadio del club sportivo ebraico Hagibor, nei dintorni di Praga, dove rimase fino al maggio del 1945 quando, scoppiata la rivoluzione, tutti gli internati che vi si trovavano fuggirono.
Tornò a Brno e trovò un impiego in una fabbrica di radio, fino al 1946, quando riprese i suoi studi, diventando anche un membro attivo dell'Unione degli studenti di scuola secondaria, una organizzazione affiliata al partito socialista. Dopo il colpo di stato comunista de 1948 cominciarono i suoi problemi: fu di nuovo escluso dalla scuola e rischiò di essere condannato ad un lungo periodo di lavori forzati.
Come altre centinaia di compagni di scuola cercò di fuggire per raggiungere la Germania, ma il tentativo fallì. Tornò a Brno in attesa di un'altra occasione che arrivò quando, nel 1949, l'Agenzia ebraica che aveva sede a Bratislava, iniziò ad organizzare partenze degli ebrei dalla Cecoslovacchia verso Israele. Jindrich si trasferì nella città, contattò l'ufficio dell'Alyah emigration e a novembre di quell'anno arrivò in Italia, a Senigallia.
Al termine dell'intervista dichiara di essere fuggito per evitare i lavori forzati cui sarebbe stato condannato, solo perché è un uomo che ama la libertà. Chiede di poter emigrare in Australia, ma gli viene concessa solo la protezione legale e politica.
Il direttore del campo di Senigallia si oppone alla decisione, perché considera Jndrich un vero rifugiato, ma il primo dicembre del 1949 l'ufficio ricorsi dell'Eligibility Division spiega il motivo della decisione:
Questa persona fa parte del gruppo di 500 ebrei cecoslovacchi in transito per la Palestina (sic) Il gruppo è arrivato a Senigallia il 24 novembre 1949. Egli ha però dichiarato che non desidera andare in Palestina. Le sue ragioni per non continuare questo viaggio risiedono in un accordo al momento della partenza da Bratislava che stabiliva che egli avrebbe lasciato il gruppo una volta arrivato in Italia per continuare il viaggio verso l'Australia. E' in possesso del permesso di ingresso e lì ha uno zio che potrà assisterlo nel pagamento delle spese di viaggio.
La risposta è che la protezione legale e politica che gli è stata attribuita sarà indispensabile per prendere accordi con le autorità italiane, perché concedano il permesso di soggiorno fino a quando non sarà pronto per la partenza.
La storia di Jindich Karas introduce ad un aspetto che caratterizza le vicende degli ebrei cecoslovacchi e, come già accennato, anche quelli ungheresi: i trasferimenti nell'appena nato Stato di Israele avvenuti nel 1949 dalla Cecoslovacchia che facevano tappa in Italia dove i viaggiatori in attesa di ripartire, venivano assistiti dall'IRO. Ed è per questo motivo che i nomi di alcuni dei partecipanti riemergono dai fascicoli che l'Organizzazione apriva, in considerazione del servizio che offriva loro.
Le informazioni che se ne ricavano, tuttavia, risultano piuttosto frammentarie.
Si accenna solo di sfuggita agli organizzatori che erano le sedi di Bratislava e di Praga dell'Agenzia ebraica, cui alcuni dichiarano di essersi registrati, ma a svolgere un ruolo molto importante, fu anche l'AJDC che agiva a volte autonomamente, a volte, sembra di capire dai sintetici resoconti, in collaborazione con l'Alya Emigration Office.
Le prime partenze sembrerebbe essere avvenute tra marzo ed aprile del 1949 stando a quanto si legge nei documenti contenuti nel fascicolo di Samuel Gross, nato a Berehovo,in Cecoslovacchia, residente a Rihavska Sobota ma, durante la persecuzione rifugiato a Budapest e poi rinchiuso in uno dei ghetti istituiti in quella città. La moglie e i suoi due figli finirono ad Aushwitz, mentre lui fu liberato dai Russi.
Ritornato in patria, nella sua città, visse per quattro anni in attesa di poterne ripartire. Il viaggio al quale partecipa Samuel era un trasporto legale organizzato dall'AJDC.
Più evidente il ruolo dell'IRO attraverso i documenti relativi a Walter Cziment, praghese di origine, deportato a quattordici anni prima a Therezin e poi ad Aushwitz, sopravvissuto, ma impossibilitato a ritornare alla propria vita, in quanto non riusciva, una volta tornato a Praga, a certificare la propria nazionalità. Nato da padre ungherese, rimasto senza parenti o amici, scomparsi tutti nella Shoah, al rientro dalla deportazione non possedeva nessun documento che provasse la sua cittadinanza. L'unica soluzione per lui era lasciare la Cecoslovacchia. Approfittò, così del trasferimento da Bratislava che fece tappa in Italia il 30 giugno. Walter poi non raggiunse Israele, ma il suo racconto è importante perchè in esso, compare il nome del campo IRO di Trani, che diventò una sorta di base anche per le soste successive.
A Trani fanno sosta anche i gruppi di emigranti diretti in Israele che partono da Praga, come, ad esempio, quello di cui faceva parte Salomon Majerovic partito nel mese di agosto del 1949.
In precedenza, tra marzo ed aprile, sempre a Praga, l'AJDC aveva organizzato altre partenze che prevedevano la sosta in Italia, ma, contrariamente a quanto si legge per quelle provenienti da Bratislava, per queste non viene registrato il campo nel quale venivano accolti i viaggiatori.
Molti dei viaggiatori, interrogati dai funzionari dell'IRO, dichiarano di essere sionisti, di considerare Israele come la propria vera patria e di voler partecipare alla sua costruzione.
Come accade nel caso di Jindrich Karas, non tutti i componenti di questi gruppi avevano come meta Israele. Arrivati in Italia, dichiaravano di voler cambiare la loro meta e, pur tra molte difficoltà, spesso ci riuscivano.
E' questo il caso Walter Berg, praghese di nascita, ma residente a Berlino. Nel 1938 tornò nella sua città natale, con la speranza di sfuggire alle violente persecuzioni razziali in atto in Germania. Nel 1941 venne però arrestato e deportato in vari lager, tra i quali anche Buchenwald. Liberato, non tornò a Berlino, ma a Praga, dove trovò modo di organizzare la propria emigrazione in Australia, per la quale aveva ottenuto il permesso di ingresso. Per raggiungere la quale avrebbe pagato da solo le spese di viaggio.
Rimase nella capitale cecoslovacca fino a quando non riuscì ad avere l'assicurazione che l'AJDC lo avrebbe aiutato a realizzare la prima parte del suo piano, cioè arrivare in Italia. Ci riuscì il 12 agosto del 1949, partendo da Praga con uno dei trasferimenti in Italia organizzati da questa agenzia. Il 17 dello stesso mese si imbarcò sulla nave Cyrenia in partenza per l'Australia. Sulla stessa nave viaggiavano anche Mikulas Roth e Alfonz Hynek partiti come lui, da Praga il 12 agosto del 1949.


1 In particolare, per il contesto storico-politico nel quale si inquadra la Shoah in Ungheria, cfr la scheda storica cit. alla nota n.1 nella pagina dedicata alla Romania.
2 Come nota 1
3 Topo??any è una città nella regione di Nitra della Slovacchia, storicamente caratterizzata dalla presenza e convivenza di tedeschi, slovacchi e ungheresi, Circa 3200 dei suoi abitanti erano ebrei. Solo poche centinaia sopravvissero alla Shoah. Quando questi ultimi rientrarono nella loro città si trovarono, come accadde allo stesso Armin Gellis, stranieri nella loro città natale, senza proprietà e in molti casi senza cittadinanza.
4 Jozef Tiso fu Primo ministro della Slovacchia 14 marzo 1939 fino al 26 ottobre 1939, successivamente Presidente della Repubblica e dal 1942 un vero e proprio dittatore, con il titolo di Vodca, che corrispondeva al tedesco Führer e all'italiano duce. Il 9 settembre 1941 il suo governo approvò su richiesta dei nazisti una legislazione che escludeva completamente gli ebrei dalla società slovacca. Con lui al potere, la Slovacchia cooperò con i tedeschi ed esso stesso organizzò delle deportazioni
5 Si riporta qui il contenuto della nota n.6 presente nella pagina dedicata alla Romania riguardante la provenienza dei deportati presenti nel campo di Mauthausen. La maggior parte di essi proveniva dalla Polonia, seguiti da cittadini sovietici e ungheresi, ma c'erano anche numerosi gruppi di tedeschi, austriaci, francesi, italiani, jugoslavi e spagnoli. Complessivamente, l'amministrazione delle SS del Lager registrò uomini, donne e bambini provenienti da più di 40 Nazioni. A partire dal Maggio del 1944 arrivò anche un gran numero di ebrei ungheresi e polacchi; per loro, le possibilità di sopravvivere erano le più scarse. Cfr: https://www.mauthausen-memorial.org/it
6 Quest'ultima parte della valutazione lascia piuttosto perplessi.
7 Cliccando sui numeri evidenziati nelle pagine del calendario si accede alle pagine originali del giornale.

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