a cura di Anna Pizzuti
Valutazione | Dal Fondo Questura dell'Archivio di Stato di Fiume | Il database |
L'intestataria è residente a Fiume dal 26.11.1919. Deve rendere numerose dichiarazioni di soggiorno in quanto divenuta apolide dopo i provvedimenti razziali ed è sorvegliata dall'autorità di polizia. Risulta essere stata internata ma non c'è traccia di questo passaggio nel suo fascicolo, tranne un foglio di via per Fiume datato 2 ottobre 1942 rilasciato dal podestà del paese in cui si trova.
L'intestataria è nata e residente a Fiume, divenuta tedesca per matrimonio. E' divenuta apolide in seguito ai provvedimenti razziali, ma "non è tenuta ad abbandonare il Regno, risiedendovi dalla nascita." Deve rendere ripetute dichiarazioni di soggiorno. Il 12.06.1942 chiede di poter visitare il marito internato. Lo raggiunge e rimane in quella località, dalla quale verrà deportata.
Nel mese di agosto del 1941 arriva a Susak un gruppo familiare che secondo quanto ricostruito in una relazione del Commissario di Pubblica Sicurezza compilata il 20 gennaio del 1942 " da questo ufficio furono fermati ed accompagnati, per il rimpatrio, alla frontiera di Buccarizza, ma dopo pochi giorni fecero qui ritorno".
In presenza di una istanza nella quale i profughi chiedevano di essere internati a Padova lo stesso ufficio " in considerazione dell'attuale situazione politica, esprime parere favorevole".
La Prefettura di Padova, invece, rifiuta di internare i profughi nella città, perchè "questa città è compresa tra le località militarmente importanti".
Il Ministero dell'interno chiede alla Prefettura di Fiume di comunicare questo rifiuto agli interessati "invitandoli a scegliersi altra residenza in località non miltarmente importante"
Il 25 marzo del 1942 il Ministero stesso stabilisce che debbano essere internati in provincia di Sondrio.
Senza fornire alcuna spiegazione, pochi giorni dopo il Commissario capo di polizia di Susak comunica al ministero che "i soprascritti ebrei giunti nel Regno sprovvisti di regolari documenti, l'11 aprile sono stati fatti accompagnare alla frontiera e rimpatriati in Croazia".
Il 9 giugno la Prefettura di Sondrio scrive alla Prefettura di Fiume ed al Ministero dell'interno comunicando che gli stranieri che dovevano essere trasferiti in quella provincia non erano ancora giunti. Chiede se il provvedimento è stato revocato e comunque "di avere notizia degli stranieri medesimi".
Lo stesso Prefetto di Sondrio, il 13 giugno, scrive al Ministero dell'interno e alla Prefettura di Fiume che "in questa provincia sono esauriti i posti fissati per gli ebrei crosati internati. Pertanto si esprime parere contrario all'accoglimento dell' istanza dei nominati in oggetto" La Prefettura di Fiume risponde comunicando l'avvenuto rimpatrio.
Il primo settembre del 1941 i componenti di un gruppo familiare entrano ad Abbazia muniti di " lasciapassare per diporto e cura rilasciato dalla regia Questura di Lubiana, con validità 90 giorni"
Le autorità di pubblica sicurezza rilevano una imprecisione nel documento ed il Questore di Fiume dirama una circolare nella quale, partendo dal caso specifico - documento privo del " prescritto nulla osta preventivo di questo Ufficio" - ordina di attenersi rigidamente alle norme vigenti nelle zone militarmente importanti ed il respingimento nei comuni di provenienza di coloro che le contravvengono. Ricorda, infine, che tutti i comuni della provincia sono militarmente importanti. All'intestatario del fascicolo ed alla sua famiglia viene ordinato di lasciare Abbazia e di rimpatriare con foglio di via obbligatorio. Essi chiedono la revoca del provvedimento e, nella richiesta, sono appoggiati dal Commissario di pubblica sicurezza di Abbazia, il quale fa presente che " i suddetti, pur essendo di razza ebraica, non hanno qui mai dato luogo a rilievi sfavorevoli".
Il fascicolo contiene anche una supplica da parte di un parente di un membro della famiglia ad una "Eccellenza" di cui non viene fatto il nome. Nonostante ciò, il 07.10.1941 il Commissario di Abbazia deve munire di foglio di via i profughi ed obbligare i profughi a lasciare la località entro due giorni.
Il 3 febbraio del 1938 l'Ufficio stranieri della Questura di Fiume segnala al Commissario di Pubblica Sicurezza di Abbazia di aver iscritto l'intestataria del fascicolo - giunta in quella località il 4 novembre del 1937 - nel registro della popolazione, ma vuole conoscere i "motivi della sua dimora costà, specificando se per ragioni di lavoro." Pochi giorni dopo l'interpellato risponde che "la straniera in oggetto (…) intende trattenersi per altri sei mesi ad Abbazia."
L'8 marzo del 1939, invece, all'avvicinarsi della scadenza del decreto di espulsione degli ebrei stranieri, la donna presenta un'istanza per poter continuare a risiedere in Italia oltre il termine fissato "con l'art.24 del R.D.L- 17 novembre 1938-XVII n.1728."
Prima che venga presa una decisione in merito, dalla Prefettura del Carnaro arriva al Questore di Fiume "un dettagliato rapporto informativo sulla condotta morale, civile e politica dell'interessato, sulla sua età e situazione di famiglia, nonché sulle sue condizioni economiche, indicando altresì gli estremi (data e modo) dell'eventuale acquisto della cittadinanza italiana". L'8 marzo la donna presenta una istanza nella quale scrive di essere moglie di un "ariano" e quindi non tenuta ad abbandonare il Regno. In un primo momento la tesi della donna che, in effetti, si accompagna al marito, "ariano" sembra essere accettata dalle autorità che si orientano per la cancellazione del suo nome dalla Rubrica degli ebrei stranieri, ma ben presto si scopre che il marito della donna - dal quale, peraltro "ha in corso pratiche di divorzio", è sì ariano, ma "germanico", per cui non si possono applicare al suo caso le norme cui lei si appella. Nel frattempo da Abbazia la donna si è spostata a Trieste e successivamente, a Roma. Un appunto contenuto nel fascicolo ci dice che il 19 agosto del 1940 la donna risulta internata.
Il 24 aprile 1940 un gruppo di quattordici persone entra da Tarvisio per imbarcarsi a Trieste. Ciascuno dei componenti viene seguito e "rintracciato"; il fascicolo non contiene altri documenti. Uno dei profughi risulta internato.
Il 26 marzo del1940 l'Ufficio di Pubblica Sicurezza di Confine segnala alle altre autorità di Pubblica Sicurezza l'ingresso di un ebreo stranieri diretto ad Abbazia "donde proseguirebbe per la Svizzera. Sulla dichiarazione di soggiorno che gli viene "ritirata" il giorno dell'ingresso leggiamo che l'intestatario del fascicolo entra in Italia "allo scopo di cura". L'8 aprile successivo l'Ufficio di Pubblica Sicurezza di confine di Domodossola comunica che l'uomo "è uscito attraverso questo valico ferroviario durante la decorsa settimana".
L'intestario del fascicolo entra in Italia munito di un lasciapassare per diporto e cura nel marzo del 1940. Successivamente viene raggiunto dalla famiglia con la quale riparte il 21.06.1940. Durante il soggiorno viene sorvegliato in quanto sospettato traffico preziosi.
Il 12 agosto del 1941 una riservata urgente inviata all'ufficio di Pubblica sicurezza di Fiume segnala l'ingresso di tre ebrei stranieri i quali "svolgerebbero subdola attività comunista". Vengono eseguite eseguite anche perquisizioni nelle loro abitazioni, ma con esito negativo, Due dei sospettati saranno successivamente internati, ma nel fascicolo non c'è traccia delle procedure.
Il 30 giugno 1941 vengono chieste, da parte dell'autorità di pubblica sicurezza " informazioni in ordine ai precedenti ed alla condotta morale e politica" su un gruppo di ebrei residenti a Susak. Tra di essi, l'intestataria del fascicolo, la quale risiede a Susak dal 1928. In un rapporto stilato dai carabinieri il 10 agosto successivo, si dice che la donna "viene indicata di sentimenti anglofili e sospettata anche da parte dell'ex polizia jugoslava di appartenere al partito comunista e di attività informativa a favore dell'Inghilterra." Il rapporto prosegue, riferendo che la donna "dopo l'occupazione italiana mantiene contegno riservato, tuttavia è ritenuta capace di svolgere azione a noi contraria. Pertanto sarebbe opportuno un provvedimento di internamento nei suoi riguardi." Nonostante ciò, il Commissario di pubblica sicurezza di Susak il 13 agosto certifica che "non sono emersi elementi sfavorevoli a carico dell'ebrea in oggetto" e che non si ritiene che debbano prendere provvedimenti di polizia nei suoi confronti, oltre la continuazione della vigilanza. Nei mesi successivi la donna rende numerose dichiarazioni di soggiorno, l'ultima delle quali risale al 14 novembre del 1942. Nel giugno del 1943 la donna risulta internata, ma nel fascicolo non c'è traccia delle procedure.
L'intestatario del fascicolo arriva a Susak il 25 maggio del 1941. Il 27 luglio viene fermato dagli agenti di pubblica sicurezza e il suo domicilio viene perquisito "per meglio chiarire l'attività da lui svolta". Durante l'interrogatorio cui è sottoposto subito dopo l'arresto dichiara di essere venuto a Susak per lavorare presso una segheria, non potendo più suo padre provvedere al suo sostentamento "essendogli stato interdetto l'esercizio della sua professione di medico perché di razza ebraica". Nei mesi prima dell'arresto non ha trovato nessun lavoro ed è vissuto con i suoi risparmi. Il sabato precedente all'arresto si è recato a Fiume e da lì a Trieste "allo scopo di visitare dette città". Dichiara di aver smarrito il documento di cui era in possesso, cioè un lasciapassare rilasciato dalla Polizia di Zagabria e vistato dalle autorità consolari italiane di quella città.
Arrestato, viene incarcerato a Trieste. Dal carcere rivolge numerose istanze che dal direttore vengono indirizzate alla Questura di Fiume, chiedendo che gli sia consentito di tornare in Croazia per raggiungere i genitori che in quel momento si trovano a Sarajevo. In una di queste scrive: "Vorrei essere interrogato da codesta Questura per sapere il motivo [dell'arresto] perché la mia idea non era di servire una vita politica in Croazia". Il 29 agosto del 1941 il Ministero dell'Interno dispone il suo internamento a Ferramonti, campo al quale deve essere trasferito a cura della Questura di Fiume. Il trasferimento, invece avviene - su richiesta della Questura di Fiume - a cura della Questura di Trieste. Le informazioni necessarie al direttore del campo, per stabilire se debba essergli assegnato il sussidio, vengono chieste alla Questura di Trieste ed a quella di Fiume.Da una istanza inviata dall'uomo al Ministero dell'Interno, apprendiamo che nell'aprile del 1942 i genitori dovrebbero essere a Spalato ed è in quella città che egli chiede di essere trasferito. La sua richiesta non viene accolta.
L'intestatario del fascicolo arriva da Spalato a Novi in Croazia il 27 agosto del 1942, insieme ad altri 34 profughi. Il 2 settembre il comandante della II compagnia del XXIII Battaglione Carabinieri Reali mobilitato emana un ordine di ricerche e fermo indirizzato alle questure di Fiume e di Lubiana, nonché ad altre autorità militari, in quanto egli il giorno precedente si è "allontanato clandestinamente, presumibilmente con il piroscafo di linea Pago -Fiume". Il fuggitivo, invece, era stato fermato lo stesso giorno della fuga dalla polizia marittima di Fiume. Il verbale dell'interrogatorio, svoltosi il 3 settembre presso l'Ufficio di pubblica sicurezza di Fiume, conferma la sua provenienza dalla Croazia. Nella stessa occasione egli dichiara di "essere fuggito dal paese di origine per sottrarsi ai rigori dei provvedimenti antisemiti adottati in quello Stato". Dopo l'interrogatorio, l'Abinum sembrerebbe essere stato tradotto in carcere a Capodistria, ma per lui è già stato disposto l'internamento in Italia "non potendo - come scrive l'estensore di una nota senza intestazione che però, stando ad alcuni collegamenti linguistici sembrerebbe essere della Prefettura di Fiume - fare ritorno in Croazia dove correrebbe sicuro pericolo di vita".
Nel gennaio del 1942 l'intestatario del fascicolo fa richiesta di autorizzazione per soggiorno per sé e per la sua famiglia. Ad aprile lo ritroviamo ricoverato a Susak mentre la famiglia risulta risiedere (non si dice se come internata) a Cirquenizza (Crikvenica) A maggio la Prefettura di Fiume decide che "trattandosi di persona immune da precedenti, che dispone di mezzi sufficienti per vivere a proprie spese, nulla osta che venga avviato in una località interna, priva di interesse militare." A giugno, però, l'uomo fugge dall'ospedale in cui era ricoveratoforse per raggiungere la famiglia. Dopo due mesi, evidentemente rintracciato, viene avviato verso l'internamento. A febbraio del 1943 è agli atti una sua richiesta affinchè la famiglia, ancora a Cirquenizza, possa raggiungerlo.
L'ingresso dell'intestatario del fascicolo e della sua famiglia avviene a Krasica, in Istria, nel luglio del 1941. A maggio del 1942 arriva la proprosta di internamento da parte del Prefetto di Fiume con questa motivazione "data la particolare delicatezza di questa zona, non si ritiene opportuno consentire il loro ulteriore soggiorno in questa provincia" Internamento avvenuto.
12.10.1941 Nella relazione del Prefetto di Fiume scritta dopo il fermo di polizia, troviamo la ricostruzione delle vicende di un gruppo di profughi composto da marito, moglie, figlia, nipote. "Per sfuggire alle note persecuzioni antisemite di Croazia, si è portato in Italia insieme alla moglie ed alla figlia attraversando la frontiera in quanto non controllato dalla nuova frontiera italo-croata [sic], proseguendo, poi, per Susak, dove presero dimora. Notificatosi a quel comune, provvidero, secondo la loro dichiarazione, a inoltrare istanza a codesto ministero per invocare asilo nel Regno. Senonchè, avuto sentore che si procedeva al rimpatrio degli ebrei profughi, da Susak si trasferirono a bordo di barca a Valsantamarina, dove trovarono ospitalità presso un amico (..) Ha chiesto di essere internato con i familiari in un comune dell'interno del Regno, finchè la situazione in Croazia non si sia normalizzata. (…) I due uomini sono stati fermati ed associati alle locali carceri giudiziarie, donde, poi, sono stati trasferiti per sfollamento a quelle di Pola. La moglie e la figlia sono, invece, state lasciate a Valsantamarina. Tutti i predetti non hanno precedenti in questi atti. Tenuto conto di quanto precede e in considerazione che sono in possesso di sufficienti mezzi di vita, nulla osta all'accoglimento della loro richiesta di essere internati in un comune dell'interno del Regno che codesto ministero vorrà fissare e si resta in attesa di superiori determinazioni."
Il ministero dà parere favorevole e l'internamento avviene il 21.11.1941.
15 agosto 1941 - Un gruppo composto da dieci profughi persone tenta di entrare attraverso la frontiera di Buccari, ma viene respinto. Due dei componenti, marito e moglie, nel marzo del 42 sono a Susak, ma se ne allontanano. Rintracciati a Trieste, vengono avviati nell'interno del Regno per internamento. Un'altra delle famiglie componenti il gruppo, entra in Italia, viene internata e, nel 1944 deportata. Un'altra risulta presente a Bari nel 1944.
Settembre 1941 - Una famiglia entrata attraverso Buccari con lasciapassare. Dai verbali stilati al momento del fermo risultano"riparati per sfuggire ai pericoli cui li esponeva la nota situazione di Croazia, essendo essi di razza ebraica" (…) Il Prefetto di Fiume propone al Ministero dell'interno che tutti i componenti vengano internati, perché "trattandosi di stranieri di cui si ignorano, peraltro, i trascorsi politici e data la particolare delicatezza di questa zona, non si ritiene opportuno il loro soggiorno colà ([Buccari]." L'internamento avviene il 25 marzo 1942.
Il 28 aprile 1941 un gruppo di profughi viene fermato a Cirquenizza, su segnalazione del "Centro degli ustascia di Segna". Per ordine del ministero, di cui è stato chiesto il parere, tutti i componenti vanno trattenuti e i loro beni debbono essere requisiti. Qualche giorno dopo il comando del V Corpo d'armata riceve una comunicazione da parte del Commissario [croato] di Cirquenizza il quale scrive: "Sembra che gli individui fermati siano ebrei". L'informazione viene trasmessa al Prefetto di Fiume che, a sua volta, la passa al Questore ed al comando dei reali carabinieri della II armata.
Il componente del gruppo cui è intestato il fascicolo in una istanza scrive che "il 14 maggio successivo, a seguito di intervento del comando dei RR.CC. venne fatto proseguire per Fiume [con tutto il gruppo] e dalla Questura alloggiato in un albergo di Abbazia".
Dopo qualche tempo al gruppo, insieme ad altri profughi sui quali non vengono fornite notizie in questo fascicolo relativamente al soggiorno a Fiume, ma i cui nomi sono presenti nei documenti, viene comunicato l'ordine di internamento che viene eseguito il 6 ottobre successivo. I beni sequestrati - che sembrano costituire il principale interesse delle autorità e i cui elenchi riempiono molti dei documenti contenuti nel fascicolo - vengono riconsegnati ai legittimi proprietari.
L'ingresso avviene il 16 ottobre del 1938. L'intestatario del fascicolo presenta immediatamente una richiesta di proroga del soggiorno perché "in attesa turno imbarco per gli USA". Nonostante il parere contrario della Prefettura, il soggiorno continua e, addirittura, nell'aprile del 1939 riceve regolarmente "n. 6 colli kg.163 effetti d'uso" che gli vengono spediti da Vienna. Il 26 giugno del 1939 viene munito di foglio di via con l'ordine di presentarsi alla frontiera di Tarvisio per essere allontanato dal Regno perché sospettato di essere dedito "al contrabbado di valuta tra l'Italia e la Germania. Nonostante ciòfino al dicembre del 1940 è ancora libero Inoltre egli si sposta tra Fiume, Trieste, Roma, facendo, però, sempre capo ad Abbazia. Risulta essere stato successivamente internato, ma nel fascicolo non c'è traccia del provvedimento.
La proposta di internamento da parte del Questore di Fiume avviene il 29.07.1941, due giorni soli dopo l'ingresso dell'intestatario del fascicolo, perché si tratta di persona (con famiglia) fuggita "allo scopo di evitare l'arresto da parte degli ustascia da cui era ricercato". La proposta viene accettata dalle autorità superiori.
Il 13 giugno del 1940 il Prefetto di Fiume invia al Ministero dell'interno ed alla Direzione generale per la demografia e la razza una comunicazione relativa ad una profuga ebrea che era entrata in Italia nell'aprile del 1939 e che aveva in corso un'istanza di proroga del soggiorno in quanto era stata rinviata la partenza per la Palestina, motivo per il quale era venuta in Italia.
"La stessa - scrive il Prefetto - finora non ha dato luogo a specifici rilievi. Tuttavia, trattandosi di ebrea di cui non si conoscono i precedenti in linea politica e potendo la medesima rappresentare un pericolo alla sicurezza nazionale nel presente stato di guerra, ed in questa delicata zona di frontiera, se ne propone l'allontanamento in un comune interno" Il neretto nell'espressione è giustificato dalla data della comunicazione, precedente a quella in cui viene emanata la circolare che prescrive l'internamento degli ebrei stranieri presenti in Italia, che sarà diramata il 15 giugno del 1940. L'internamento sarà comunque reso effettivo dal Ministero dell'interno il 6 luglio successivo.
Indirizzata il 25 febbraio del 1943 all'Alto Commissario di Lubiana da un internato in Italia la richiesta di trasferimento di una cugina "in atto internata nel campo di concentramento di Porto Re in seguito a provvedimento di carattere generale, siccome appartenente alla razza ebraica e perché profugo dall'ex Jugoslavia". L'Alto Commissario esprime parere favorevole, ma il Ministero dell'interno respinge la ricchiesta.
Il 3 agosto del 1943 l'ufficio di Roma della Delasem scrive alla Regia Questura di Fiume , poiché l'intestatario del fascicolo "avrebbe consegnato il suo passaporto (…) a codesta Regia Questura allo scopo di ottenere un lasciapassare di ingresso nel Regno." Il documento è necessario alla Delegazione per poter mettere in atto l'emigrazione dell'interessato. Interessante il fatto che lo scrivente avverta la necessità di aggiungere un richiamo alla funzione della sstessa Delegazione.
"Per vostra notizia - continua infatti viene aggiunto - Vi informiamo che il nostro Ente oltre che all'assistenza morale e materiale dei profughi, ha per scopo principale di favorire, in base alle vigenti leggi, e per mandato dell'On. Ministero dell'interno, le pratiche di emigrazione dei profughi stessi. Per poter espletare tali pratiche la condizione prima è di avere i documenti personali dei singoli interessati."
Anche l'Opera di San Raffaele era stata interessata al caso ed aveva rivolto la medesima richiesta alla Questura di Fiume nel mese di febbraio dello stesso anno.
Ambedue le organizzazioni, però, ricevono la stessa risposta: la persona che intende emigrare "non ha precedenti negli atti di questo ufficio e non risulta aver mai alloggiato in questa provincia".
Il 6 novembre del 1942 il Commissario di Pubblica Sicurezza di Abbazia trasmette alla Questura di Fiume l'istanza di una coppia di coniugi che si trovano a Cirquenizza. Nell'istanza i due chiedono di poter entrare nel Regno per recarsi ad Abbazia da un parente molto malato e prossimo alla morte. Ricordano, inoltre, di aver effettuato numerosi viaggi in Italia negli anni precedenti, senza aver mai dato luogo a rilievi.
L'istanza viene accettata, ai due si concede di entrare e di rimanere ad Abbazia per un massimo di quindici giorni.
Il 25 agosto del 1943 li ritroviamo ad Arbe, da dove chiedono di poter raggiungere un parente internato ad Aprica. Fanno riferimento ai loro problemi di salute, certificati dal medico del campo. L'istanza è rivolta al comando della II Armata - Ufficio Affari Civili che la trasmette alla Questura di Fiume la quale rifiuta di accoglierla.
Nel gennaio del 1943 una coppia di coniugi chiede di potersi recare da Spalato a Fiume "dovendo subire dibattimento presso il tribunale di quella città". Il permesso viene negato dal capitano dei carabinieri , in quanto non risulta che i richiedenti debbano subire dibattimento in tribunale del quale parlano.
Il 29 gennaio del 1943 il Ministero degli affari esteri chiede alla Prefettura di Fiume di esaminare la possibilità di accogliere l'istanza di una internata nel campo di Kraljevica la quale "a quanto sembra dovrebbe essere trasferita in un campo di concentramento dell'Italia centrale" e che, in seguito a ciò vorrebbe essere inviata a Padova per proseguire i suoi studi di medicina.
In risposta, il Prefetto fa notare che Kraljevica si trova in territorio croato e pertanto "questo ufficio non è in grado di esprimere alcun parere circa l'accoglimento dell'istanza presentata dall'interessata".
Una risposta più articolata perviene al Ministero degli affari esteri - che a sua volta la gira al Ministero dell'interno ugualmente coinvolto nella vicenda ed allo stesso Prefetto di Fiume - da parte del Comando Superiore delle FF.AA. di Slovenia e Croazia. E' vero che l'interessata è internata a Kraljevica, ma non è sola: con lei si trova il futuro suocero, con il quale ella "desiderava condividere la propria sorte" .
Inoltre non è esatto che la donna sia in attesa di trasferimento in Italia ed infine, il Comando stesso non può assolutamente autorizzare l'ingresso di stranieri in Italia. A nulla vale, quindi, che la richiesta dell'internata sia appoggiata anche dal Console di Svezia in Zagabria. Ad essere trasferito in Italia, invece, è proprio il suo futuro suocero, che, però, non vuole partire da solo.Il 19 giugno del 1943 la vicenda sembra concludersi positivamente e viene disposta la liberazione dei due dal campo di concentramento di Porto Re (Kraljevica) e l'avvio in Italia, dove, però, è solo l'uomo a risultare internato.
Tra il maggio e l'agosto del 1939 arriva ad Abbazia di una coppia (prima il marito, successivamente la moglie) in attesa del visto consolare per recarsi in Inghilterra. Ai due viene consentito di prorogare il soggiorno per diversi mesi, durante i quali vengono tenuti sotto costante sorveglianza da parte delle autorità di pubblica sicurezza che ne segnala tutti gli spostamenti.
Il 3 luglio del 1940, non essendo i due ancora partiti, il Prefetto di Fiume ne propone l'internamento "potendo il medesimo rappresentare un pericolo alla sicurezza nazionale nel presente stato di guerra ed in questa delicata zona di frontiera".
Nei giorni immediatamente successivi l'uomo si trova detenuto nelle "carceri succursali di Torretta", stando a quello che si legge nell'ordine di "traduzione straordinaria al campo di Ferramonti" . Durante l'internamento egli, tuttavia, può proseguire le pratiche già messe in atto per l'emigrazione, pratiche che vengono seguite dal Comitato Italiano di assistenza agli emigranti di Trieste. Il 17 dicembre del 1940 i due internati riescono a prendere l'aereo per Lisbona.
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