a cura di Anna Pizzuti
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L'analisi dei fascicoli personali degli ebrei provenienti dalla Romania ha portato molto spesso alla luce la mancata coincidenza tra le dichiarazioni annotate sui vari documenti della maggioranza degli intestatari - evidentemente sopravvissuti e, in quanto tali, testimoni diretti - e le modalità con le quali era stata condotta la persecuzione degli ebrei rumeni.
Di fronte a questa constatazione, si ritiene che la scelta più corretta dal punto di vista metodologico sia quella di mettere a disposizione di chi legge informazioni sui due livelli - quello finora ricostruito dagli storici e quello che emerge dalle testimonianze - lasciando il discorso aperto ad ulteriori controlli e verifiche. 1
La storia
Il patto di non aggressione tra il III Reich e l'Unione Sovietica stipulato il 23 agosto 1939 e noto con il nome di patto Ribbentrop -Molotov ebbe drammatiche conseguenze per la Romania. Da una parte l'URSS acquisì il diritto di impadronirsi di due importanti regioni rumene - la Bessarabia e la Bucovina - senza che la Germania nazista si opponesse, dall'altra, si assistette, nel resto del territorio rumeno, a una forte penetrazione sia economica che militare da parte tedesca. La Germania, inoltre, impose alla Romania di restituire all'Ungheria la Transilvania settentrionale che le era stata tolta con i trattati successivi alla prima guerra mondiale e alla Bulgaria la Dobrugia meridionale.
Il re Carol II, considerato dai rumeni responsabile dello smembramento del paese, cercò di rinforzare la propria posizione avvicinandosi sempre di più alla Germania.
La prima conseguenza di questo avvicinamento fu l'imposizione, da parte del re, di una svolta di tipo autoritario al governo che, dall'estate del 1940 fu guidato da un rappresentante della Guardia di Ferro, il partito filonazista rumeno.
L'alleanza con la Germania fu formalizzata un anno dopo, quando, costretto il re all'esilio, la Guardia di Ferro salì al potere, con Ion Antonescu e la Romania entrò a far parte dell'Asse, partecipando con il suo esercito all'invasione dell'Unione Sovietica.
Questa svolta politica ebbe delle conseguenze drammatiche sulla numerosa popolazione ebraica presente nella nazione, già colpita da pesanti limitazioni economiche e sociali: nel giugno del 1941 quando le truppe sovietiche iniziarono a ritirarsi dai territori che avevano occupato, gli ebrei furono accusati di aver collaborato con il nemico invasore e contro di essi si scatenarono veri e propri progrom, il più violento dei quali colpì la città di Jasi (o, in tedesco, Jassy). 2
Nel settembre del 1941, terminata questa prima fase, durante la quale, secondo gli storici rumeni, furono uccisi 100.000 ebrei, iniziò il vero e proprio sterminio sistematico della popolazione ebraica.
Gli ebrei che vivevano nella Bessarabia e dalla Buconica, ma anche in diverse zone con esse confinanti, furono costretti a trasferirsi a piedi o ammassati in camion o vagoni ferroviari dai quali pochi uscivano vivi, in Transistria, la regione compresa tra i fiumi Bug e Dnjestr, posta sotto amministrazione rumena, ma nella quale stanziavano anche importanti unità delle SS. Qui furono distribuiti nei villaggi che la punteggiavano, tenuti in condizioni disumane sotto ogni punto di vista, sottoposti a pesantissimi lavori forzati e, infine, alle angherie dei loro aguzzini rumeni e tedeschi.
Queste deportazioni di ebrei, del tutto particolari, perchè interne alla nazione in cui essi vivevano, durarono fino all'ottobre del 1942 in coincidenza con la disfatta tedesca a Stalingrado.
Fu a quel punto che Antonescu iniziò a cambiare atteggiamento nei confronti dei tedeschi avvicinandosi agli Alleati dei quali presagiva la vittoria. Questo cambiamento modificò anche il trattamento riservato agli ebrei.
Fu interrotta la deportazione interna e quella nei lager nazisti, sulla quale i tedeschi continuavano ad insistere3 , non fu mai iniziata. Per essi fu autorizzato il ritorno dalla Transistria e, contemporaneamente, consentita l'emigrazione volontaria di almeno 75.000 di loro verso la Palestina.
Il progetto di Antonescu - che, comunque, prevedeva che si potesse emigrare solo dopo aver versato allo Stato una somma di 200.000 Lei - si scontrò ben presto non solo con la difficoltà di trovare mezzi di trasporto, in particolare navi, che potessero trasportare gli emigranti, ma, soprattutto, con le rigorose restrizioni d'ingresso in vigore in tutti gli stati europei e in Palestina.
Fu lo stesso governo, quindi, a demandare alle organizzazioni ebraiche l'organizzazione dell'emigrazione.
La Romania si arrese all'URSS il 14 agosto 1944.
I documenti
I fascicoli personali intestati a DPs ebree provenienti dalla Romania conservati negli Arolsen Archives on line sono 785. A questo numero va aggiunto quello dei loro conviventi - 482 - per un totale di 1267. L'andamento degli ingressi vede una decisa progressione nel corso degli anni, dalle poche decine che si registrano nel 1945 al picco che si verifica tra la fine del 1946 e tutto il 1947, a conferma di quanto veniva scritto nelle relazioni dell'UNRRA a proposito degli infiltrees, dei quali questi fascicoli possono rappresentare un significativo campione.
C'è da dire subito, però, che la maggioranza assoluta di essi contiene esclusivamente moduli compilati al momento della richiesta di ammissione rivolti, in base alla data di ingresso, all'UNRRA o alla Commissione preparatoria dell'IRO. Mancano, quasi del tutto, i Questionnaires, o altri documenti che consentano di verificare l'atteggiamento dell'IRO nei confronti di queste persone e da cosa sia dipeso il fatto che dei 785 intestatari, ben 635 risultino missing o A.W.O.L.
Ad attirare l'attenzione, tuttavia, è l'elenco dei luoghi in cui si era vissuti nei dieci anni precedenti che è presente sui moduli usati dalla Commissione preparatoria e, successivamente dall'IRO. 4
Su di essi, infatti, accanto a percorsi - non molto frequenti - che appaiono compatibili con gli avvenimenti rumeni e le vicende che potevano aver colpito i dichiaranti, ne troviamo altri - la maggioranza - che sembrano discostarsene quasi del tutto.
Come esempio per la prima tipologia, valgano le dichiarazioni di Sigmund Solomon che dalla Transistria, dove si è trovato costretto ai lavori forzati fino al 1943, raggiunge Budapest, per poi passare in Austria e, da qui, a Bologna, dove arriva nel 1945.
Come esempio della seconda valgano quelli di Mosek Melik il quale dichiara di essere stato dal 1940 fino al 1943 in un campo di lavoro in Transitria, per poi essere trasferito nel campo di Linz in Austria, dove è rimasto fino al 1945 e quello di Abram Weingarten che dichiara di aver avuto un percorso simile.
Su queste due ultime dichiarazioni non viene espresso alcun dubbio, cosa che, invece, accade per quelle di
Victor Albu, che da Galati, città moldava, viene trasferito dal 1942 in un campo nei pressi di Gorlitz, città situata oggi sul confine tra la Germania e la Polonia, dalla quale, nel 1945 riesce a raggiungere Firenze.
Nel 1946 gli ingressi degli ebrei Rumeni crescono di numero, ma il materiale documentario non aiuta molto, ancora, a stabilire la natura delle discrepanze emerse tra i percorsi dichiarati dai rifugiati - quelli cioè che includono periodi di deportazione nei lager austriaci e tedeschi - e il cambiamento di fronte messo in atto da Antonescu a partire dalla fine del 1942 che impedì ai tedeschi di effettuare deportazioni in questi lager.
In molti dei 112 fascicoli aperti in quell'anno, infatti, si rinvengono solo i moduli che venivano usati dalla Displaced persons division dell'UNRRA, i quali nulla dicono - perché proprio non richiesto - del percorso precedente degli intestatari.
Solo in alcuni si recuperano informazioni da una parte di non facile interpretazione, dall'altra, al contrario, interessanti ai fini della vera e propria esplorazione che si sta conducendo tra i documenti.
Va tuttavia di nuovo sottolineata l'attenzione che deve essere rivolta al luogo in cui gli intestatari dei fascicoli si trovavano: se si trattava delle zone di Arad, di Sighet, di Cluj bisogna tener presente che esse erano occupate dall'Ungheria, dalla quale, al contrario di quanto avvenne in Romania, partirono i treni diretti ad Auschwitz o in altri campi e ad esservi trasferiti furono, per primi, proprio gli ebrei che vivevano nelle zone di nuova annessione, quindi anche i rumeni. 5
Accade, invece, che in alcuni fascicoli - come in quello di Dorel Zussmann - intestati agli ebrei rimasti in territori propriamente rumeni per quanto messi sotto tutela dai tedeschi, il percorso antecedente all'arrivo in Italia comprenda la deportazione da Bucarest a Mauthausen nel 1943.
In altri - come emerge da quelli di Hersz Abram o di Sami Lazar che si trovavano in Transistria rispettivamente a Balta e a Moghilev, due dei più tremendi campi di lavoro - si trova inserita nel percorso la deportazione verso Mauthausen avvenuta nel 1944. 6
Interessante, infine, il fascicolo di Israel Reicher, il quale dichiara che tra il 1941 e il 1945 fu deportato da Moghilev a Buchenwald.
Molto più rispondenti agli avvenimenti ricostruiti dagli storici e, in particolare, alla possibilità di emigrare - per quanto aleatoria - che Antonescu concesse agli ebrei dopo essere passato nel campo alleato, sono i percorsi dichiarati da Chaim Reisler o da Rachel Frenkel.
L'aumento degli ingressi degli ebrei rumeni in Italia nel 1947 trova riscontro nel numero - 411 - dei fascicoli personali conservati negli Arolsen Archives, ma, come per i precedenti, le informazioni sulle vicende vissute dagli intestatari prima dell'ingresso in Italia, rimangono, in generale, sintetiche, quando non mancano del tutto.
Prevalgono, infatti, i fascicoli che contengono esclusivamente i moduli di iscrizione alla Commissione preparatoria, oppure, quando ci sono quelli che segnalano l'avvenuto contatto con l'IRO da parte dei rifugiati7 , mancano quasi sempre i questionnaires e quelli presenti, risultano schematici e, in diversi casi, quasi standard, come seguissero un modello prestabilito.
E' comunque possibile ottenere un campione molto significativo di percorsi che sembrano ricalcare i quelli ricavati dalle dichiarazioni di chi era arrivato nel 1946, dopo che gli intestatari erano rimasti come quasi tutti gli altri ebrei provenienti dalla Romania, per circa due anni in Austria.
Anche questi, infatti, contengono dichiarazioni su periodi più o meno lunghi di deportazione nel campo di Mauthausen o in altri lager come Dachau o Buchenwald.
Queste deportazioni non sembrano essere avvenute tutte nello stesso periodo.
Ad esempio Maria Brill dichiara di essere stata trasferita nel 1941 in uno dei campi di lavoro allestiti in Transistria, di esservi rimasta fino al 1943, anno in cui viene deportata a Mauthausen, mentre Janku Blima, che dal 1941 si trovava nel campo di Moghilev, il più grande di questi campi, dichiara di esservi rimasto fino al 1945, per essere poi trasferito sempre a Mauthausen.
Moise Asendorf infine, racconta di essere stato deportato a Mauthausen nel 1942. 8
Tutti gli esempi citati e i numerosi altri rinvenibili nei fascicoli testimoniano di spostamenti singoli o di piccoli gruppi familiari. Fa eccezione il racconto di Jancu Ciubotaru che nel 1941 da Bacau venne trasferito nel campo di lavoro di Targau Jiu, da dove - con altri perseguitati - nel 1943 passò nel campo di Mauthausen.
Rudy Hirsch, invece, dichiara di essere stato deportato a Mauthausen non dai campi di lavoro in Transistia, bensì direttamente da Bucarest, dove risiedeva.
Nell'agosto del 1942, invece Gerson Salomovic è trasferito a Moghilev, da dove, sempre secondo le sue dichiarazioni, viene deportato in Germania, a Buchenwald, dove rimane fino alla liberazione. 9
Sempre a Buchenwald dichiara di essere stato deportato, dal campo di lavoro di Bug, nel 1944,ma senza specificare il mese, Sandu Reichman
L'unico tragitto percorso prima di arrivare in Italia che sembra coincidere con le ricostruzioni degli storici è quello di Avram Grinberg che dichiara di essere rimasto nel campo di lavoro fino al 1945 e di aver poi raggiunto Vienna nel 1947.
In una data imprecisata, tra la fine del 1947 e l'inizio del 1948 avviene l'ingresso in Italia di Emil Markus. Il suo è uno dei pochi fascicoli che contiene ben due questionnaires che, però, contengono dichiarazioni tra di esse del tutto contrastanti. Nel primo, compilato il 20 agosto 1948, dopo aver descritto le condizioni di vita degli ebrei rumeni nell'anno precedente allo scoppio della guerra, dichiara che, nonostante tutto, la sua famiglia è rimasta tranquilla e solo un suo fratello è stato internato in un campo di lavoro.
Il 13 settembre successivo viene intervistato di nuovo e racconta una storia completamente diversa. Riferisce che nel 1941, dopo l'internamento in un campo di lavoro, è stato trasferito ad Ebensee, in Austria e che è riuscito a fuggire durante un trasferimento in Germania.
Sempre secondo il nuovo racconto, rimane nascosto a Linz fino alla fine della guerra. Ha modo di tornare in Romania, insieme ad un gruppo di connazionali, nascosto in un carro merci, ma ne riparte ben presto per tornare in Austria, dove trova posto in un campo UNRRA fino a quando non riesce ad entrare in Italia.
La valutazione finale, per lui, è di non idoneità all'assistenza dell'IRO, perché il rientro in Romania gli fa perdere lo stato di rifugiato.
Nel 1948 il numero degli ingressi di ebrei rumeni in Italia si dimezza. I fascicoli contengono ancora riferimenti a periodi trascorsi in lager tedeschi, ma prevalgono quelli che iniziano con la richiesta di assistenza fatta direttamente all'IRO, accompagnata dal questionnaire.
Attraverso il loro esame si nota che la nascita dello Stato di Israele porta i funzionari dell'organizzazione a modificare i criteri di valutazione per l'ammissione all'assistenza: la loro attenzione, infatti, si sposta quasi esclusivamente a decidere se coloro che chiedono assistenza siano o meno dei veri rifugiati o se siano o meno in grado di sostenere da soli le spese per il ricollocamento.
Un esempio di situazioni del genere è costituito dalla storia di Hanan Schlesinger che viene considerato idoneo al ricollocamento in Israele, ma la valutazione è accompagnata dalla sigla DRA ,che sta ad indicare il riconoscimento al diritto al ricollocamento, che si rimanda al momento in cui il richiedente sarà in condizioni di partire.
Nei due ultimi anni di permanenza in attività dell'IRO in Italia, si assiste a pochissimi arrivi di ebrei rumeni. Come accade nel 1948, l'attenzione è rivolta all'ammissione solo dei veri rifugiati che diventano sempre di meno Interessante, comunque, la presenza, se pur minima, di rientri da Israele, come nel caso di Lazar Berkovicz.
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