a cura di Anna Pizzuti
I dati | Indice | Le Displaced Persons Ebree |
L' Amministrazione delle Nazioni Unite per il soccorso e la riabilitazione (in sigla UNRRA), come ricorda Silvia Salvatici, era stata presentata al momento della sua fondazione, nel novembre del 1943 come il "braccio umanitario" dell'esercito alleato impegnato a combattere in Europa.
Nel suo discorso inaugurale Franklin Delano Roosevelt aveva parlato anche dell'Italia le cui città e i villaggi offrivano la drammatica testimonianza della furia distruttrice della guerra. 1
Fu proprio nella parte meridionale della penisola, la prima dell'Europa ad essere liberata, che l'Amministrazione - sbarcata in Italia nel luglio del 1944 - si misurò con la presenza di migliaia di Displaced persons, un problema che non era considerato nel suo mandato, ma sul quale non poteva evitare di intervenire.
Per l'accoglienza ed il mantenimento delle displaced persons l'UNRRA seguì il modello dei campi approntati dalla Displaced Persons sub-commission creata l'anno precedente dagli Alleati, dividendoli in Camp transit - come quello di Palese, nei dintorni di Bari o di Cinecittà a Roma - per le persone che si pensava potessero essere pronte a tornare nel loro luogo di residenza, e in campi di accoglienza per coloro i quali le procedure del rimpatrio si prospettavano più difficoltose o, addirittura, impossibili.
Fu soprattutto in relazione a queste ultime situazioni che nel settembre del 1945 si ritenne necessario dotarsi di una apposita sezione che si facesse carico, prima ancora che della gestione dei campi o delle altre modalità di assistenza che - come si avvertì fin dall'inizio, sarebbe potuta durare anche molto a lungo - di individuare con precisi criteri quali fossero le Displaced persons cui questa assistenza doveva essere rivolta.
Fu così organizzata nei primi mesi del 1945 , all'interno del Bureau of Relief Service, l'apposita Displaced Person Division, coadiuvata - ciascuna con le proprie articolazioni - dalle altre divisioni, come la Welfare division che si occupava specificamente dei bisogni quotidiani degli assistiti e la Healt division, cioè la divisione medico-sanitaria2 .
Tuttavia l'impressione che si ricava dalla corrispondenza intercorsa durante i primi mesi del 19453 tra la sede centrale di Washington, il capo della missione italiana dell'UNRRA - Spurgeon Milton Keeny - e i responsabili delle varie divisioni, man mano che queste si stavano organizzando, è che l'Amministrazione non intendesse o in realtà non fosse in condizioni di affrontare adeguatamente i problemi posti da gran parte dei suoi assistiti.
Di fatto il collegamento che l'UNRRA, per molte delle sue attività, manteneva con le strutture militari alleate faceva sì che essa continuasse ad intendere la presenza delle DPs un problema temporaneo, da risolvere esclusivamente rimpatriando milioni di persone nella nazione di provenienza o nell'abituale luogo di residenza, a volte anche senza tener conto degli sconvolgimenti che la fine della guerra aveva portato nell'assetto geo-politico di tante nazioni e, per quello che riguarda la presente ricerca, principalmente in Europa.
Questa operazione portata a buon fine nella maggioranza dei casi per le DPs delle quali era facile identificare la nazionalità e che, soprattutto, desideravano tornare al più presto nella propria patria, si scontrò così con le intenzioni di un numero significativo di persone che il rimpatrio lo rifiutavano e per le quali l'unica possibilità di iniziare una nuova vita era quella di abbandonare l'Europa e di trovare il loro ricollocamento in qualsiasi altra nazione al di fuori di essa.
Il problema si poneva principalmente per le DPs ebree, la cui presenza in Italia diventava di giorno in giorno più consistente.
Per comprendere come l'azione generale della Displaced persons Division rispetto ai rimpatri, non potesse in alcun modo corrispondere a questa complessa situazione, basta leggere una comunicazione datata 16 gennaio 1946 nella quale si trovano elencate tutte le procedure seguite dall'UNRRA per preparare e poi eseguire i rimpatri.
Queste prevedevano due fasi: quella preparatoria, che si svolgeva nei campi e negli altri luoghi di accoglienza e quella esecutiva, consistente nel vero e proprio viaggio.
La prima consisteva nell'eliminazione [ma non si dice come] degli elementi indesiderati pur presenti nei campi i quali avevano lo scopo di diffondere la propaganda anti-rimpatrio; nella formazione in servizio di tutto il personale dei campi, perché svolgesse opera di convincimento sulla necessità del rimpatrio e, infine, nella diffusione di notizie e informazioni sulle nazioni dalle quali le DPs provenivano, attraverso la diffusione di materiali di vario tipo e visite di rappresentanti istituzionali dei vari governi.
La seconda, quella operativa, consisteva nel prestare aiuto per l'ottenimento di passaporti, certificati di identità, visti e tutti gli altri documenti necessari al viaggio e al rimpatrio, nell'organizzare i trasferimenti con qualsiasi mezzo di trasporto (stradali, navali e ferroviari) dei DPs verso i rispettivi paesi di origine, e nell'assicurare la necessaria assistenza medica. durante tutti i suddetti spostamenti, in modo da garantire la sicurezza e il benessere di ciascun rimpatriato.
Moduli prestampati guidavano nello svolgimento e nel controllo di tutti gli adempimenti burocratici ed organizzativi da predisporre prima della partenza, come il possesso di tutte le autorizzazioni e documenti di viaggio richiesti dalla nazione verso cui si era diretti e di quelle che si sarebbero attraversate, le dotazioni delle scorte di ogni tipo da utilizzare durante il viaggio, il personale di accompagnamento, compreso anche quello sanitario, oltre, naturalmente, l'adeguatezza del mezzo di trasporto usato. 4
Nonostante ciò, durante il viaggio non mancavano incidenti diplomatici - come quello accaduto alla frontiera tra l'Austria e la Germania dove i treni che trasportavano cittadini polacchi da rimpatriare, subirono un arresto a causa di beni non ammessi al trasporto rinvenuti tra i bagagli - o lungaggini burocratiche come quando i treni dovevano essere richiesti al Ministero dei Trasporti italiano5
Un'ulteriore funzione svolta dalla missione dell'UNRRA in Italia, derivante proprio dalla posizione geografica della penisola, fu quella di accogliere DPs provenienti dalla Cina, dall'India, dal Medio Oriente e dall'Africa e di avviarle verso le varie nazioni europee in cui risiedevano prima della guerra. Uno sforzo enorme che richiedeva una grande organizzazione logistica da parte delle forze di occupazione in Europa e degli stessi governi europei, ma che troppo spesso si bloccava a causa dell'indisponibilità di mezzi adeguati.
Tra i documenti prodotti all'interno della Displaced persons division, rivestono particolare interesse le relazioni che i vari funzionari approntavano ogni mese, raccogliendo - tramite la sezione statistiche - oltre ai dati relativi alle presenze, agli arrivi, alle partenze provenienti dai campi o dagli altri luoghi di accoglienza, numerose altre informazioni sulle varie attività dell'UNRRA.
Quella predisposta dalla sezione Registrazione e Rimpatrio relativa al mese di luglio del 1946 riportando i dati emersi dall'indagine su 19.231 REOC6 riguardante la loro intenzione di rimpatriare o quella di emigrare inizia a far emergere il problema che la Displaced person division dell'UNRRA dovrà affrontare fino alla fine del proprio mandato.
In essa si legge che sono solo 755 le persone disponibili a tornare nei paesi di origine o nel luogo di precedente residenza. I restanti 18.476 non desiderando il rimpatrio. 12.200 di essi hanno espresso il desiderio di andare (questa è l'espressione usata) in Palestina.
Contrariamente a quanto desiderato, sono 2272 le persone che, in base ai criteri di ammissione all'assistenza stabiliti dall'UNRRA, sono state dichiarate idonee al rimpatrio, ma su di esse deve essere fatto un grande lavoro preparatorio.
Sono infatti solo 929 quelle effettivamente partite tra il 30 luglio e il 30 agosto, ma nel frattempo, sono state effettuate 2064 nuove ammissioni, in qualche modo "bilanciate" da 1173 allontanamenti dai campi o dagli altri luoghi di assistenza.
E' dalle relazioni, inoltre, che si apprendono le difficoltà che si incontrano nelle operazioni di rimpatrio, ma soprattutto nei tentativi di ricollocamento che pure venivano portati avanti.
In un breve paragrafo contenuto in quella che si sta esaminando, intitolato Repatriation bullettin, si legge che nell'ultimo periodo erano state introdotte diverse variazioni alle procedure per i rimpatri e che le informazioni più aggiornate fornite dai vari Consoli sarebbero state al più presto pubblicate.
Nel frattempo i rapporti già intercorsi con gli stessi Consolati per le pratiche necessarie al ricollocamento non avevano dato i risultati sperati: nel mese oggetto della relazione, erano stati solo 44 i casi risolti.
Va detto, infatti, che l'Unrra considerava il ricollocamento alla stregua dell'emigrazione, limitandosi a svolgere la funzione di intermediario con le ambasciate presenti in Italia e i Consolati per singole richieste di ricollocamento che, oltre ad essere sottoposte al regime delle quote, richiedeva una serie di documenti spesso anche difficili da ottenere.
I casi trattati, dei quali esiste documentazione, riguardano soprattutto DPs ebree e l'azione della Divisione ricorda molto la funzione che svolgeva la DELASEM tra il 1939 e il 1943 nei confronti degli ebrei stranieri allora presenti in Italia. 7
La relazione riguardante il mese di novembre del 1946 segnala un ulteriore incremento negli arrivi.
Scrive, infatti, il suo estensore:
A seguito di continue infiltrazioni da parte di DPs provenienti dall'Austria8 , la popolazione dei campi ha ora raggiunto il numero di 12.500, numero massimo nel quarto trimestre del 1946. Continuano gli sforzi per mettere a disposizione spazio sufficiente nei campi per effettuare il trasferimento della popolazione del campo di Lecce a lungo differito, per provvedere ai nuovi arrivati durante il mese (quasi 100 al giorno)
Seguono i dati relativi all'aumento della popolazione nei campi di Rivoli, Grugliasco e Palese investiti dal flusso dei nuovi arrivati.
Pochi, invece, i rimpatri effettuati durante il mese oggetto della relazione: 107, distribuiti in vari stati europei, soprattutto in Jugoslavia. 9
Un passaggio interessante della relazione, infine, è quello in cui si fa riferimento alle 96 DPs , in maggioranza polacche, partite da Napoli e da Genova verso il Brasile, con il primo di altri trasferimenti, che avrebbero interessato altre 550 DPs. Tutti organizzati, però, dall'AJDC, dei cui interventi in queste vicende si parlerà anche nelle pagine successive.
Con il passare dei mesi le relazioni diventano più sintetiche, quasi schematiche. Nonostante ciò, non mancano di interesse, come ad esempio quella datata 31 marzo 1947 inviata al Vice capo delle operazioni Displaced Persons in Italia dal direttore della Divisione Rimpatrio, alla cui denominazione, nel frattempo era stato aggiunto anche il termine Reinsediamento.
In essa si legge che la divisione, durante il periodo preso in considerazione, ha contribuito al rimpatrio di 899 DPs. Il numero include 190 polacchi provenienti dal Medio Oriente che sono transitati in Italia. Escludendo questo gruppo in transito, il numero di rimpatriati dall'Italia è di 509 di cui 221 polacchi, 229 jugoslavi e 24 ungheresi. Durante lo stesso mese sono state aiutate nella loro emigrazione 32 persone.
Oltre a ciò viene previsto che i rimpatri di 175 austriaci e di 237 polacchi provenienti dal medio oriente e di 220 polacchi già presenti in Italia, saranno completati nel corso del mese di aprile .
Proseguono, nel frattempo, i nuovi arrivi non autorizzati: 1496 rifugiati si sono infiltrati nei campi nell'Italia del Nord, e, dopo lo screening, 1369 di questi sono stati dichiarati idonei all'assistenza UNRRA.
La novità evidenziata nell'intestazione della relazione è ripresa verso la fine del documento: durante il mese di marzo - vi si legge - sono stati stabiliti contatti con la legazione svedese riguardo alle possibilità di reinsediamento. Sono stati presi contatti anche con l'Ambasciata USA a Napoli per ottenere da loro le informazioni più aggiornate sempre sui piani di reinsediamento.
La relazione o, meglio, il "narrative report" che riguarda il mese di giugno del 1947 è l'ultimo rapporto stilato prima che all'UNRRA fosse revocato il mandato di occuparsi delle DPs.
La particolarità del momento è evidenziata nel paragrafo iniziale, nel quale si legge che:
L'insediamento dell'IRO in Italia ha preso il primo posto nel nostro lavoro, e la questione principale delle razioni, dei rifornimenti, in particolare per quanto riguarda la benzina, occupa praticamente tutta l'attenzione del Capo missione, che porta avanti trattative costanti con le autorità italiane.
Viene comunque segnalato il numero dei rimpatri: durante il mese sono partite per il rimpatrio 692 DPs,tra cui 544 erano in possesso della cittadinanza polacca. Più consistenti i movimenti in preparazione che riguardano 1291 polacchi, 30 ungheresi, 128 cinesi e 60 russi. La meta prevista per questi ultimi, però, è l'Austria.
Il paragrafo intitolato Rimpatrio ed emigrazione, ad ogni modo, informa dell'avvenuta registrazione presso il consolato venezuelano di 266 DPs che intendono stabilirsi in quel paese, a testimonianza del fatto che le modalità di azione dell'UNRRA su questo aspetto non erano cambiate nel corso dei mesi.
E' infine significativo il fatto che la relazione segnali una sorta di collaborazione creatasi tra l'UNRRA e la nascente Commissione preparatoria dell'IRO: durante un viaggio di rimpatrio verso la Polonia, a causa del ritardo di uno dei treni, la Commissione, in accordo con il governo italiano, aveva fornito uno dei treni delle ferrovie italiane già messi a sua disposizione. 10
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