a cura di Anna Pizzuti
Dalla Serie Ebrei 1
AL MOMENTO DELL’ESPULSIONE
Genova, 2 dicembre 1939 - Signor Bertoldo Rubinfeld a papa Pio XII
Il sottoscritto Bertoldo Rubinfeld di anni 31, residente in Italia dal 1928 in qualità di fiduciario di un gruppo industriale olandese, nato a Berlino e senza nazionalità, fornito di un certificato d'identità del ministero degli Esteri italiano a nome proprio e a nome della propria madre Maria Loeschner, vedova Rubinfeld di anni 61, polacca, ex polacca e dall'aprire 1939 pure apolide, di suo fratello Roberto, di anni 28, nato a Berlino, e pure apolide e di sua cugina, Margarete Mueller di anni 33 di nazionalità tedesca ,si prende la libertà di invocare in extremis aiuto a Sua Santità, nella sua disperata situazione creatasi in seguito all'odierna espulsione dal Regno, con effetto immediato. Fin dalle prime leggi razziali in Italia, il sottoscritto si è rivolto alla benevolenza dei governi di quasi tutto il mondo e nonostante gli immensi sforzi da lui compiuti per trovare un posto ove ricostruire la sua esistenza per il bene della sua famiglia non è riuscito ad ottenere alcun visto, obbligandolo a restare in Italia oltre il termine massimo stabilito dalla legge italiana per l'abbandono del paese. Le difficoltà incontrate erano di vario carattere. In primo luogo, la mancanza di capitali, secondo, mancanza di qualche garanzia da parte di amici e parenti non avendone. Terzo, passaporti apolidi. Così, malgrado il sottoscritto ha ripetuto molte domande, riuscendo finalmente, nell'agosto dell'anno corrente, ad ottenere una garanzia di una persona buona e caritatevole residente in Australia, purtroppo ora viene comunicato che durante la crisi politica il governo australiano non concede permessi di immigrazione. Un'altra domanda inoltrata un anno fa è tuttora in corso, con il governo del Messico, con buone speranze di riuscita. Però, data la lontananza e le vie burocratiche le relative pratiche sono assai lunghe. Tutto ciò il sottoscritto ha documentato al competente ufficio della Regia Questura di Genova, dalla quale è stato oggi diffidato di lasciare immediatamente il Regno con tutta la famiglia, notificandogli i provvedimenti che saranno presi contro di lui e di sua famiglia nel caso che non si uniformasse all'espulsione, cioè rinvio in Germania o imprigionato per tre mesi. Il sottoscritto ha fatto pure presente lo stato di salute di sua madre che soffre di una malattia interna e quindi non è in grado di sopportare viaggi disagiati. Non avendo alcuna meta per le ragioni su esposte, il sottoscritto non potrà per il momento seguire l'ordine della regia questura e quindi dovrà sopportare le conseguenze del caso senza aver la speranza di potersi rifare una vita onesta e pacifica. In questa situazione il sottoscritto si permette di ricorrere alla bontà e clemenza di Sua Santità, implorando comprensione e aiuto e confidando che la superiorità della giustizia umana di Sua Santità possa assisterlo con il generoso atto di un intervento presso il governo italiano per un prolungamento di soggiorno in Italia di qualche mese oppure presso qualche Stato straniero per un permesso di entrata. Il sottoscritto è consapevole della grazia che Sua Santità gli concederebbe e ringraziando umilmente in anticipo, chiede perdono della libertà presa e si professa.
Roma 15. Dicembre 1939 - Appunto di monsignor Dell’Acqua
Padre Tacchi Venturi comunica che le Regie Prefetture vengono oggi avvisate che gli ebrei tedeschi e polacchi residenti in Italia possono continuare il soggiorno fino a nuovo ordine. Inutile quindi fare il passo chiesto presso il governo.
Genova 12 dicembre 1939 - Signorina Maria Dolores Prim a papa Pio XII
[…] Io sono una giovane spagnola, profuga ancora dalla guerra di Spagna, con mia mamma ci siamo rifugiate in Italia; mia mamma è ritornata in Barcellona con i miei due fratelli che son rimasti colà prigionieri dei rossi, per così sistemare le cose e i beni che possedevamo lì. Io sono sempre qui. Per motivo di lavoro giacché con le lezioni di spagnolo sono riuscita a farmi conoscere da istituti privati e dai particolari e così lavorare. Da tre mesi sono impiegata nel consolato generale di Spagna a Genova. Fra le persone buone e che con mia mamma ci hanno aiutato nei momenti difficili per poter resistere alle difficoltà economiche è la famiglia Rubinfeld, la quale è oggetto di questo mio scritto. La famiglia Rubinfeld è ebrea e in questo momento è costretta a lasciare l'Italia per la legge vigente. La signora è di salute sofferente di una malattia interna, la quale non le permetterebbe di andare in certi paesi. Inoltre, con i passaporti apolidi non possono avere i visti di nessuno Stato. Io sento moralmente obbligo di chiedere pietà e protezione per questa famiglia a cui io devo tanto. Supplico quindi la Santità Vostra onde interceda presso il governo italiano, oppure quello spagnolo perché possano andare in Spagna. Oltre le difficoltà accennate, la signora Rubinfeld vedova, ha due figli. Il maggiore potrei dire che da quattro mesi è il mio fidanzato se non ci fosse l'impedimento della diversità di religione. Questo ostacolo spero e credo che con l'aiuto di Dio potrò vincerlo conducendo lui, sua mamma e suo fratello, al cattolicesimo. Speranza che vedrei svanire se dovessero lasciare l'Europa.
PS. Sono conosciuta in Genova da Monsignor Luigi Molini, notaio arcivescovile. Dai Padri Gesuiti Padre Passa e Padre Zabelli. (Appunto in alto a matita: 19.12.1939. In Spagna non si ammettono persone di discendenza ebraica. E’inutile tentare. Questa Seg. Vaticana è di questo parere).
Roma, 14 dicembre 1939 - Segreteria di Stato del Vaticano al cardinale Pietro Boetto, arcivescovo di Genova
E’ qui pervenuta una lettera della signorina Maria Dolores Prim, residente in codesta città. La predetta signorina ha chiesto alla Santa Sede di facilitare l'immigrazione nella Spagna della famiglia Rubineld facendo a tale scopo un passo presso il governo spagnolo o quello italiano- Prego l’Eminenza Vostra Reverendissima di volersi compiacere di far sapere alla signorina Prim se lo crede opportuno che questa segreteria di Stato è assai dolente di non poter dar corso alla sua domanda perché si sa per esperienza che un eventuale suo intervento nel senso indicato non sarebbe al presente coronato da successo.2
I componenti della famiglia Rubinfeld saranno internati a partire dal luglio del 1940 in vari campi, per riunirsi a Guardiagrele nel mese di giugno del 1943. Nell’ottobre del 1943 si allontanano dal paese e risescono a raggiungere il Camp Transit 1 allestito dagli Alleati a Carbonara, frazione di Bari.
RICHIESTE DI TRASFERIMENTO DAI LUOGHI DI INTERNAMENTO
Lubiana, 18 marzo 1942 - monsignor Gregorio Rozman, vescovo di Lubiana alla Segreteria di Stato del Vaticano
Il dottor Tibor Fenyvesi […] di cittadinanza slovacca, cattolico di origine ebraica, fu internato da Lubiana nel campo di Ferramonti. Poiché ha molti problemi di salute, teme che le condizioni climatiche del luogo possano nuocergli. Per questo motivo chiede se sia possibile che la Santa Sede voglia benignamente intercedere presso le autorità competenti, affinchè la sua domanda di trasferimento in un luogo più salubre possa essere accettata. (Appunto a matita: a Saluzzo, dove si trova già suo cugino).
Roma, 6 aprile 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a Padre Tacchi Venturi
Il sig. Dr Tibor Fenyvesi, cattolico non ariano, internato nel campo di concentramento di Ferramonti ha inoltrato istanza al Ministero dell’Interno per essere trasferito, per motivi di salute a Saluzzo, dove trovasi internato un suo cugino. Il caso è stato vivamente raccomandato da mons. Vescovo di Lubiana. Mi permetto, pertanto, di interessarne la Pat. V.R. affinchè si compiaccia, se è possibile, di spendere una sua buona parola in proposito.
Roma, 19 luglio 1942 - Padre tacchi Venturi alla Segreteria di Stato del Vaticano
Sono lieto di comunicare che il Sig.Dott. Fenyvesi per il quale Vostra Eminenza mi raccomandò di chiedere il trasferimento a Saluzzo è stato finalmente contentato, secondo il Capo della Polizia mi comunica con una sua del 15 corrente mese, recapitatami questa mane.
Roma, 27 luglio 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Gregorio Rozman, vescovo di Lubiana.
Accogliendo ben volentieri il desiderio espresso dall’Eccellenza Vostra Reverendissima, con la pregiata sua lettera del 18 marzo u.s., questa Segreteria di Stato non ha mancato di interessarsi perché il Signor dottor Tibor Fenyvesi, cattolico non ariano, fosse trasferito a Saluzzo, dove trovasi internato suo cugino. Ho il piacere di partecipare all’Eccellenza Vostra che, secondo una comunicazione pervenuta a questo ufficio in data 19 c.m. è stato disposto detto trasferimento.3
Tibor Fenyvesi fu trasferito a Saluzzo l’8 agosto del 1942. Si allontanò nel mese di dicembre del 1943
Potenza, 16 febbraio 1942 - Monsignor Augusto Bertazzoni vescovo di Potenza alla Segreteria di Stato del Vaticano
[…] La Signora Elli Leon mi prega di trasmettere per il tramite della Santa Sede l’unita domanda al Ministero per il trasferimento ad Arezzo ove risiede una famiglia pure internata presso la quale può trovarsi non più sola. Mi risulta che anche a Potenza la sua condotta fu irreprensibile. Trovasi anche in una svolta favorevole per la sua conversione al cristianesimo. Farà il Signore.
Il signor Behrens Walter ha inoltrato domanda di trasferimento da Ferramonti a Potenza e chiede i buoni uffici dell’Eminenza Vostra perché venga benevolmente accolta.
Copia delle richieste di trasferimento:
Ferramonti 27 gennaio 1942 - Signor Walter Berens al Ministero dell’Interno
Il sottoscritto […] Walter Behrens laureato in medicina sia in Germania che in Italia, dove ha anche eseguito l‘esame di Stato nel 1935, si permette di fare la seguente domanda: essendo internato da 19 mesi nel campo di Ferramonti, desidera essere trasferito a Potenza città, dove si trovano i suoi parenti, il sig, Ernesto Schmerel e famiglia ai quali è legato da stretta amicizia, dato che sono stati assieme durante il loro soggiorno a Roma.
Potenza, 16 febbraio 1942 - Signorina Elli Leon al Ministero dell’Interno
La sottoscritta Elli Leon [si trova] internata da oltre 18 mesi a Potenza, ove si adoperò di condurre un tenore di vita che fosse encomiabile sotto tutti gli aspetti, ciò di cui si sentì in obbligo non solo per l’educazione ricevuta e per il buon nome della famiglia, ma anche e non per ultimo, per il fatto di essere fidanzata. Da parte della locale Questura, è stata portata a conoscenza della sottoscritta che in ottemperanza delle decisioni di codesto Ministero, deve trasferirsi al campo di concentramento di Pollenza, provincia di Macerata, viaggio questo che essa sarà a intraprendere in giornata. Questa comunicazione ha colpito dolorosamente la scrivente, giacchè essa vede in ciò un provvedimento di carattere punitivo.4
Walter Behrens Sarà trasferito a Potenza, come aveva richiesto. Dopo la liberazione si trova nel paese di Picerno, sempre in provincia di Potenza.
Elli Leon sarà trasferita nel campo femminile di Pollenza il 17 febbraio del 1942. Si sposterà in varie località di internamento, sempre in provincia di Macerata, fino all’arresto e alla deportazione, dalla quale non è sopravvissuta.
TENTATIVI DI EMIGRAZIONE
Chioggia, 23 maggio 1943 - Signor Giuseppe Lakenbach a monsignor Giacinto Ambrosi vescovo di Chioggia
Prego sentitamente V.Eccellenza per la V. benevolenza di aiutarmi nella cosa seguente. Aspettando un anno, dopo grandi difficoltà e grandi spese, ho ricevuto i visti per l’Equador. Allora ho fatto una domanda al Ministero dell’Interno in data 30 marzo 1943, per poter avere un permesso di espatrio. […] In queste quattro settimane sono sorte grandi difficoltà che prima non esistevano, per a) il rilascio del permesso di espatrio, b) la delegazione [DELASEM] ha scritto che non può più intervenire presso il Ministero, ma solo l’internato o i suoi parenti, c) il Ministero Scambi e Valute fa difficoltà per vendere la valuta estera che è necessaria per il pagamento dei biglietti per la navigazione ecc per la mia famiglia e per me. In seguito alla nuova situazione la Delegazione in una comunicazione del 9 aprile 1943 mi dice che soltanto pochissimi dei nostri assistiti avranno la possibilità di continuare le loro pratiche di emigrazione. Quindi l’unica mia speranza è riposta nel S.Padre che prego di volermi aiutare. […] Io, come internato, senza libertà e senza lavoro, non posso fare nulla.
Chioggia, 25 maggio 1943 - Monsignor Giacinto Ambrosi, vescovo di Chioggia alla Segreteria di Stato del Vaticano
Il signor Lakenbach Giuseppe, israelita di Zagabria, con la moglie Bianca e la sorella Stefania, venne internato ad Adria, in provincia di Rovigo. Ora egli ha chiesto ed ottenuto dal Governo dell’Equador il nullaosta per recarsi in quello Stato, ma gli occorre anche il nullaosta del governo italiano. Egli ha già inoltrato domanda al Ministero dell’Interno, ma gli fu risposto dalla “DELEGAZIONE PER L’ASSISTENZA AGLI EMIGRATI EBREI” (Lungotevere Sanzio 2 Roma) che sono sorte gravi difficoltà per la concessione del permesso di espatrio. Egli, quindi, a mio mezzo, si rivolge alla benignità del S.Padre per poter ottenere dal R.Governo la già chiesta autorizzazione di recarsi con la sua famiglia in Equador. Da quanto mi risulta il signor Lakenbach ebbe sempre in Italia una condotta irreprensibile.
Roma, 30 maggio 1943 - Segreteria di Stato del Vaticano a padre Tacchi Venturi
Come la Paternità Vostra reverendissima potrà rilevare dagli acclusi documenti che le riemetto con preghiera di cortese restituzione, l’Eccellentissimo vescovo di Chioggia implora l’interessamento della S. Sede in favore dei signori Lakembach, non ariani, internati ad Adria, ai quali si farebbero delle difficoltà da parte delle autorità italiane per emigrare nella Repubblica dell’Equador.
Roma, 27 giugno 1943 - Padre Tacchi Venturi alla Segreteria di Stato del Vaticano
Per soddisfare al desiderio manifestatomi da Vostra Eminenza, non mancai di rivolgermi al Capo della Polizia pregandolo di concedere ai Sigg. Lakenbach di stirpe ebraica, internati in Adria il permesso di partire per la repubblica dell’Equador. Ieri mi fu da lui risposto che era spiacente di dovermi comunicare che per disposizioni di carattere generale non può essere consentito ai coniugi Lakenbach l’uscita dal Regno. Non tacerò a Vostra Eminenza che la disposizione di carattere generale, cui l’Ecc.mo Capo della Polizia si appella, deve essere recente, poiché in addietro, quando gli internati di stirpe ebraica dimostravano, come fecero questi Lakenbach di avere tutto pronto per trasferirsi in paese straniero, venivano senza difficoltà, anzi, dirò con piacere, lasciati liberi di andarsene. Si considerava il fatto come un peso tolto all’Italia. Ora pare che non sia più così.
Chioggia, 10 agosto 1943 - Monsignor Giacinto Ambrosi, vescovo di Chioggia alla Segreteria di Stato del Vaticano
Son già ricorso alla bontà della S. Sede in favore del sig. Lakenbach, il ricorso, però, non ha potuto avere buon esito perché la Direzione generale della Polizia comunicava che per disposizioni di carattere generale non può essere consentito ai coniugi Lakenbach l’uscita dal Regno. Ora il signor Lakenbach, in vista del mutamento del governo spera di poter ottenere il sospirato permesso di espatrio e, per mio mezzo, si permette di rivolgersi di nuovo alla S.Sede. Accludo la sua istanza al R. Ministero dell’Interno con preghiera, se è possibile, fosse inviata a destinazione.
Roma, 15 agosto 1943 - La Segreteria di Stato del Vaticano passa la pratica a padre Tacchi Venturi, pregandolo di trasmettere al Ministero l’istanza del signor Lakenbach e il 22 agosto comunica quanto fatto al vescovo di Chioggia, pregandolo di informare a sua volta la famiglia Lakenbach.
Roma, 4 settembre 1943 - Ministero dell’Interno a Padre Tacchi Venturi
Reverendissimo Padre, sono lieto di poterle comunicare che la famiglia Lakenbach, già internata ad Adria, è stata autorizzata a uscire dal Regno.
Il 10 settembre 1943 la notizia viene comunicata al vescovo di Chioggia.5
Il tentativo di emigrazione non deve essere riuscito. Giuseppe Lakenbach, la moglie Bianca e la sorella Stefania risultano presenti ad Adria il 27 settembre 1943. Dopo questa data di essi si perdono tracce documentarie.
RICHIESTE DI PROSCIOGLIMENTO DALL’INTERNAMENTO
Tuscania, 30 ottobre 1940 - Signor Ugo Loebenstein alla Segreteria di Stato del Vaticano
Mi permetto di rivolgermi a VV.SS. per chiedere assistenza nella dolorosa situazione in cui mi trovo. Sono stato internato qui circa dieci settimane fa e poco dopo il mio arrivo in questo luogo le mie condizioni fisiche peggiorarono sensibilmente. [… ] Mi sento deperire ogni giorno di più e dopo essermi fatto visitare dal medico locale, in base al certificato rilasciato da quest'ultimo, feci in data 20 settembre istanza all’onorevole. Ministero degli Interni come da acclusa copia. A ciò non ebbi finora nessuna risposta. Al 2 ottobre sentendomi sempre peggio, feci domanda al signor Questore di Viterbo di permettermi di andare a Roma da uno specialista, ma neanche a questa domanda ho avuto risposta fino ad oggi. Non so più che cosa debbo fare ed in questa triste posizione oso pregarvi di appoggiare se solo vi sia possibile la mia istanza del 27 settembre, nel senso che mi venga permesso di tornare a casa ad Abbazia per sottopormi alle cure necessarie e l’eventuale operazione. Sono sposato con una cattolica di nascita e io stesso, cittadino cecoslovacco, mi sono convertito al cattolicesimo 40 anni or sono. Nulla è a mio carico, sono stato internato solo per le misure generali nell'attuale periodo di guerra riguardanti i sudditi dei paesi nemici e le persone appartenenti alla “razza ebraica”.
Roma, 7 novembre 1940 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Ugo Camozzo, Vescovo di Fiume.
Il signor Ugo Loebestein, attualmente internato a Tuscania, domiciliato in Abbazia, dove sua moglie Maria Konarik è proprietaria di un albergo in data 30 ottobre si è rivolto a questa Segreteria di Stato per ottenere, con l'appoggio della Santa Sede, di essere dimesso dal campo di concentramento per motivi di salute. Per quanto molto difficilmente viene concesso il favore richiesto dal suindicato signore, pure questo ufficio cercherà di compiere i passi del caso se vostra Signoria riterrà che egli è meritevole dell’interessamento della Santa Sede.
Fiume 3 dicembre 1940 - Monsignor Ugo Camozzo, vescovo di Fiume alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza reverendissima. In relazione alla venerata lettera numero 9543/40 mi reco a dovere di comunicare all’Eminenza Vostra Rev.ma che le informazioni pervenute circa il signor Ugo Loebestein sono buone sotto ogni riguardo.
11 dicembre 1940 - Segreteria di Stato del Vaticano a padre Pietro Tacchi Venturi.
Come la paternità vostra potrà rilevare dall'unito inserto il signor Loebestein, cattolico non ariano, attualmente internato a Tuscania, provincia di Viterbo, ha inoltrato regolare istanza al Ministero dell'Interno per ottenere il permesso di ritornare ad Abbazia, suo domicilio, e curarsi così la malferma salute.
L’ Eccellentissimo Vescovo di Fiume lo ha raccomandato come persona meritevole. Mi pregio quindi segnalare il suo caso a vostra paternità per quei passi che ella giudicasse possibili e opportuni in proposito.
Roma, 28 dicembre 1940 - Padre Tacchi Venturi alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza Reverendissima, il Capo della Polizia, al quale, secondo la commissione datami da vostra Eminenza, rivolsi preghiera di permettere che il signor Ugo Loebestein per curare la malferma salute tornasse da Viterbo dove è internato ad Abbazia, mi scrive dicendosi spiacente di non poter permettere siffatto ritorno, perché Abbazia è città militarmente importante, dove non è consentito il soggiorno di stranieri, e ciò indipendentemente da circostanze razziali.
Roma, 3 gennaio 1941 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Ugo Camozzo, vescovo di Fiume.
Il 2 dicembre, ultimo scorso l’Ecc. V. Rev.ma trasmetteva a questa segreteria di Stato le richieste informazioni relative al signor Ugo Loebestein, non ariano internato a Tuscania e desideroso di tornare ad Abbazia. Questo ufficio non ha mancato di interessarsi del caso, ma sono dolente di doverle comunicare che i passi compiuti non hanno avuto purtroppo esito favorevole. Invero le competenti autorità hanno fatto sapere che non possono permettere tale ritorno perché, indipendentemente da circostanze razziali, non è consentito il soggiorno degli stranieri a Abbazia.6
Ugo Loebestein, trasferito da Tuscania a Leonessa in provincia di Rieti il 4 giugno 1943, fu arrestato e condotto a Fossoli il 6 gennaio 1944. Trasferito ad Auschwitz, non è sopravvissuto alla Shoah.
Campagna,21 Febbraio 1941 - Monsignor Giuseppe Maria Palatucci, vescovo di Campagna a monsignor Angelo Dell’Acqua
Reverendissimo monsignor Dell'Acqua, mio nipote, dottor Giovanni Palatucci, vicecommissario di Pubblica Sicurezza a Fiume mi ha pregato di raccomandarvi una pratica a favore di una persona e ci tiene che la pratica riesca bene. E poiché potete assolutamente fidarvi di lui vogliate accontentarlo al più presto.
Fiume,18 Marzo 1941 - Vice-commissario Giovanni Palatucci a monsignor Dell'Acqua
Eccellentissimo monsignore, vi prego di scusarmi se mi prendo la libertà di indirizzarmi a voi, pur senza avere l'onore di conoscervi. Mi sento in ciò incoraggiato dalle ottime cose che di voi mi ha scritto mio zio, Monsignor Palatucci di cui mi fa pregio allegare una lettera di presentazione che non mi è purtroppo possibile rimettervi di persona. Vi prego, dunque, Eccellenza di voler ascoltare con benevolenza la signora Gelles latrice della presente che vi esporrà un caso veramente degno del vostro autorevole interessamento.
Appunto non datato
Maurizio Gelles fu Enrico e fu Teresa Breuer, nato a Vienna il 28 Marzo 1881; ebreo apolide in seguito a revoca prefettizia della cittadinanza italiana, residente ad Abbazia dal 1889, Incensurato.
Il giorno 6 Febbraio 1941 venne chiamato nel gabinetto del Questore di Fiume e invitato, senza motivazione e sotto pena di venire internato in caso di inadempienza, a lasciare Abbazia e la provincia entro 10 giorni.
In ottemperanza a tale verbale diffida si è recato a Treviso, ove risiede tuttora. Il Gelles, prima di tale provvedimento e cioè il 18 giugno 1940, assieme a tutti gli ebrei apolidi della provincia, venne tratto in arresto e, ad eccezione di quasi tutti, dopo tre settimane venne rilasciato per comprovati e riconosciuti motivi di salute. Inoltre, il 1° agosto 1941 a tutti i commercianti ebrei di Abbazia e così pure al Gelles venne intimata la liquidazione del proprio negozio e la diffida di abbandonare Abbazia e la provincia entro 10 giorni. Quest'ultimo provvedimento venne revocato e il Gelles ebbe espressamente il permesso verbale di rimanere ad Abbazia dove ha la famiglia e la propria casa. In contraddizione, dunque, a tale permesso di pochi mesi prima e senza che da parte sua fossero intervenuti altri motivi il Gelles è stato costretto ad abbandonare Abbazia.
Treviso, 26 marzo 1941 - Signor Maurizio Gelles al Ministero degli Interni
Il sottoscritto Gelles Maurizio fu Enrico e fu Teresa Brewer, incensurato, nato a Vienna il 28 Marzo 1881 e residente ad Abbazia dal 1889, ebreo apolide a seguito revoca prefettizia della cittadinanza italiana si permette di esporre quanto segue. Il 18 giugno 1940 venne tratto in arresto insieme a tutti gli ebrei apolidi della provincia di Fiume e rilasciato dopo tre settimane, ad eccezione di quasi tutti gli ebrei apolidi della provincia di Fiume perché affetto da diabete e ha asma. Il 1°agosto 1940, come a tutti i commercianti ebrei di Abbazia, venne intimata anche al sottoscritto la liquidazione del proprio negozio, con la diffida di abbandonare Abbazia e la provincia entro 10 giorni. Successivamente quest'ultimo provvedimento venne revocato e il sottoscritto ebbe il permesso di restare ad Abbazia, ove ha la propria famiglia e la propria casa. Ora in contraddizione, a tale permesso e senza che fossero intervenuti altri motivi, il sottoscritto è stato chiamato nel Gabinetto del Questore di Fiume in data 6 Febbraio 1941 e invitato a lasciare Abbazia e la provincia entro 10 giorni, sotto pena in caso di inadempienza di essere internato. In ottemperanza a tale disposizione, il sottoscritto è stato costretto a trasferirsi a Treviso ove risiede tuttora presso la farmacia Mirigliani, corso Vittorio Emanuele 69. Ciò premesso, e poiché date le condizioni di salute e l'età avanzata, il sottoscritto ha continuamente bisogno di assistenza e di cure e tenuto anche presente che durante tutta la sua vita ha sempre osservato scrupolosamente tutti i doveri di buon cittadino, si permette rivolgere viva istanza affinché sia riesaminato benevolmente proprio caso, possa essere autorizzato a rientrare ad Abbazia.
Roma, 10 Aprile 1941 - Segreteria di Stato del Vaticano a padre Pietro Tacchi Venturi.
Mi pregio di rimettere qui unito copia di un esposto che il signor Maurizio Gelles non ariano ha inoltrato al Ministero dell'Interno per ottenere il permesso di ritornare presso la sua famiglia in Abbazia da cui fu costretto ad allontanarsi. Non mi nascondo le difficoltà che il caso presenta. Veda, ciò nonostante, la Paternità vostra di spendere, se lo giudica opportuno, una sua buona parola in proposito.
Roma, 24 Aprile 1941 - Padre Tacchi Venturi alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza reverendissima, con venerata sua lettera del 10 di questo mese, l'Eminenza vostra Re.ma si compiaceva commettere di fare qualche ufficio per ottenere al signor Maurizio Gelles il permesso di ritornare ad Abbazia. Sua eccellenza Senise, Capo della Polizia, mi scriveva Ieri di avere già interessata la Prefettura di Fiume perché esaminasse la possibilità di accogliere la domanda riservandosi nello stesso tempo, di darmi ulteriori comunicazioni appena sarà possibile. Io però, avendo la sorte di conoscere il Prefetto di Fiume, dal quale ho avuto anche recenti prove di benevolenza, fin dal 12 di questo mese gli scrissi, pregando di favorire, col suo parere, il ritorno del Gelles. Spero quindi che non vorrà opporsi a quanto gli viene richiesto per questo buon discendente di Abramo.
Roma,14 luglio 1941 - Estratto da una lettera di padre Tacchi Venturi
Il signor Maurizio Gelles, ebreo Apolide, non ha purtroppo ottenuto il permesso di ritornare ad Abbazia, dove risiede la sua famiglia. Mi si scrive che ulteriori accertamenti hanno confermato la necessità di mantenere, almeno per il momento, il provvedimento adottato nei suoi confronti.
N.B.Il signor Maurizio Gelles trovasi attualmente a Treviso. Di lui si era pure occupato il signor dottor Giovanni Palatucci, nipote dll’Eccellentissimo Vescovo di Campagna.
Roma, 19 luglio 1941 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Giuseppe Maria Palatucci, Vescovo di Campagna.
Questa segreteria di Stato non ha mancato di adoperarsi perché al signor Maurizio Geller, raccomandato dall'eccellenza vostra, con pregiata lettera in data 21 Febbraio, fosse concesso il permesso di ritornare presso la sua famiglia in Abbazia da cui fu costretto ad allontanarsi. Sono però assai dolente di dover comunicare che i passi compiuti in proposito non hanno avuto purtroppo l'esito sperato.7
Maurizio Gelles venne internato nel 1940 a Campagna (SA) e nel 1941 fu trasferito a Treviso dove rimase fino al 31.5.1943. Non sono note né la località né la data della sua morte. Sua moglie
Cecilia Oser e la figlia Alice furono arrestate durante la fuga in Svizzera, detenute a Fossoli e da lì deportate il 5.04.1944. Non sono sopravvissute alla Shoah.8
VOCI DALLA SHOAH
Conversano, 23 ottobre 1941 - Monsignor Gregorio Falconieri vescovo di Conversano alla Segreteria di Stato del Vaticano
Mi permetto trasmettere l'acclusa supplica aggiungendo che essa fu tempo fa trasmessa anche alla Nunziatura Apostolica presso il Regio Governo d'Italia. Sua eccellenza in Nunzio mi comunicò, perché ne rendessi consapevole l'interessato, che se ne sarebbe occupato, pur riconoscendo la grande difficoltà a riuscire nell'intento, ma il poveretto non si dà pace.
Alberobello, 17 ottobre 1941 - Signor Rudolf Fried alla Segreteria di Stato del Vaticano.
Eminenza, spinto dal desiderio di salvare la sua famiglia il sottoscritto si permette, dopo aver avuto un colloquio con il signor Arciprete di Alberobello, di sottoporre alla Eminenza vostra, la sua umile preghiera come segue. Dopo otto mesi trascorsi nel terribile campo di concentramento di Dachau la moglie del sottoscritto riusciva di liberarlo, ma lui fu espulso immediatamente dalle autorità e doveva lasciare la patria. rilasciando la sua famiglia. La moglie Leopoldine Renner Fried e il loro unico figlio, Oscar sono purtroppo tuttora a Vienna. Mentre il sottoscritto è di razza e di religione ebraica la sua moglie è ariana e fedele alla madre chiesa cattolica, Lei ed il figlio versano in condizioni misere. La moglie, lavorando giorno e notte, non riesce a mantenere la casa, mancando il marito. Dal 10 novembre 1938 tutti i pochi risparmi sono stati consumati. D’altra parte, il sottoscritto, vivendo in Italia come profugo ed ora da più di 15 mesi internato civile in questo campo non aveva e non ha nessuna possibilità, pure, non desiderando altro, di aiutare i suoi cari. Come un incubo di giorno in giorno è più crescendo lo stato di depressione morale della moglie, così grave che voleva compiere un atto di suprema disperazione non vedendo la possibilità di poter riunirsi al marito. La loro vita familiare è stata armoniosa e bella, tutti e due laboriosi hanno potuto mettere su la loro casa borghese e vivere in una atmosfera di reciproca stima piena d'amore e d'affetto. Le lettere che provengono dalla sua moglie piene di lacrime snervano il sottoscritto, dato che non può venire in aiuto. Per i fatti summenzionati e dietro il consiglio dato alla sua moglie dal parroco a Vienna, il sottoscritto si permette di mandare alla Eminenza Vostra questa sua rispettosa domanda, facendo appello alla misericordia e alla bontà della Eminenza Vostra, pregandola di voler fare il possibile perché la sua moglie e il loro figlio possono venire in Italia per riunirsi dopo tanti anni di separazione, finalmente con lui, giacché un Reale Decreto-legge del Ministero dell'Interno provvede l'internamento di famiglie coi loro cari se abitanti nel Regno.
Roma, 1° novembre 1941 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Gregorio Falconieri, Vescovo di Conversano.
E’ qui giunta la stimata lettera dell’Eminenza Vostra in data 23 ottobre relativamente, ad una istanza inoltrata al Ministero dell'Interno dal signor Rudolf Fried per ottenere che sua moglie e suo figlio ricevano il permesso di venire in Italia. Dato che la Nunziatura Apostolica si sta già occupando del caso, la Segreteria di Stato non vede quale altro passo si possa fare in proposito.9
Sul destino della moglie e del figlio di Rudolf Fried non sono state rinvenute tracce documentarie.
Roma,16 novembre 1941 - Segreteria di Stato del Vaticano al cardinale Cesare Orsenigo, nunzio apostolico a Berlino
La signorina Valeria Pattak, non ariana, internata a Potenza, si è rivolta di recente a quell'Ordinario. Diocesano per ottenere, con l'appoggio della Santa Sede che i suoi genitori non vengano allontanati dalla loro residenza di Vienna. Qui unito mi pregio di rimettere all'Eccellenza Vostra il relativo foglio da Monsignor Vescovo di Potenza affinché ella, nella sua bontà, veda se e come è possibile aiutare gli interessati.
Potenza, 16 novembre 1941 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Augusto Bertazzoni, vescovo di Potenza e Marsico Nuovo.
In riscontro alla sua lettera in data 7 novembre relativa al signor Leopoldo Pattak e consorte mi pregio di comunicare che per quanto non si possano nutrire molte speranze di successo, questo ufficio non ha mancato di segnalare il caso al Nunzio Apostolico a Berlino.
Berlino, 1 maggio 1942 - Cardinale Cesare Orsenigo, nunzio apostolico a Berlino alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza reverendissima, in conformità al desiderio espresso dall’Eminenza Vostra Reverendissima nel venerato dispaccio del 16 novembre ultimo scorso, mi sono dato premura di chiedere informazioni dei coniugi Leopoldo e Elsa Pattak di Vienna. Mi giunge ora notizia che i suddetti signori, sono stati deportati nel Governatorato Generale. Ulteriori indagini non servono perché dei deportati non restano tracce.
9 maggio 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Augusto Bertazzoni, vescovo di Potenza e Marsico Nuovo.
Facendo seguito al mio foglio in data 16 novembre ultimo scorso relativo ai coniugi Leopoldo e Elsa Pattak. Sono assai dolente di dover partecipare all'eccellenza vostra reverendissima che purtroppo, come si prevedeva i passi compiuti in propositi proposito non furono coronati da successo. La Nunziatura Apostolica di Berlino, invero, in data uno corrente mese ha comunicato alla Segreteria di Stato che i detti coniugi sono stati trasferiti nel Governatorato Generale.10
Leopoldo Pattak e Elsa Pattak non sono sopravvissuti alla Shoah.
Isola del Gran Sasso, gennaio 1942 - Signor Federico Glattauer a monsignor Carlo Pensa, vescovo di Penne e Atri
Mi rivolgo al paterno, cuore degli Eminenza Vostra per chiedere consiglio ed aiuto. Io sono in Italia dal 5 luglio 1939. Prima risiedevo in Milano assieme a mia moglie. Nel giugno 1940, mentre ci appressavamo alla emigrazione io venni internato in un campo di concentramento mentre mia moglie venne inviata prima a Vienna e poi in Polonia. Ora, a prescindere dalla lunga dolorosa separazione, mi giungono dalla mia consorte preoccupanti notizie dei disagi che essa soffre per essere del tutto sprovvista di mezzi di sussistenza e manchevole di ogni appoggio. In questa dolorosa situazione ho pensato ad un possibile ritorno di mia moglie in Italia per essere internata con me in un campo o in un comune in attesa che ci sia concesso di effettuare l'emigrazione. A questo scopo mi rivolgo all'Eminenza vostra perché voglia paternamente interessarsi dell'affare, ottenendo il desiderato scopo per il tramite della Santa Sede. So che questo è stato ottenuto da un mio compagno che versava nelle mie stesse condizioni. Solo col vostro aiuto posso togliermi dall'angoscia che mi opprime.
Roma, 11 Marzo 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Carlo Pensa, vescovo di Penne e Atri.
Il signor Federico Glattauer, non ariano, internato ad Isola del Gran Sasso ha inviato alla Segreteria di Stato un esposto per ottenere, con l'appoggio della Santa Sede, il permesso di entrata in Italia a favore di sua moglie, residente in Polonia. Al riguardo sono dolente di dover comunicare alle l'Eminenza Vostra che è purtroppo impossibile fare un passo nel senso desiderato non essendo disposte le competenti autorità italiane a concedere a non ariani qualsiasi permesso del genere.11
Federico Glattauer viene trasferito da Isola del Gran Sasso (Teramo) a Ferramonti il 16 maggio del 1942. Rimarrà nel campo fino alla liberazione. Il 16 agosto 1942 è presente nel Camp Transit 1 allestito dagli Alleati a Carbonara, frazione di Bari. Sul destino della moglie non è stato possibile rinvenire tracce documentarie.
Roma. 21 maggio 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Domenico Argnani, vescovo di Macerata
Con lettera in data 17 corrente mese il signor Paolo Pollak d'origine non Ariana internato ad Urbisaglia, di cui l'Eccellenza Vostra Reverendissima ebbe già ad occuparsi, ha sollecitato un ulteriore intervento della Santa Sede presso le competenti autorità germaniche, perché venga accordato a sua moglie e alle due sue figlie il permesso di espatrio. Prego l’Eccellenza Vostra di volersi compiacere di far sapere al menzionato signore che questa Segreteria di Stato ha nuovamente interessato in suo favore la Nunziatura Apostolica.
Macerata 28 maggio 1942 - Monsignor Domenico Argnani, vescovo di Macerata alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza Reverendissima, in risposta alla venerata lettera della Eminenza Vostra riferisco che il signor Pollak a cui ho comunicato le rinnovate premure di codesta Segreteria di Stato nei riguardi del rimpatrio della sua famiglia, umilia fiducioso in più sentiti ringraziamenti. Esso poi teme che questi giorni siano decisivi per la sorte della sua famiglia, confida perciò nel più valido interessamento dell'Eminenza Vostra a cui rinnova nella sua profonda trepidazione le espressioni della più viva riconoscenza.
Berlino, 2 giugno 1942 - Cardinale Cesare Orsenigo, nunzio apostolico a Berlino alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza Reverendissima, mi onoro di riferire a Vostra Eminenza Reverendissima, circa la pratica riguardante la signora Pollak, della quale vostra Eminenza Reverendissima, si interessava con i venerati di spacci in data 14 gennaio ultimo scorso, in data 5 marzo e in data 21 maggio. La situazione dei non ariani dall'inizio del 1942 è sempre più peggiorata, nel senso che non si accordano più permessi di uscita. Atteso tuttavia il carattere particolarmente pietoso del caso presente, questa Nunziatura Apostolica, appena ricevuti i dati necessari ha inoltrato uno speciale promemoria al ministero degli Affari Esteri in data 18 marzo ultimo scorso. Finora non si ebbe alcuna risposta. Anche il Reverendo Padre Born di Vienna al quale vengono affidati i casi dei non ariani dell'Austria mi scrive di un caso a cui un viaggio in Italia non fu possibile e che ormai non si è più in grado di impedire la deportazione dei non ariani.12
Paul Pollak fu deportato dall’Italia ad Auschwitz, sua moglie Herta e le figlie Helga e Elisabetta da Vienna a Theresienstadt. Tutta la famiglia è sopravvissuta alla Shoah.
Roma, 21 maggio 1942- Segreteria di Stato del Vaticano a padre Tacchi Venturi
La Segreteria di Stato è stata pregata dall’Ecc.mo Vescovo di Lubiana di opportunamente interessarsi presso le competenti autorità Italiane perché alla signora Sigmund Koch, nata Flora Koch di 80 anni, inferma malaticcia, sia accordato il permesso di venire in Italia, presso suo figlio, dottor Pavao [Pavel] Koch, internato nella provincia di Como. Non mi nascondo che ben difficilmente si potrà ottenere quanto si domanda: mi permetto, tuttavia, di segnalare il pietoso caso alla Paternità Vostra Rev.ma nella speranza che si possa fare qualcosa in favore dell’anzidetta signora. A tal fine le rimetto l’accluso appunto.
Appunto
Il dottor Pavao Peto (Koch) nato ad Arad (Ungheria) il 10 febbraio 1888, d’origine non ariana, ex cittadino Jugoslavo, ora internato nella provincia di Como, domanda l’intervento della Santa Sede presso il governo italiano per ottenere che sua madre, signora Sigmund Koch, nata Flora Pollak, di anni 80, ammalata, residente a Zagabria, possa raggiungerlo in Italia. Motivo della domanda:
Le autorità della Croazia hanno decretato l’espulsione della vecchia signora Sigmund Pollak e le autorità ungheresi (La signora Sigmund Pollak, nata ungherese conservò la cittadinanza ungherese per 77 anni) non le permettono di entrare in Ungheria, ove, peraltro, non avrebbe nessuno che si prenda cura di lai. Il figlio si impegna a provvedere a sue spese per la madre.
Roma, 13 giugno 1942 - Padre Tacchi Venturi alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza reverendissima, ricevuta la venerata lettera di Vostra Eminenza del 21 maggio con la quale mi veniva commesso di far pratiche per ottenere alla signora Sigmund Koch il permesso di recarsi in Italia presso suo figlio, il dottor Pavao, internato nella provincia di Como, non indugiai di rivolgerne preghiere al Capo della Polizia. Ma questi mi rispondeva ieri che il nome del dott. Pavao Koch è sconosciuto alla Direzione generale della Polizia ed anche alla Prefettura di Como. Di conseguenza mi aggiunge che voglia comunicargli le precise generalità del detto Signore e in quale comune della Provincia di Como presentemente risiegga.
Roma, 18 giugno 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Gregorio Rozman, Vescovo di Lubiana
Eccellenza Reverendissima, accogliendo il desiderio espresso dall’Eccellenza Vostra Reverendissima […] questa Segreteria di Stato non ha mancato di interessarsi presso le competenti Autorità Italiane perché alla signora Sigmund Koch, nata Flora Pollak, di 80 anni, malaticcia, fosse accordato il permesso di venire in Italia presso suo figlio, dottor Pavao Koch, internato nella provincia di Como. Mi pregio ora di portare a conoscenza dell’Eccellenza Vostra, la risposta pervenuta a riguardo a questo Ufficio.
Sulla lettera un appunto a matita non firmato: ho pregato personalmente Padre Tacchi di vedere se delle volte alla Polizia l’interessato non risulti come signor Petö.
Roma, 3 agosto 1942 - Padre Tacchi Venturi alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza reverendissima, […] il Capo della Polizia, con una sua del 31 luglio, da me ricevuta soltanto ieri sera, mi si dice lieto di comunicarmi che il R. Consolato Generale d’Italia in Zagabria, è stato autorizzato a concedere il visto d’ingresso nel Regno, alla signora Flora Koch, a fine che possa raggiungere suo figlio Pavao Koch (Petö), internato a Erba.
Erba, 6 agosto 1942 - Istituto S. Carlo, Buccinigo d’Erba alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza, la signora Flora Koch, vedova del signor Sigismondo Koch, abitante a Zagabria, in data 12 maggio, per mezzo del figlio dr. Paolo Petö ha inoltrato domanda a codesta Segreteria affinchè fosse presa sotto la sua protezione, essendo ella ottantenne abbandonata e malata. Particolarmente si raccomandava di essere congiunta all’unico suo figliolo in Italia, non avendo ottenuto il permesso di ritornare nella sua patria, l’Ungheria, per mancanza di documenti con cui potesse provare la cittadinanza ungherese. Motivo di tale richiesta la minaccia di essere deportata in un campo di concentramento. Nell’attesa di una risposta da parte della Segreteria di Stato di sua Santità Pio XII ha ricevuto l’ordine di lasciare il Regno di Croazia entro il 20 agosto c.a. pena la deportazione in campo di concentramento qualora, passato questo tempo, si trovasse ancora in Croazia. Data l’età e la salute cagionevole una tale deportazione sarebbe fatale per la sua vita. Preghiamo quindi perché prima del 20 c.m. questa povera donna venga possibilmente accontentata nella sua richiesta.
12.08.1942 - Cartoncino della Segreteria di Stato.
La Segreteria di Stato, in risposta alla lettera di Istituto S. Carlo, Buccinigo comunica allo stesso reverendo che, in seguito ai passi da essa precedentemente fatti, il Regio Consolato d’Italia a Zagabria è stato autorizzato a concedere alla signora Flora Koch il visto di ingresso nel Regno, per poter raggiungere il proprio figlio, internato ad Erba.
Buccinigo d’Erba, 26 agosto 1942 - Istituto San Carlo alla Segreteria di Stato del Vaticano
La missiva della Segreteria di Stato del 12 agosto […] veniva comunicata per più dispacci, ma essa non dà segno di vita. Si suppone che la vedova, prima di apprendere la felice notizia, sia stata trasportata dalle autorità croate in campo di concentramento. Il figlio pensa che, essendo vedova e abbandonata, nessuno abbia pensato di avvertire le autorità che ella ha l’autorizzazione di entrare in Italia. […] Il figlio della vedova prega umilmente la Santa Sede di interessare l’Arcivescovo di Zagabria o altra persona competente affinchè si adoperi perché la vedova Koch possa raggiungere il figlio in Italia.
Roma, 5 settembre 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Gregorio Rozman, vescovo di Lubiana
Facendo seguito al mio foglio del 12 agosto p.p. con cui comunicavo a V.E.R. che il R. Consolato d’Italia a Zagabria era stato autorizzato a rilasciare alla signora Flora Pollak il visto necessario per entrare in Italia, mi pregio di parteciparle che la signora in parola non ha più dato al figlio notizie di sé, per cui questi è in grave apprensione, temendo anche che la madre sia stata tradotta in qualche campo di concentramento. Sarei ben grato all’E,V. se volesse darmi a riguardo le informazioni che fossero in Suo possesso, per poterle far giungere al dott. Petö, figlio della signora in questione.13
La presenza di Pavao Petö ad Erba è documentata fino al 30 maggio 1943. Flora Koch Pollak non è sopravvissuta alla Shoah.
2 ottobre 1942 - Appunto sulla copertina del fascicolo
Zora Frank Baum internata a Castelnuovo Don Bosco, supplica la Santa Sede di voler far rintracciare nipotino undicenne e altro congiunto della scrivente i quali sono stati condotti dalle autorità germaniche in località sconosciute. Prega di far del tutto per ottenere la loro liberazione.
Roma, 9 ottobre 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a padre Ramiro Marcone, abate di Montevergine, Zagabria
Come la Paternità Vostra Reverendissima potrà rilevare dall’accluso esposto che le rimetto con preghiera di cortese restituzione, la Segreteria di Stato, è stata pregata di interessarsi del giovanetto Fedor Frank e di suo zio Herman. I quali risiedevano fino a qualche tempo fa in codesta città. La paternità vostra giudicherà nella ben nota sua carità quali passi sia possibile compiere in loro favore.
Zagabria, 8 novembre 1942 - Padre Ramiro Marcone, abate di Montevergine, Zagabria
Eminenza reverendissima, in risposta al venerato foglio del 9 ottobre, pregio mi riferire quanto segue. Dallo stesso capo Rabbino ho saputo che il giovanetto Fedor e lo zio sono stati già da tempo deportati in Polonia.
12 novembre 1942 - Monsignor Angelo dell’Acqua a monsignor Alessandro Evreinoff, Ufficio Informazioni, Città del Vaticano
Eccellenza Reverendissima, qui acclusa mi pregio di rimettere all'Eccellenza Vostra Reverendissima con preghiera di cortese restituzione una lettera della signora Zora Frank in Baum. Unisco pure copia della risposta di questa Prima Sezione della segreteria di Stato, in base a quanto ha fatto sapere l’Abate Marcone che si trova in Zagabria. Veda l'Eccellenza Vostra, se è possibile avere qualche notizia delle persone in questione.
Roma, 14 novembre 1942 - Segreteria di Sato del Vaticano a, Cardinale Maurilio Fossati, arcivescovo di Torino
Accogliendo il desiderio espresso dalla signora Zora Frank in Baum, internata a Castelnuovo Don Bosco con lettera in data 2 ottobre, questa Segreteria di Stato non ha mancato di sollecitamente interessare una persona autorevole in favore del giovanetto Fedor Frank e del signor Herman, non ariani residenti in Zagabria i quali si trovavano in pericolo di essere trasferiti altrove. A questo ufficio è pervenuta al riguardo, in data 8 corrente mese, la seguente risposta: Dallo stesso capo Rabbino di Zagabria, si è saputo che il giovinetto Fedor e suo zio sono già stati da tempo trasferiti in Polonia. Prego l’Eminenza Vostra Reverendissima di volersi compiacere di far sapere all'interessata quanto sopra, aggiungendo altresì che la Santa Sede continuerà ad interessarsi per cercare di avere qualche notizia sicura delle persone in questione, benché la cosa presenti particolari difficoltà nelle attuali circostanze.
Castelnuovo Don Bosco, 9 gennaio 1943 - Zora Frank in Baum alla Segreteria di Sato del Vaticano
Ho ricevuto. Dal Rev.mo Parroco di Castelnuovo Don Bosco la comunicazione riguardante mio fratello Hermann Frank e mio nipote Fedor Frank, deportati da Zagabria in Polonia. Mentre prego di continuare le indagini, ringrazio per la magnifica opera di umanità svolta dalla Chiesa a favore di tutti i colpiti dalla guerra.14
Zora Frank, presente a Canelli (Asti) al 06.10.1943, raggiungerà il campo di Santa Maria al Bagno in provincia di Lecce, Il nipote Fedor Frank e lo zio Herman non sono sopravvissuti alla Shoah.
Ferramonti, 18 dicembre 1942 - Signor Weihl Aron alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza Reverendissima, permettetemi che nella mia indicibile disperazione mi prenda la libertà di rivolgermi fiduciosamente e devotamente all’Eminenza Vostra Reverendissima […] Venni rinchiuso a Sachsenhausen in Germania in un campo di concentramento perché appartenente alla razza ebraica e per uscire dal quale mi azzardai a partecipare ad un viaggio clandestino diretto per la Palestina. Anche mia moglie, rimasta a Berlino, prese a sua volta la medesima decisione, spinta dal desiderio di ricostruire di nuovo il focolare domestico distrutto dagli avvenimenti storici e dopo aver messo in salvo la figlia inviandola pure clandestinamente in Olanda presso parenti ivi residenti, si imbarcò sulla nave “Patria”. […] All’ Eminenza vostra saranno ben note le circostanze del nostro naufragio con la piccola nave Pentcho e il conseguente nostro salvataggio da parte del governo italiano, il quale con alta generosità ci portò prima a Rodi e poi in questo campo di concentramento. Ben più triste sorte fu riservata a mia moglie. Nel porto di. Giurgevo in Romania ove il nostro gruppo si trovava per rifornimenti vedemmo passare la “Patria” con a bordo centinaia di fuggiaschi, tra cui mia moglie. […] Il sapere la mia consorte giunta alla meta mi diede forza fisica spirituale per sopportare le più svariate sofferenze inflitte durante lunghi mesi. Però il destino decise altrimenti. Mia moglie raggiunse sì la tanto bramata meta, ma non le era riservata la fortuna di mettervi in piede. Per lo scoppio della caldaia vennero tutti balzati in acqua e lei così vicina ai genitori e al figlio a cui era diretta vi annegò e mia figlia diciassettenne che credetti e sperai al sicuro venne invece quasi subito il suo arrivo ad Amsterdam, investita da un autocarro, riportando gravi ferite, di modo che dovette venir ricoverata in una casa di salute ove giacque per ben 9 mesi, soffrendo i più atroci dolori, minacciata dal pericolo di amputazione di una gamba. […] L'Olanda viene occupata e questa povera bambina viene deportata non ancora ristabilita in Germania per venirvi rinchiusa in un campo di concentramento. Salvatela Eminenza. Esaminate la profonda disgrazia della nostra famigliola. Essendo prossimo per partire per la Spagna per proseguire per poi oltremare aiutate, Eminenza Reverendissima, mia figlia Weihl Britta di Weihl Aaron, nata il 17 novembre 1925 a Berlino. Fate anche che possa raggiungermi alla mia attuale residenza onde intraprendere poi insieme la nostra definitiva emigrazione dall'Italia. Mia figlia da cui fin dal giugno non ho più alcuna notizia, si trova presumibilmente al campo di concentramento di Birkenau. Ma comunque la Gestapo di Berlino ne potrà dare gli schiarimenti necessari.
Appunto manoscritto Raccomando vivamente la domanda del disperato signor Weihl. Se c'è qualche speranza di riuscita prego di voler intervenire. Firmato Calisto Lopinot Cappellano del campo.
Roma, 7 gennaio 1943 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Domenico Marsigliese, arcivescovo di Rossano
Il signor Weihl, non ariano, internato nel campo di concentramento di Ferramonti ha chiesto l’interessamento della Santa Sede affinchè sua figlia, che probabilmente trovasi internata nel campo di concentramento di Birkenau, possa venire in Italia, Sono assai dolente di dover comunicare all'Eccellenza Vostra Rev.ma che purtroppo non è possibile nelle attuali circostanze venire incontro al desiderio del menzionato signore perché per una recente disposizione del governo italiano non si accordano visti neppure di transito a persone non Ariane. Prego l’Eccellenza vostra di voler far sapere quanto sopra al signor Weihl, aggiungendo che questa Segreteria di Stato non ha mancato di interessare la nunziatura di Berlino per cercare di avere qualche notizia sicura di sua figlia.
Roma, 7 gennaio 1943 - Segreteria di Stato del Vaticano al cardinale Cesare Orsenigo nunzio apostolico a Berlino.
La segreteria di Stato è stata pregata di interessarsi per avere qualche notizia sicura della signorina Britta Veihl, non ariana, internata probabilmente nel campo di concentramento di Birkenau presso Breslau.
Sarò grato all’Eccellenza Vostra di quanto potrà fare.
Berlino, 16 gennaio 1943 - Cardinale Cesare Orsenigo, nunzio apostolico a Berlino alla Segreteria di Stato
Eminenza reverendissima, mi è pervenuto il venerato dispaccio in data 7 corrente con il quale Vostra Eminenza esprime il desiderio di avere notizie della signorina Britta Veihl, non ariana, che si ritiene probabilmente Internata in un campo di concentramento presso Breslavia. Devo purtroppo comunicare a vostra Eminenza che le autorità ministeriali e di polizia non danno per principio notizie circa i non ariani. Tali notizie vengono date solo alla Comunità giudaica, la quale può comunicarle ai parenti degli internati. È però vietato ai non ariani di rivolgersi per tale scopo all'ufficio della Comunità giudaica. Sarebbe forse opportuno avvertire i parenti di seguire per le loro indagini questa via?
Appunto, a matita. Io penso che sia: Agli ariani perché diversamente non c'è il senso. Firmato D.
31 gennaio 1943 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Domenico Marsiglia, arcivescovo di Rossano.
Con foglio n.80/43 comunicai all'Eccellenza Vostra che questa Segreteria di Stato non aveva mancato di interessarsi per cercare di avere qualche notizia sicura della figlia del signor Weihl. È stato ora riferito alla Santa Sede che le notizie dei non ariani vengono date solo alla Comunità giudaica, la quale poi può comunicarle ai parenti degli internati. È però vietato agli ariani d rivolgersi per tale scopo all'ufficio della Comunità giudaica.
Appunto al lato: Riterrei opportuno non dire che la notizia è stata comunicata dalla nunziatura di Berlino.15
Britta Weihl non è sopravvissuta alla Shoah. Weihl Aron rimase a Ferramonti fino alla liberazione del campo. Il 16 agosto 1944 era presente nel Camp Transit 1 allestito dagli Alleati a Carbonara, frazione di Bari.
Cuorgnè, 19 maggio 1943 - Coniugi Cabilio Alberto e Bianca a monsignor Stepinac, Zagabria
I sottoscritti Cabilio Alberto e Bianca, coniugi, umilmente ricorrendo alla bontà d'animo dell'eccellenza vostra espongono [quanto segue]. Rifugiatisi, in seguito ai moti dello scorso anno in Croazia a Spalato furono dal governo italiano internati e inviati a Cuorgnè, provincia di Aosta dove attualmente risiedono colla figlia. Il loro figlio Samuele (detto King) non ebbe uguale fortuna e fu, fino da allora, inviato nel campo di concentramento di Jasenovac, dove si trova. Gli esponenti, per le gravi notizie avute in questi giorni sulla sua salute vivono in grande angoscia per lui, angoscia ben comprensibile dal vostro paterno cuore. Poiché la salute del loro figlio rifiorirebbe qualora potesse godere di una onesta libertà a cui ritengono possa giustamente aspirare, poiché mai partecipò a moti politici e religiosi e non ha altra colpa all'infuori di quella di non appartenere alla razza ariana fanno viva istanza alla bontà d'animo e al cuore paterno della Eccellenza Vostra, perché voglia, col suo potente ed efficace intervento, ottenere dalle competenti autorità la dismissione del loro predetto figlio dal campo di Jasenovac, onde possa raggiungere, se ciò gli sarà concesso, come sperano i supplicanti genitori, o almeno dedicarsi in libertà alle sue ordinarie occupazioni In patria procurandosi con un onesto lavoro il necessario per i bisogni della vita.
Cuorgnè, 19 maggio 1943 - Signora Ella Finzi a monsignor Stepinac, Zagabria
L’ esponente Ella Finzi nata Cabilio, invocando il vostro valido aiuto perché sia concesso di ricongiungersi al consorte, ingegner Mosè Finci e ridare così il padre loro a due piccoli gemelli nati dalla loro unione, fa presente alla eccellenza vostra [quanto [segue] Da oltre un anno risiede in Cuorgnè, provincia di Aosta, dove fu internata dal governo italiano dal quale aveva invocato protezione quando durante i moti sorti nella Croazia, sua patria, si era rifugiata a Spalato. Il marito ingegnere Mosè Finci non potette purtroppo raggiungere allora tale salvezza e per l'unica colpa di appartenere alla razza ebraica, fu internato nel campo di concentramento di Jasenovac, dove attualmente si trova. In questi giorni pervennero alla esponente dolorose notizie sulle condizioni di salute dello sposo e padre dei suoi teneri figli. E poiché la gravità delle notizie è tale da fare temere seriamente per la sua vita, se si prolungherà ancora la sua permanenza nel campo sopra indicato fa umile ricorso alla grande bontà d'animo e di cuore della eccellenza vostra, perché col suo autorevole appoggio voglia chiedere ed ottenere dalle competenti autorità che il marito sia dismesso dal campo di concentramento e possibilmente autorizzato a raggiungere in Cuorgnè la sposa e i figli che attendono con animo ansioso e trepidante o quantomeno ridato in patria al suo libero lavoro, dal quale ha sempre ricavato nel passato e ricaverà nell'avvenire o onestamente i mezzi per il sostentamento suo e della piccola famiglia.
Torino, 26 maggio 1943 - Monsignor Maurilio Fossati arcivescovo di Torino alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminentissimo e reverendissimo Signor mio, oso affidare alla Sua bontà e al suo autorevole interessamento le due pratiche che mi vengono consegnate dal rettore maggiore del mio seminario. Egli voleva che le appoggiassi al vescovo di Zagabria al quale sono indirizzate, ma credo che sia un giro inutile e una perdita di tempo, poiché non so quali rapporti intercorrano tra quel vescovo e il nostro governo. Veda l'eminenza vostra se può ottenere quanto vi si chiede a favore di queste due famiglie internate a Cuorgnè, in questa mia archidiocesi.
1 giugno 1943 - Copia di un appunto
Consegnata da Monsignor Cippico, Segretario dell’arcivescovo di Zagabria il 1 giugno 1943.
1) I coniugi Alberto e Bianca Cabilio internati a Cuorgnè chiedono la liberazione del figlio Samuele, detto King. dal campo di concentramento di Jasenovac. Samuele Cabilio sarebbe stato internato soltanto perché non ariano. E’ sofferente.
2) La signora Ella Finzi, nata a Cabilio, internata a Courgné, chiede la liberazione del marito, ingegner Mosè Finci, non ariano, dal campo di concentramento sopra indicato.
Roma, 9 giugno 1943 - Segreteria di Stato del Vaticano al cardinale Maurilio Fossati, arcivescovo di Torino.
In riscontro alla sua venerata lettera del 26 maggio, ultimo scorso mi do premura di significare all’Eminenza Vostra che, approfittando della presenza in curia dell’eccellentissimo, monsignor arcivescovo di Zagabria, ho affidato alla sua carità le pratiche Cabilio e Finzi. Il prelato, pur non nascondendo che nelle attuali circostanze non nutriva molte speranze in un esito favorevole, ha promesso di fare quanto gli sarà possibile nel senso desiderato.16
Cabilio Alberto, la moglie Bianca e la figlia Ella si allontanarono da Courgnè dopo l’8 settembre 1943 e riuscirono a mettersi in salvo in Svizzera. Mancano i dati essenziali per una ricerca sul destino di Samuele Cabilio e Moisè Finci.
Potenza 31 luglio 1942 - Signor Erich Bernard Cohen a monsignor Augusto Bertazzoni, Vescovo di Potenza e Marsico Nuovo
Eccellenza, oggi vi prego di aiutarmi ancora una volta. Vi prego di scrivere urgente al Vaticano o alla Nunziatura Apostolica di Boemia. Ho ricevuto la dolorosa comunicazione che lamia madre è morta improvvisamente a Hannover e che mio padre di età 82 è stato deportato il 17.7.1942 a Theresienstadt (Boemia) dove è probabilmente un campo di concentramento. Voi possete (sic) capire che io sono - l’unico figlio - molto triste e destato (sic) perché non posso aiutare. Vi prego di lasciare aiutare il mio vecchio padre a Theresienstadt a mandare denaro o anche atrimente (sic) che la sua situazione è alleggerita. Voglio volentieri pagare tutte le spese. Forse è una probabilità che mio padre può entrare in Italia.
PS Anche io ho sentito che non posso ricevere comunicazioni da Theresienstadt.
Potenza 10 agosto 1942 - Monsignor Augusto Bertazzoni, Vescovo di Potenza e Marsico Nuovo alla Segreteria di Stato del Vaticano
Eminenza Reverendissima, mi viene presentata l’unita preghiera perché interessi la Segreteria di Stato per avere notizie del padre del dott. Avv. Enrico Cohen deportato in Boemia. Penso che, per il tramite dell’Ecc.mo Incaricato d’Affari della Santa Sede si potrà conoscere lo stato di salute del deportato per confortare il cuore del figlio afflitto assai per la morte della mamma.
Roma, 12 agosto 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a Monsignor Augusto Bertazzoni, Vescovo di Potenza e Marsico Nuovo
Mi è pervenuta la stimata lettera di V.E.R. in data 10 corrente mese, con la quale raccomandava la supplica del sig. avvocato Erich B. Cohen, di fargli avere notizie del proprio genitore, che sarebbe stato deportato dalla Germania in Boemia. Al riguardo vi prego di significare a VE che questa Segreteria di Stato ben volentieri procurerà di fare quanto sarà in suo potere in ordine alla supplica in parola. E’per altro necessario che il menzionato avvocato le faccia conoscere il nome del padre e altre eventuali indicazioni che possano facilitarne la richiesta.17
Cohen Erich Bernard fu trasferito da Potenza ad Arezzo nel gennaio del 1943. Era ancora nella città il 14 agosto 1944. Il padre, Cohen Oskar è perito nella Shoah
Washington, 31 gennaio 1944 - Rabbino Arturo Bogner alla Segreteria di Stato del Vaticano
Telegramma
Rabbino Arturo Bogner di Washington supplica Santa Sede procurare alla cognata Sara Roth Stein (sic) di lei marito et loro due bambini rifugiati dalla Jugoslavia in Italia ed internati Vicenza passaporto di qualche Repubblica Sud America, preferibilmente Venezuela o Colombia; egli è disposto sostenere relative spese viaggio.
Roma, 31 gennaio 1944 - Appunto firmato da Monsignor Angelo Dell’Acqua - Caso famiglia Rothstein -
L’Eccellentissimo Delegato Apostolico di Washington è stato pregato dal Rabbino Bogner di interessarsi perché la S.Sede procuri a detta famiglia, che si trova internata a Vicenza, un passaporto di una Repubblica sud-americana.
Non saprei proprio che cosa fare per ottenere il desiderato passaporto. A quale legazione rivolgersi? I rappresentanti delle Repubbliche sud-americane residenti in Vaticano hanno la facoltà di rilasciare i passaporti? E anche avendo tali facoltà, come far pervenire i passaporti agli interessati? E come potranno ottenere il visto di uscita dall’Italia? Senza dire poi che la Polizia italiana repubblicana e soprattutto quella tedesca, qualora loro si richiedesse di mettere il visto di uscita, si accorgeranno che i passaporti furono rilasciati dai Rappresentanti diplomatici che risiedono in Vaticano: si potrebbero, quindi, avere spiacevoli conseguenze. Né conviene che la Santa Sede intervenga presso il Governo Repubblicano italiano. Dell’Acqua
Appunto manoscritto a firma P. aggiunto - La Commissione soccorsi non vede come poter evadere il desiderio del Rabbino Bogner.18
Rotstein Giuseppe, la moglie Sara Lichting, i figli Leopoldo e Miriam si allontana da Malo, in provincia di Vicenza, il 14.09.1943. Raggiunto il sud dell'Italia, nel luglio del 1944 si imbarcano a Napoli, sulla nave Henry Gibbins che portò 982 rifugiati (di cui 874 erano ebrei) negli Stati Uniti. L'intervento umanitario fu fortemente voluto dal presidente Franklin Delano Roosevelt.
UN CASO ESEMPLARE - Enrico Levi e la moglie Gabriella Kazar internati a Sandonato Valcomino in provincia di Frosinone
San Donato Val Comino, 24 ottobre 1940 - Don Donato Di Bona, parroco di Sandonato a monsignor Angelo Dell’Acqua
Nella mia parrocchia in Sandonato, diocesi di Sora vi sono parecchi ebrei, internati politici, provenienti quasi tutti da Firenze. Una di queste famiglie desidera di andare all'America del Sud (Brasile) e chiede a codesta Segreteria come regolarsi per espletare le pratiche e se è possibile avere un aiuto per l'espletamento di esse, pronta a dare tutte le informazioni che si richiedono. La famiglia è composta di tre persone. I genitori con un figlio. Il Padre Levi Enrico fu Ignazio e di Spiritus Ester. La madre Kazar Gabriella di fu Giuseppe e di fu Zinner Gisella, nata a Budapest nel 1913, 4 agosto. Figlio Raffaele Italo, nato a Firenze nel 1934, 4 luglio. Sono sprovvisti di mezzi. Hanno passaporti apolidi, avendo avuto in precedenza la nazionalità polacca di razza ebraica e scadono i passaporti a Marzo 1941.
San Donato, 1maggio 1942 - Enrico Levi a Papa Pio XII
Io sottoscritto Levi Enrico fu Ignazio e di Spiritus Ester, di nazionalità apolide, internato in San Donato Val Comino, (Frosinone) perché di origine ebraica, pur avendo la madre che è di razza ariana, rivolgo questa supplica a V. Santità. Sono venuto in Italia nell'ottobre 1917, mi sono ammogliato nel 1931, ho avuto fissa residenza nel Regno dal 1°maggio 1926. Il primo figlio mi è nato a Firenze il 4 luglio 1934 e ne attendo un secondo fra qualche giorno. Io e tutta la famiglia siamo cattolici di profonda fede cristiana e di sentimenti italiani. Ero iscritto al Partito nazionale fascista per meriti speciali, essendo artista teatrale e direttore di compagnie, ho prestato gratuitamente la mia opera per opere assistenziali del regime e col permesso del parroco qui a San Donato ho preparato due spettacoli sacri e precisamente a Natale, la nascita di nostro signore Gesù Cristo ed ora a Pasqua la passione del Signore. Vista preclusa ogni altra via ho pensato in questo mese sacro alla Madonna di rivolgermi a vostra Santità e supplicarla di intervenire, possibilmente a favore di questa mia giovane famiglia cristiana presso il Ministero degli Interni italiani perché sia liberata ed eventualmente riconosciuta la sua arianità per parte della madre e possa quindi lavorare e guadagnarsi onestamente la vita.
Roma, 11 giugno 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Vescovo di Sora.
Il signor Levi Enrico, non ariano, internato a San Donato Val Comino, ha chiesto l'intervento della Santa Sede presso le competenti autorità italiane per essere rimesso in libertà. Questa segreteria di Stato, pur non essendo troppo incoraggiata da altre esperienze fatte in casi analoghi, non sarebbe aliena dal compiere un passo in proposito, qualora. L'eccellenza vostra giudichi il signor Levi meritevole dell'interessamento della Santa Sede.
Sora, 1 luglio 1942 - Monsignor Michele Fontevecchia vescovo di Sora alla Segreteria di Stato
Eminenza reverendissima, riscontro il venerato foglio di vostra Eminenza Reverendissima in data 11 giugno. Il parroco del signor Levi Enrico mi dà le seguenti informazioni: “La condotta del signor Levi Enrico in tutto il tempo della sua permanenza a San Donato mi fa giudicare favorevolmente riguardo alla domanda da lui rivolta alla Santa Sede. Posso dire che, a differenza degli altri internati qui a San Donato, la famiglia di Levi è l'unica veramente ben vista dalle autorità civili e politiche e dal popolo”. Da parte mia posso aggiungere che la famiglia composta dal padre della madre e di un figlio è passata da parecchio tempo alla religione cattolica. Io stesso ho amministrato i sacramenti del battesimo, della cresima e della eucarestia al signor Enrico che li ha ricevuti con manifesti, segni di convinzione e di fervore.
Roma, 10 luglio 1942 - Segreteria di Stato del Vaticano a Padre Pietro Tacchi Venturi
La Segreteria di Stato è stata pregata di opportunamente adoperarsi perché la famiglia del signor Levi, Enrico, internata San Donato Valcomino, venga rimessa in libertà. La paternità vostra reverendissima farebbe cosa assai gradita se volesse compiacersi di compiere un passo in proposito.
San Donato, 21 settembre 1940 - Signora Gabriella Kazar a Segretariato della Città Santa.
Avendo sentito da una signora che vi interessate delle emigrazioni, così mi permetto di scrivervi. Io sono di nascita ungherese per matrimonio ho acquistato la nazionalità polacca, per il momento con passaporto apolide. Ho un bambino di anni sei. Per il momento mio marito si trova internato provincia di Cosenza. Io con mio figlio mi trovo internata a San Donato Val di Comino, essendo straniera e di razza ebraica. Io mi trovo priva di mezzi e non lo so se anche così può essere preso in considerazione il mio desiderio di emigrazione. Vi prego di rispondermi in merito con distinti saluti. Gabriella Kazar Levi.
Roma 5 ottobre 1940 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Michele Fontevecchia, vescovo di Sora, Aquino e Pontecorvo.
La signora Gabriella Kazar in Levi, non ariana, attualmente internata nel campo di concentramento di San Donato di Val di Comino, in data 21 settembre si è rivolta a questa Segreteria di Stato per ottenere, con l'appoggio della Santa Sede il visto di emigrazione in Brasile. La signora purtroppo non può essere presa in considerazione perché non è raccomandata da alcuna autorità ecclesiastica. Dall'esposto non risulta che la supplicante si sia convertita. Il governo brasiliano invero ha tassativamente stabilito che il visto in parola sia rilasciato soltanto ai non ariani che possono documentare di aver ricevuto il battesimo in data anteriore al 1935 e vengono presentati come buoni cattolici. Prego pertanto l’eccellenza vostra di volersi compiacere di portare a conoscenza dell’interessata Se e nel modo che crederà opportuno quanto sopra.
Roma 21 novembre 1940 - Appunto - Vescovo di Sora raccomanda una signora non ariana.
22 novembre 1940 - Appunto, a matita - Rispondere che per ora almeno non è possibile.
Sora 16 novembre 1940 - Monsignor Michele Fontevecchia, vescovo di Sora, Aquino e Pontecorvo alla segreteria di Stato del Vaticano.
Eminenza Reverendissima, ho comunicato il contenuto della sua venerata del 5 ottobre alla signora Gabriella Kazar in Levi. La stessa signora esprime a mio mezzo in più, sentiti ringraziamenti per l'interessamento dimostrato da parte della Segreteria di Stato, di Sua Santità e mi prega domandare se non potendosi avere un passaporto per il Brasile, sia possibile averlo per qualche altro Stato e preferibilmente Honduras.
Roma, 26 novembre 1940 - Segreteria di Stato del Vaticano a monsignor Michele Fontevecchia, vescovo di Sora, Aquino e Pontecorvo.
In data 18 novembre l’eccellenza, vostra reverendissima faceva presente a questa Segreteria di Stato che la signora Gabriella Kazar in Levi, internata nel campo di concentramento di San Donato di Val di Comino, non potendo ottenere il visto di emigrazione in Brasile, ne vorrebbe uno per l'Honduras. Sono dolente di doverle comunicare che è purtroppo impossibile favorire la menzionata signora avendo tutti i governi americani emanato norme ristrettissime in merito all'immigrazione di non ariani.19
Levi Enrico, la moglie Gabriella Kazar, il figlio Raffaele Italo e la figlia Noemi, nata il 12 giugno 1942, saranno arrestati a San Donato Val Comino il 6 aprile 1944. Saranno deportati da Fossoli ad Auschwitz il 16 maggio 1944. Si salverà solo il padre Enrico.