a cura di Anna Pizzuti
Il 1939: verso gli accordi
In generale gli interventi del Vaticano in favore degli ebrei furono discreti, se non confidenziali. […]
L’operazione brasiliana non fu, all’inizio, nemmeno annunciata.
Nel gennaio del 1940 un rapporto dell’ambasciata tedesca presso la Santa Sede informò Berlino che il nuovo volume « Attività della Santa Sede » aveva menzionato il fatto «non pubblicato fino ad allora» dell’aiuto agli ebrei. La pubblicazione annuale del Vaticano riferiva, tra l’altro, che la Santa Sede aiutava «delle persone considerate di razza non ariana e costrette per questo motivo dalle leggi di certi Stati a emigrare in paesi amici e ospitali».1
In realtà la voce che negli uffici vaticani ci si occupasse in qualche modo di dare aiuto a persone di discendenza ebraica che cercavano di emigrare si era diffusa, anche se in maniera distorta.
Dalla Serie Ebrei
A testimoniarlo è la richiesta di informazioni inviata alla Segreteria di Stato Vaticana dall’Arcivescovo di Gorizia l’11 febbraio del 1940, quando gli accordi con il Brasile erano ancora in discussione.
Eccellenza Reverendissima, - scrive il prelato - mi si dice qui con insistenza che presso la Segreteria di Stato di Sua Santità funziona un ufficio di assistenza per i poveri israeliti costretti dalle recenti leggi ad abbandonare i luoghi di loro residenza. Non ho sentito prima parlare di simile istituzione, ma nel dubbio che essa esista davvero ardisco di segnalare un caso degno di attenzione.
E qui l’Arcivescovo presenta il caso di una anziana coppia di ebrei residenti a Vienna che desidera raggiungere i parenti che vivono a Gorizia.
Questa tipologia di richieste non è attinente all’argomento che si sta sviluppando in questa parte della ricerca e che sarà approfondito più avanti. Lo è, invece, la risposta della segreteria di Stato all’Arcivescovo di Gorizia, datata 16 febbraio 1940.
Mi affretto a comunicarle che presso la Segreteria di Stato non funziona, come è stato riferito a Vostra eccellenza, un vero Ufficio di soccorso per gli israeliti. La Segreteria di Stato, tuttavia, non manca di interessarsi degli ebrei, specie se convertiti, e si adopera sia per favorire la loro emigrazione in paesi ospitali, particolarmente dell’America del Sud, sia perché le disposizioni “razziali” italiane siano applicate con clemenza nei loro riguardi. Molte e non facilmente superabili sono le difficoltà che si frappongono per portare un efficace aiuto a questi infelici. Invero anche i governi delle Repubbliche del Sud America hanno di recente emanato disposizioni molto restrittive a riguardo dell’immigrazione di persone comunque considerate di stirpe non ariana e purtroppo i provvedimenti “razziali” italiani sono tuttora rigorosamente applicati dal Governo.2
Nel mese di febbraio del 1940, quando il vescovo di Gorizia scrive alla Segreteria di Stato, le trattative con il governo brasiliano erano ancora in corso, ma a Roma già da qualche tempo la diplomazia vaticana, alle prese con le richieste che le giungevano da più parti, sembra anticipare almeno procedure che verranno sancite con gli accordi successivi. In questo caso, tuttavia, i richiedenti non sono rifugiati, bensì italiani.
Lo si scopre attraverso la lettura dei documenti contenuti nel fascicolo intestato ai coniugi Guido Guastalla e Silvana Guidi residenti a Roma.
Il 10 luglio 1939 i due vengono presentati e raccomandati alla Segreteria vaticana da Monsignor Gaetano Carollo, vescovo vicario di Roma. Essi, come si legge in un appunto, domandano una raccomandazione per l’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede per poter ottenere con sollecitudine il permesso di colà emigrare. Già si trovano in Brasile alcuni loro conoscenti.
Il 13 luglio successivo, senza ulteriori richieste di informazioni sulla coppia, la Segreteria di Stato raccomanda al cortese interessamento dell’Eccellentissima Ambasciata brasiliana presso la Santa Sede il suddetto caso.
Il 18 successivo dall’Ambasciata rispondono di aver trasmesso al governo brasiliano tutto l’incartamento relativo ai signori Guastalla. Il 29 settembre la stessa Ambasciata avverte che già sono state trasmesse istruzioni al servizio consolare dell’Ambasciata presso il Quirinale per la concessione del visto in questione. Il 2 ottobre 1939 la Segreteria può comunicare a monsignor Carollo che ai coniugi Guastalla è stato concesso il permesso di immigrazione in Brasile.3
Qualche settimana dopo - l’8 agosto 1939 - si registra, invece, qualche incertezza su come procedere.
Accade nel caso dei coniugi Arturo Rosenthal e Maria Malli Grungeld, ex ebrei tedeschi, residenti a Moltrasio, in provincia di Como e raccomandati alla Segreteria di Stato dal Vescovo di quella diocesi.
I due chiedevano di potersi trasferire in Brasile presso il figlio che vi viveva da tempo. La Segreteria di Stato, tuttavia - contrariamente al modo in cui ha agito nel caso precedente - sembra non voler intervenire direttamente nel caso.
Nella risposta indirizzata a Mons. Alessandro Macchi vescovo di Como si legge che:
Accogliendo il desiderio e la raccomandazione dell’Ecc. V. Rev.ma, in data 28 luglio 1939 , a favore dei coniugi Arturo Rosenthal e Maria Malli Grungeld, i quali desiderano raggiungere i loro figli in Brasile mi pregio informarla che ho interessato la Nunziatura Apostolica di Berlino a raccomandarli all’Associazione St. Raphaelsverein di Amburgo che si occupa di tali pratiche.
La comunicazione al Nunzio a Berlino viene inviata il 29 agosto, dopo di che il fascicolo si chiude.
Il 17 settembre 1939 viene aperto un nuovo fascicolo intestato ancora al signor Rosenthal.
Sulla copertina vengono aggiunti alcuni appunti:
1) i documenti che, secondo la prima richiesta, sarebbero stati presentati – in particolare il certificato di battesimo – non sono mai arrivati alla segreteria ma furono consegnati a Padri Pallottini i quali penseranno alle relative pratiche presso le autorità brasiliane;
2) il governo italiano rilascia passaporti speciali per le persone senza nazionalità o di nazionalità dubbia (il che lascerebbe intendere che i passaporti del signor Rosenthal erano scaduti).
Stando ai documenti successivi, è la signora Rosenthal che riprende i rapporti con la Segreteria di Stato nel gennaio del 1940, assicurando di avere i mezzi per il viaggio e continuando a sollecitare un passaporto o un permesso equivalente.
Il 24 gennaio 1940 i coniugi Rosenthal riceveranno finalmente il visto. Da una nota inviata il 7 settembre dalla Segreteria di Stato all’ambasciata di Spagna, apprendiamo, tuttavia, che la partenza della coppia non è ancora avvenuta, perché manca loro il visto di transito per quella nazione. Lo riceveranno, grazie anche alle pressioni del cardinale Montini, il 24 gennaio 1941.4
La linea diretta con il cardinale Benedetto Aloisi Masella, Nunzio Apostolico in Brasile, sembra essere più efficace di tante altre azioni condotte dopo la firma degli accordi tra governo brasiliano e Vaticano.
Il 13 novembre 1939 arriva alla Segreteria di Stato vaticana la supplica del signor Guglielmo Keleti, ungherese di nascita, di origine ebraica. L’uomo, colpito come tanti dal decreto di espulsione degli ebrei stranieri del settembre 1939 deve lasciare l’Italia e così ha deciso di emigrare in Brasile.
La Segreteria di Stato si rivolge al cardinale Schuster pregandolola di volersi compiacere di comunicar[mi] le opportune informazioni circa il predetto signore [Guglielmo Keleti] e qualora V.E. ritenga che il caso meriti l’interessamento della Santa Sede.
Le informazioni fornite dal cardinale sono rassicuranti, quindi il 27 maggio 1939 parte da Roma una nota indirizzata al cardinale Benedetto Aloisi Masella, Nunzio Apostolico in Brasile, nella quale lo si informa che il signor Keleti e la sua famiglia desiderano emigrare in Brasile. La nota è accompagnata da un promemoria che contiene tutte le informazioni acquisite sul signor Keletie moglie.
Il 13 novembre del 1939 arriva in Segreteria una comunicazione da Rio del Janeiro da parte del cardinale Aloisi Masella il quale informa che il governo brasiliano ha concesso la licenza di venire in Brasile non solo al signor Keleti, ma anche ai signori Federico Loew residente a Milano (e per i due viene informato il cardinale Schuster) Enrico Pietro Gruen residente in Londra (per il quale è stato informato il monsignor Montini), Ernesto Gyorgy residente in Savona (per il quale è stato avvisato il vescovo della città), Ugo Fraenkel residente a Trieste (già partito per il Brasile) e al signor Gustavo Konpfelmacker, residente a Milano (raccomandato dall’Em.mo cardinale Pizzardo per mezzo di mons. G. Trezzi).
Il 7 dicembre del 1939 la Segreteria di Stato, nel ringraziare il Nunzio Aloisi Masella, lo informa che il Santo Padre si è vivamente compiaciuto della caritatevole attività alacremente spiegata dall’Eccellenza Vostra in favore di molti infelici. Mentre ringrazio l’eccellenza Vostra della cortese comunicazione, la prego di rendersi interprete presso cotesto Governo dei sentimenti di gratitudine della Santa Sede, la quale con particolare interesse segue la benefica opera che da tempo il governo brasiliano va compiendo per alleviare tante miserie e sofferenze.5
A partire dal mese di febbraio del 1940, se pure in via ancora ufficiosa, viene riconosciuta anche alla Segreteria di Stato la funzione di tramite tra i richiedenti i visti e la sede diplomatica brasiliana presso la Santa Sede.
Lo si legge in un appunto manoscritto contenuto nel fascicolo intestato al signor Otto Hirschensohn, datato 4 febbraio 1940:
L’ambasciatore del Brasile presso la Santa Sede mi ha detto che favorirà volentieri coloro che gli saranno raccomandati dalla Segreteria di Stato.
Il signor Otto Hirschensohn, residente a Milano e segnalato alla Segreteria di Stato dal Canonico Maino6, viene raccomandato all’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede il 4 febbraio 1940.
Il 7 febbraio arriva la risposta:
L’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede ha l’onore di comunicare alla Segreteria di Stato di Sua Santità di aver ricevuto la sua nota n°934/40 del 4 corrente, che raccomandava il signor Otto Hirschensohn che desidererebbe stabilirsi in Brasile. Nota di cui questa Ambasciata si è impegnata a trasferire il testo all’Ambasciata del Brasile in Italia.7
La notizia dei 3000 visti messi a disposizione dal governo brasiliano arriva a Padre Pietro Tacchi Venturi nell’aprile del 1940, un mese dopo la firma dell’accordo.
Il prelato manifesta al Cardinale Maglione la sua soddisfazione e ne approfitta per raccomandare la famiglia Goldschmidt esemplarmente cattolica i cui numerosi membri rischiano il rimpatrio in Germania se non riusciranno ad approfittare di questa opportunità. Allegati alla nota, tutti i documenti necessari.
Il 10 aprile 1940 la Segreteria di Stato chiede all’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede di volersi compiacere di benevolmente includere il su detto) caso nel numero dei 3000 cattolici non ariani autorizzati ad immigrare nel Brasile.
A stretto giro di posta, l’Ambasciata vuole sapere se tutti i membri della famiglia siano realmente convertiti; la Segreteria si affretta a garantirlo ed il visto viene accordato.
I Goldschmidt non riescono ad imbarcarsi a Genova, come ancora si poteva fare, e, per non far scadere il visto, ripiegano su Lisbona. Ed è sempre la Segreteria di Stato a rivolgersi all’ambasciata portoghese perché sia concesso loro un visto di transito.8
Inizia a questo punto ad emergere un problema che si porrà spesso in seguito, quello cioè di come ottenere i visti di transito per raggiungere Lisbona, l’unico porto dal quale, a seguito dell’entrata in guerra dell’Italia, sarebbero partite le navi dirette verso il Brasile.
I casi presentati finora, anche se in numero ridotto, fanno emergere una particolarità che si ritroverà in tutti gli altri che, nella Serie Ebrei, riguardano la concessione del permesso di ingresso in Brasile agli ebrei battezzati.
Non era necessaria solo la raccomandazione della Segreteria di Stato all’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede, ma chi presentava la propria richiesta doveva cercarsi una raccomandazione preliminare, possibilmente di un prelato, meglio se nell’ambiente stesso del Vaticano o vicino ad esso, o di qualche importante personalità politica. A queste persone spettava il compito di assicurare che il loro protetto era un cattolico convinto e dal comportamento esemplare. Quando questa raccomandazione mancava, la Segreteria si rivolgeva al vescovo della diocesi di appartenenza, chiedendo le dovute informazioni. Solo se queste erano positive – e a volte accadeva che non lo fossero9 - la Segreteria passava la sua raccomandazione all’Ambasciata brasiliana presso la Santa Sede.
Non compare, invece, finora, il problema della data del battesimo.
Questo, però, costituirà a breve un altro punto dirimente sulla possibilità o meno di emigrare. Come si è visto nella parte normativa, gli accordi prevedevano il 1933 come limite entro il quale il battesimo doveva essere avvenuto. Questo limite subito fu tolto, ma non sembra che, al suo posto, se ne stabilisse uno definitivo.
Si vedrà, infatti, leggendo le motivazioni dei rifiuti di raccomandazione opposti a molte delle richieste, che questo limite variava e non è dato sapere, almeno allo stato delle ricerche, a quale livello fossero decisi i cambiamenti.10
Accanto a questi aspetti procedurali, sempre dai primi casi emerge un ulteriore problema che renderà difficoltosa o che impedirà l’emigrazione verso il Brasile anche dopo la concessione del permesso di ingresso: ottenere i visti di transito per raggiungere Lisbona, l’unico porto in cui potersi imbarcare verso l’America Meridionale. Uno dei primi esempi si rinviene nel caso che segue.
Il caso del signor Otto Hirschensohn, che nel febbraio del 1940 aveva ottenuto l’appoggio della Segreteria di Stato alla richiesta di visto di ingresso in Brasile per sé e per sua moglie è stato già citato, perché nel suo fascicolo è presente l’appunto in cui si legge che l’Ambasciatore del Brasile presso la Santa Sede […] favorirà volentieri coloro che gli saranno raccomandati dalla Segreteria di Stato.
All’interno della medesima Posizione, si rinviene un fascicolo che contiene nuovi documenti relativi allo stesso caso, ma che è intestato a Monsignor Giuseppe Maino, il canonico milanese che a suo tempo lo aveva raccomandato.
E’ proprio quest’ultimo che pone il problema dei visti di transito per tutte le nazioni che si dovevano attraversare per raggiungere Lisbona.
Quando il signor Hirschensohn si vede negare la raccomandazione, il Canonico scrive all’Ambasciata spagnola per chiedere spiegazioni e suggerimenti su come risolvere il problema.
L’unica via che gli viene indicata è quella di chiedere alla Segreteria di Stato vaticana di interessare di questa pratica S.E. il Nunzio della S. Sede a Madrid il quale è pregato di presentare la domanda alla Division General Seguridad – Madrid, per ottenere da questa l’autorizzazione al Consolato di Spagna in Milano di rilasciare un visto transito Brasile piroscafo Ciudad Sevilla, 4/8 Cadiz per suddito germanico.
Un appunto a matita datato 17 luglio 1940 dimostra che la Segreteria di Stato si sta già interessando al problema che incontrano i suoi raccomandati.
E’ già stato fatto un Appunto all’Ambasciata di Spagna presso la Santa Sede. Inutile interessare Mons. Nunzio, perché è già stato pregato d’ottenere dall’Ambasciata presso la Santa Sede possa autorizzare la concessione del visto di transito in quei casi segnalati dalla Santa Sede.
In contraddizione con quanto si legge nell’appunto, La Segreteria di Stato si affretta a scrivere al Nunzio Apostolico a Madrid, ottenendo, come risposta, dall’ambasciata di Spagna che la pratica, per lui e per sua moglie Anny, è stata avviata.
Otto Hirschensohn riuscì ad imbarcarsi il 4 agosto del 1940, ma non evidentemente sua moglie.
Sempre nella stessa posizione, infatti, esiste un terzo fascicolo intestato a suo nome, ma che contiene documenti relativi alla moglie Anny la quale – evidentemente rimasta a Vienna, nonostante la precedente assicurazione fornita dall’Ambasciata spagnola - nel mese di novembre del 1940 chiede appoggio per raggiungere il marito che si trova a San Paolo. Sarà però il St.Raphaelsverein a fare in modo che l’autorizzazione ad accordare il visto arrivi al consolato del Brasile a Vienna.11
4 marzo 1940: l’accordo definitivo
Oltre al canonico Maino, si incontrerà spesso come corrispondente della Segreteria di Stato il vescovo di Trieste, monsignor Antonio Santin.
In questo caso, più che la sua lettera di raccomandazione per il signor Ermanno Grun, nato e residente a Trieste che, tra l’altro, manca, è interessante la risposta della Segreteria Vaticana, datata 31 maggio 1940 attraverso la quale si precisano altri aspetti dell’accordo avvenuto tra il Vaticano e il governo brasiliano.
Al riguardo mi affretto a parteciparle che la generosa concessione dell’Ecc.mo Signor Presidente della Repubblica del Brasile, con la quale si autorizza l’ingresso in quella Repubblica di un determinato numero di israeliti di religione cattolica,concerne gli ebrei che si sono convertiti da qualche anno [la sottolineatura è nel testo] e, in via ordinaria, quelli di origine tedesca o residenti nei territori occupati dalle truppe germaniche. Pertanto al sig. Grun, che come cittadino italiano non è costretto a lasciare l’Italia12, solo in via straordinaria [la sottolineatura è nel testo] potrà essere concesso il visto. Occorre però sapere: a) se tutta la famiglia Grun intende emigrare nel Brasile; b) quando detta famiglia si è convertita, perché se la conversione è avvenuta nell’anno 1939 non potrà esserle concesso il visto di immigrazione; 3) presso quale Consolato brasiliano saranno svolte le necessarie pratiche di immigrazione.
Il Vescovo di Trieste il 27 novembre 1940 risponde fornendo particolari sulla famiglia Grun, che risulta convertita dal 1938 in Polonia e che intende svolgere le pratiche di emigrazione presso il Consolato brasiliano di Roma. Il ritardo nella richiesta è dovuto all’incertezza sull’esito della pratica di discriminazione che tarda ad arrivare.
Il 6 dicembre la Segreteria di Stato gli risponde: sono dolente di dover comunicare all’Ecc. Vostra rev.ma che, purtroppo è ora impossibile favorire la su indicata famiglia perché le Autorità Brasiliane neanche in via eccezionale possono derogare alle disposizioni di recente impartite dal loro governo circa la data di battesimo (almeno 1934) dei non ariani convertiti ad immigrare in quella Repubblica.13
Ad accomandare le istanze perché la Segreteria di Stato si facesse carico della richiesta del visto per il Brasile furono presentate anche dall’Ambasciata polacca presso la Santa Sede.
Fu questo il caso della signorina Anna Stefania Rode - cittadina polacca d’origine - non ariana, di religione cattolica, che desiderava ottenere dalla Segreteria di Stato una raccomandazione che avrebbe facilitato la concessione di un visto per trasferirsi in Brasile.
Alla richiesta viene allegato il documento di battesimo autenticato. Il 5 giugno 1940 la raccomandazione viene inviata all’ambasciata del Brasile presso la Santa Sede ed entro breve tempo il visto verrà concesso.
Nello stesso fascicolo è presente la richiesta di visto da parte di Anna Stefania Rode per il suo fidanzato Zins Bogdan, battezzato nel 1939 e al momento internato come ebreo straniero e impossibilitato a seguire di persona le pratiche per l’emigrazione. In questa istanza è presente un passaggio che va ad inserirsi nella questione dell’anno di battesimo posto come limite dal Governo brasiliano: Il termine di battesimo è considerato troppo recente - si legge in una comunicazione all’Arcivescovo di Milano, città nella quale i due risiedevano - però il segretario dell’Ambasciata del Brasile mi dichiarò che un esplicito appoggio ed intervento della Santa Sede avrebbe potuto far sì che il visto avrebbe potuto (sic) essere accordato.14
Il 15 giugno 1940 il Canonico Maino scrive rivolgendosi direttamente al cardinale Luigi Maglione, Segretario di Stato:
Eminenza, il signor Fritz Gruenbaum ha ottenuto, mercè i buoni uffici di V. Eminenza presso l’Ambasciata del Brasile, il Visto di entrata in quel paese. Siccome dall’Italia non partono piroscafi per il Brasile, egli ha pensato di recarsi per linea aerea Roma-Barcellona in Spagna e di imbarcarsi da quel porto. Pertanto supplica V. Eminenza di volerlo raccomandare all’Ambasciatore di Spagna presso la Santa Sede perché gli venga accordato il permesso di transito in Spagna.
La risposta della Segreteria di Stato, datata 29 giugno 1940, viene inviata – come sempre nel caso delle raccomandazioni del canonico Maino - al cardinale Schuster e non lascia molte speranze.
Mi pregio di comunicare all’Eminenza vostra Rev.ma che questa Segreteria di Stato, pur senza nutrire molte speranze di riuscita, non ha mancato di segnalare il caso all’Ambasciatore di Spagna presso la SS.
L’Ambasciata risponde rimandando alle decisioni del Consolato di Spagna.
Seguono altre raccomandazioni, ma il fascicolo si chiude senza una risposta da parte degli uffici spagnoli.15
Arriva da Milano, inviata sempre dal canonico Maino il 1? agosto 1940, la segnalazione della richiesta del signor Abramo Simon di appoggiare la sua istanza per ottenere il visto di ingresso in Brasile. Il canonico sottolinea che per il viaggio il signor Simon può pagare tutto personalmente.
Anche in questo caso, però, come si legge nella risposta al Cardinale Schuster, il problema è la data del battesimo.
Roma, 03.08.1940 (copia dattiloscritta e revisionata della lettera) Con foglio di cotesta Curia Arcivescovile, in data 1° agosto 1940 è stato raccomandato a questa Segreteria di Stato il signor Simon Abramo, cattolico non ariano, battezzato nel settembre 1938, desideroso di ottenere il visto consolare per il Brasile. Mi valgo della circostanza per far presente all’Eminenza Vostra Reverendissima che, nel fissare le condizioni e le modalità per l’entrata in Brasile di 3000 cattolici non ariani, fu stabilito potevano essere compresi in tale numero solo coloro che risultassero battezzati al più tardi nell’anno 1937.
(APPUNTO A LATO: L’abbiamo stabilito noi? No. Si dirà quindi che è il Governo Brasiliano che ha stabilito così, noi non possiamo fare nulla). Mi rincresce pertanto doverLe significare che nel caso accennato la Santa Sede non potrà fare i passi consueti presso l’ambasciata del Brasile.
Il 6 settembre 1940 il canonico Maino invia una nota, questa volta a nome del Cardinale Schuster, con la quale corregge le informazioni datein precedenza, comunicando che sono state condotte ulteriori inchieste presso la Parrocchia del rione in cui abita il signor Simon dalle quali è risultato che il battesimo del signor Simon è avvenuto nel 1936.
La Segreteria di Stato risponde il 5 ottobre successivo:
Con foglio del 6 settembre u.s. il Rev.mo Can. Maino di codesta Curia Arcivescovile trasmetteva cortesemente a questa Segreteria di Stato Le richieste informazioni circa il sig. Abramo Simon, cattolico dal 1936, il quale aveva domandato l’interessamento della S. Sede per poter emigrare in Brasile. Sono dolente di dover comunicare all’Em.Rev.ma che non è possibile accogliere l’istanza del Signor Simon, perché questa Ambasciata Brasiliana presso la Santa Sede ha di recente fatto sapere che la concessione dei visti a sua disposizione sarà, d’ora innanzi ristretta ai non ariani battezzati prima del 1935.16
Quasi negli stessi giorni in cui veniva trattato il caso di Abramo Simon, è sempre il canonico Maino che segnala alla Segreteria di Stato l’intenzione di emigrare in Brasile del signor Giacomo Sessler cattolico non ariano battezzato nel 1938. La segnalazione è accompagnata dall’attestato di un sacerdote suo amico cui il canonico aggiunge la sua raccomandazione con preghiera di appoggio presso Sua Eccellenza l’Ambasciatore del Brasile.
Nel fascicolo non ci sono altri documenti tra la richiesta del canonico e la nota che la Segreteria di Stato invia al cardinale Schuster il 27 luglio 1940 che si conclude nel modo che segue:
Prevedo però che la pratica incontrerà non poche difficoltà perché, come è noto alla SV, la menzionata ambasciata ha di recente fatto sapere alla Segreteria Di Stato che non accorderà il visto a quegli ebrei che si sono convertiti dopo l’anno 1937.
Contrariamente ai dubbi della Segreteria di Stato, il 5 agosto viene comunicata la concessione del visto al signor Sessler.17
Il caso che segue contiene una ulteriore eccezione alle regole.
Roma, 7 agosto 1940 - L’ambasciata di Polonia raccomanda alla benevolenza della Segreteria di Stato di Sua Santità, il signor Stanislau Pfeffer e suo fratello Henryk Pfeffer cittadini polacchi, di religione cattolica, di razza non ariana che vorrebbero ottenere un visto per il Brasile, dove essi si propongono di emigrare.
Stanislau e Henryk Pfeffer sono conosciuti a questa Ambasciata come degni di fiducia e di soccorso.
Probabilmente i due fratelli andarono direttamente in Segreteria di Stato ad integrare le scarne informazioni fornite dall’Ambasciata polacca, con altre notizie che si leggono nella nota di raccomandazione all’Ambasciata brasiliana presso la Santa sede trasmessa il 13 agosto dalla Segreteria di Stato all’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede:
I fratelli di nazionalità polacca, signori Stanislau Pfeffer, industriale, ed Henryk Pfeffer architetto, entrambi cattolici non ariani, si sono rivolti alla Segreteria di Stato della Santa Sede pregandola di interporre i suoi buoni uffici presso l’Ambasciata del Brasile, desiderando essi di emigrare in quella Repubblica. Essi dichiarano di aver ricevuto il battesimo a Varsavia fin dall’anno 1930, ma non hanno alcun documento da cui risulti questa data. Aggiungono essi che, per l’attuale interruzione delle comunicazioni postali con il Governatorato generale di Varsavia, riesce impossibile richiedere il certificato regolare di battesimo.
I fratelli Pfeffer sono vivamente raccomandati dall’Ambasciata di Polonia presso la S. Sede, la quale li presenta come cattolici non ariani, degni di fiducia e di soccorso. La Segreteria di Stato di Sua Santità si permette di segnalare il caso dei fratelli Pfeffer all’ecc.ma Ambasciata del Brasile presso la SS per la loro eventuale inclusione nel numero dei tremila cattolici non ariani autorizzati ad immigrare negli Stati Uniti del Brasile.
Lo stesso giorno sempre la Segreteria avvisa l’Ambasciata polacca che:
Pur mancando un documento regolare attestante la data del battesimo dei fratelli Pfeffer, la segreteria di Stato di SS non ha mancato di segnalare il loro caso all’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede.18
Il 15 agosto 1940 il canonico Maino presenta una raccomandazione per due coniugi di religione evangelica, Felice e Kate Rodek.
Il signor Rodek era ingegnere nell’ufficio tecnico del Comune di Milano e persone fidate che lo conoscono da lungo tempo, per la sua grande carità per i poveri attestano che si tratta di persona meritevole di ogni riguardo. Inoltre, qualora i coniugi Rodek ottengano il permesso di ingresso in Brasile provvederanno da sé a tutte le spese.
La particolarità della raccomandazione risiede, tuttavia, nel fatto che i due sono di religione evangelica e quindi, come scrive la Segreteria di Stato al cardinale Schuster, non possono essere raccomandati per il rilascio del visto consolare all’ambasciata del Brasile, poiché, come è ben noto all’Em. V. il Governo brasiliano ha autorizzato l’entrata nel suo territorio di tremila non ariani con la condizione tassativa che siano di religione cattolica.
In realtà ai due si interessa personalmente un ex ambasciatore brasiliano presso il Quirinale, per cui, a seguito del suo intervento, la Segreteria di Stato procede a raccomandarli, l’8 ottobre 1940. Il visto viene concesso il 12 ottobre. Mentre preparano la partenza, però, arriva un contrordine inspiegato e inspiegabile come scrive il signor Rodek in un disperato ultimo appello al Papa.
La Segreteria di Stato interviene nel caso, pregando il Nunzio Apostolico in Brasile di informarsi se è possibile ed opportuno adoperarsi per nuova concessione.
Al 17 febbraio 1941 il visto non era stato ancora rilasciato.19
La condizione tassativa di essere di religione cattolica perché si potesse richiedere il visto di ingresso in Brasile fa sì che esso viene negato al signor Juda Buchsbaum residente a Milano.
Questi si era rivolto direttamente al Segretario di Stato Cardinale Maglione il 27 settembre 1940 nei seguenti termini:
So che Sua Eminenza è tanto buono e s’interessa molto di noi e ci aiuta; mi sarà possibile, con il suo aiuto, ottenere il visto per il Brasile?
La risposta della segreteria, inviata il 6 ottobre 1940 è la seguente:
Il signor Juda Buchsbaum non ariano residente in cotesta città […] si è rivolto a questa Segreteria di Stato per ottenere l’appoggio della Santa Sede il visto di emigrazione in Brasile. Sono dolente di dover comunicare all’Em. V.Rev.ma che il caso su indicato non può essere segnalato alle competenti autorità brasiliane giacché dall’esposto non risulta che il sig. Buchsbaum si sia convertito.20
Settembre 1940: prima breve sospensione della concessione dei visti.
1) La sospensione è citata in una comunicazione riguardante la signora Marta Toronski, raccomandata dalla curia milanese.
La signora aveva chiesto l’appoggio della Santa Sede per ottenere il visto di emigrazione per qualunque repubblica di America, per sé e per la sua famiglia, ma la risposta che riceve è totalmente negativa.
I governi di tutti i paesi indicati - vi si legge - hanno emanato rigorose disposizioni per impedire l’immigrazione di persone non ariane. Il Brasile soltanto ha fatto una eccezione per 3000 israeliti convertiti al cattolicesimo. Attualmente, però, la concessione dei detti visti è sospesa.21
La concessione venne ripresa il 26 settembre, come risulta da uno dei documenti contenuti nel fascicolo intestato al signor Boris Rosenzweig, raccomandato anch’esso dalla Curia Milanese.22
2) la Segreteria di Stato risponde negativamente a diverse richieste di appoggio per ottenere il permesso di ingresso in Brasile, appellandosi all’intervenuta sospensione delle concessioni.
La conferma si rinviene nella risposta fornita dalla Segreteria di Stato il 14 settembre 1940 alla richiesta di tre persone raccomandate dal canonico Maino:
Sono assai dolente di dover comunicare che purtroppo i predetti signori, almeno per ora non possono essere favoriti. Invero l’ambasciata del Brasile la scorsa settimana ha fatto sapere a questa Segreteria di Stato d’aver sospeso la concessione dei “visti” perché attende dal Suo Governo nuove istruzioni in merito all’immigrazione di persone di discendenza israelitica. I su detti casi, ben volentieri potranno essere segnalati alla menzionata Ambasciata quando questa accorderà nuovamente i “visti”.
Nel caso del signor Josef Klein che, nonostante fosse internato a Campagna aveva, come altri nella sua stessa condizione, manifestato l’intenzione di emigrare in Brasile, la risposta della Segreteria al vescovo di Campagna che lo raccomandava è meno possibilista della precedente:
E’ attualmente sospesa la concessione dei visti di emigrazione in Brasile, date le tassative norme emanate dal Governo Brasiliano in merito all’emigrazione in quella Repubblica.
Va tuttavia notato che non solo nei due casi portati come esempio, ma anche in altri, la notifica che la concessione dei visti è sospesa si accompagna a diversi rilievi evidenziati nella posizione dei richiedenti, tra i quali spicca quello sull’incertezza della data di battesimo.
Sempre dalla Curia milanese, come si è visto, tra le più attive nella segnalazione di casi viene raccomandato il signor Jakob Schaffer.
Questi dichiara di essere stato battezzato nel suo paese di nascita, la Polonia, prima di venire in Italia, dove dimora da quattro anni, ma che non può ottenere dal luogo d’origine documenti che lo comprovino.
La risposta della Segreteria di Stato, datata 10 ottobre 1940, è netta:
Sono dolente di dover comunicare all’Eminenza Vostra Rev.ma (Cardinale Schuster) che, purtroppo non può essere segnalato alle competenti Autorità Brasiliana il sig. Jakob Schaffer cattolico non ariano desideroso di emigrare in Brasile, residente a Milano. Egli, infatti non può comprovare di aver ricevuto il battesimo prima del 1935, mentre l’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede ha di recente comunicato a questa Segreteria di Stato che, in seguito a precisi ordini del suo Governo i pochi visti ancora disponibili saranno accordati soltanto ai non ariani battezzati prima di detto anno.23
Quando le autorità vaticane e brasiliane dimostrano di poter agire con minor rigidezza di fronte alla mancanza dei requisiti richiesti per l’ottenimento dei visti.
E’ questo il caso di due coniugi triestini raccomandati alla Segreteria di Stato dal vescovo Antonio Santin.
La moglie era stata battezzata alla nascita, il marito alla nascita battezzato come evangelico e successivamente battezzato nella chiesa cattolica, ma nel 1939.
La loro richiesta arriva alla Segreteria di Stato nei primi giorni dell’ottobre 1940 e il 17 ottobre viene inviata la raccomandazione all’Ambasciata Brasiliana presso la Santa Sede, corredata anche del riferimento all’intervento sullo stesso caso di Padre Francesco Hecht presso la stessa Ambasciata:
Il signor Mario Schmitz Svevo, cattolico non ariano, desidera emigrare in Brasile con sua moglie, signora Wanda Schmitz Matjevic, ariana cattolica. I menzionati coniugi, che trovansi attualmente a Lisbona, si rivolgeranno a quel console brasiliano per le necessarie pratiche di emigrazione. Il signor Schmitz Svevo ha abbandonato il protestantesimo per abbracciare la religione cattolica il 1° luglio 1939. In una dichiarazione qui unita in copia il rev. Padre Hect, rappresentante in Roma del St.Raphaelsverein di Amburgo asserisce che codesta Ecc.ma Ambasciata del Brasile è disposta – in via eccezionale – a favorire i coniugi Schmitz Svevo. In considerazione di ciò, la Segreteria di Stato prega la medesima Ecc.ma Ambasciata di volersi compiacere di benevolmente includere il suddetto caso nel numero dei 3000 cattolici non ariani autorizzati ad immigrare nella Repubblica Brasiliana.
La risposta dell’Ambasciata arriva il 23 successivo:
Con una nota del 17 di questo mese la Segreteria di Stato di Sua Santità chiese a questa Ambasciata di autorizzare “in via eccezionale” la concessione del visto di immigrazione al signor Mario Schmitz Svevo, di razza ebraica, protestante da lungo tempo, dopo il I° di luglio 1939 sinceramente convertito al cattolicesimo e battezzato in questa data sub condizione [a condizione che il soggetto non sia stato già battezzato]. L’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede ha l’onore di informare la Segreteria di Stato di Sua Santità che oggi è stata autorizzata la concessione richiesta.24
Il signor Isidoro Rosenthal, figlio di ambedue i genitori di religione israelita, residente a Milano, con la famiglia, battezzato nel 1927, si rivolge alla Segreteria di Stato il 10 gennaio 1941, per ottenere, attraverso il suo interessamento, l’inclusione nella lista degli emigranti nel Brasile.
I membri della famiglia vengono raccomandati il 23 gennaio 1941 e saranno i Padri Pallottini – come si legge in un appunto datato 24 ottobre - a consegnare gli attestati di battesimo per le relative pratiche presso le autorità brasiliane.
Rimaneva da risolvere il problema dei visti di transito attraverso la Spagna che però, grazie all’interessamento di monsignor Montini, arrivano entro pochi giorni.25
La concessione del visto di transito per la Spagna su raccomandazione di un’alta autorità vaticana si configura come un’eccezione che difficilmente sarà ripetuta.
Con il passare dei mesi, infatti, questo visto diventa sempre più difficile, se non impossibile, da ottenere, come si vede nel caso che segue.
Accade, ad esempio che, seguendo le pratiche relative ad una richiesta di raccomandazione proveniente dall’Ungheria, ci sia la necessità di procurare i visti di transito, sia per l’Italia che, come nel caso precedente, per la Spagna. Trattandosi anche dell’Italia, viene richiesto l’intervento di Padre Pietro Tacchi Venturi, il gesuita che – come si vedrà più ampiamente in seguito – gestiva i rapporti tra il Vaticano e il Ministero dell’Interno.
Nella lettera in cui il prelato riferisce l’esito del colloquio con il Capo della Polizia, si parla anche dei visti spagnoli a proposito dei quali Carmine Senise pronuncia queste parole riportate nel testo tra virgolette: Tale domanda non potrebbe essere accolta perché presentemente le Autorità Spagnole respingono tutti gli stranieri in transito verso il Portogallo per successivo imbarco per le Americhe.26
Un visto rinnovato equivale ad un nuovo visto. Bisogna quindi dimostrare di possedere ancora i requisiti richiesti per poterlo ottenere.
L’accenno a modifiche apportate negli ultimi tempi ai criteri adottati nella concessione dei visti che si legge nella corrispondenza precedente sembra essere confermato nel caso della signorina Eleonora Finzi, residente a Roma, che il 30 luglio 1941 viene raccomandata all’Ambasciata brasiliana presso la Santa Sede perché aveva ottenuto il visto di emigrazione in Brasile fin dal 15 febbraio 1940, ma non avendo potuto partire (sic) detto visto è ora perduto. Il Consolato brasiliano in Genova cui l’interessata si è rivolta ha risposto di non poterlo accordare. La risposta della sede diplomatica non si fa attendere ed è la seguente:
Considerando che dopo questa data (15 febbraio 1940) numerose modifiche sono state apportate al regolamento concernente la concessione di visti speciali ai cattolici di origine “non ariana” [virgolette nel testo] e considerando che il rinnovo di un visto equivale a un nuovo visto, l’Ambasciata del Brasile sarà riconoscente alla Segreteria di Stato di voler indicare se la signorina Finzi si trova nelle condizioni attualmente volute per l’ottenimento del visto in questione. In caso affermativo questa Missione diplomatica si impegnerà a trasmettere al Consolato competente l’autorizzazione al richiesto rinnovo.
In un appunto datato 6 agosto 1941 si legge: Sembrerebbe che la signorina Eleonora Finzi sia tuttora “israelita”. Ad ogni modo: comunicare la risposta dell’Ambasciata facendo rilevare che la signorina Finzi potrà ottenere il “visto” soltanto se convertita al cattolicesimo almeno dal 1934.
La risposta inviata a monsignor Franco Costa membro del Tribunale ecclesiastico ligure che aveva raccomandato il caso chiude il fascicolo, chiarendo che va verificato se: l’interessata sia cattolica non ariana, battezzata in data anteriore al 1935 e veramente meritevole di sincera pratica della vita cristiana.27
Nel 1941 i periodi di sospensione continuano, a seguito di misure generali restrittive.
Antonia Maria Leitner, segnalata alla Segreteria di Stato dal Vescovo di Trieste, monsignor Antonio Santin, il 30 novembre 1941 si vede negata la raccomandazione all’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede perché il Governo brasiliano ha fatto sapere di recente che dell’immigrazione resta sospeso sine die la concessione anche di quei pochi visti ancora disponibili a favore dei cattolici non ariani.
Con la stessa motivazione vengono respinte altre richieste arrivate nel mese di novembre e in quelle di dicembre.28
Le sospensioni dell’erogazione dei visti da parte del governo brasiliano non riescono a bloccare pratiche di emigrazione già avviate, per cui, tra la fine del 1941 e l’inizio del 1942, si creano situazioni, per qualche verso anche paradossali, di emigranti che, una volta arrivati a Rio de Janeiro, non riescano nemmeno a toccare la meta per raggiungere la quale avevano fatto tanti sacrifici.
E’ quello che accade alla famiglia Sohr, residente a Milano, nonostante fosse partita con un visto perfettamente in regola, ricevuto tramite la raccomandazione della Segreteria di Stato.
Ad avvisare la Segreteria di Stato, l’8 dicembre 1941 è Padre Weber, rappresentante della sede romana del St.Raphaelsverein. Nella nota non viene spiegato il motivo per il quale sia stato rifiutato lo sbarco. Viene solo detto che in quel momento la famiglia si trova, sempre sulla nave, nel porto di Buenos Aires, in attesa di ripartire per Rio, ma con il grande timore per la sorte che potrebbe attenderla in Portogallo se ancora una volta fosse interdetto lo sbarco.
Come unica soluzione, Padre Weber chiede che la Segreteria di Stato voglia degnarsi di telegrafare all’Ecc.mo Nunzio di Rio affinché ottenga che la famiglia possa sbarcarsi a Rio, secondo lo speciale accordo fra la S. Sede e il Governo brasiliano il quale sembra ancora in vigore.
Il 10 dicembre parte da Roma il telegramma per il Nunzio Apostolico Aloisi Masella.
Prego V.E.R. adoperarsi perché famiglia Sohr cattolica non ariana viaggiante su piroscafo Nyassa con regolare visto brasiliano ottenuto tramite Santa Sede possa sbarcare Rio de Janeiro, e perché alcuni cattolici non ariani muniti analogo visto, che trovasi già a Lisbona in attesa di imbarcarsi non incontrino medesime difficoltà sbarco. Cardinale Maglione.
La risposta, arrivata il giorno seguente, non lascia molte speranze. Il Nunzio, infatti, pur assicurando di aver fatto passi opportuni per risolvere il caso della famiglia Sohr,, prega la Segreteria di Stato di sospendere viaggio dei cattolici non ariani perche’ governo non permette sbarchi.29
Nei giorni in cui arriva la raccomandazione del Nunzio, è già in corso la surreale vicenda di Anna Gross, residente a Frosinone.
La signora Gross aveva ricevuto il visto di ingresso in Brasile nel mese di luglio 1941 e aveva chiesto immediatamente anche il visto di transito portoghese per poter raggiungere Lisbona, sempre tramite raccomandazione della stessa Segreteria. Il visto, però, negato in prima istanza, doveva esserle stato concesso con mesi di ritardo, tanto che – ricevuto il rinnovo del visto per il Brasile - riesce ad imbarcarsi da Lisbona solo il 22 ottobre successivo.
Una volta arrivata, però, le era stato negato lo sbarco ed era stata costretta a tornare indietro, a Lisbona, ma anche qui le era stato impedito di sbarcare, perché il visto, ricevuto a luglio, nel frattempo era scaduto.
Il 29 dicembre 1941 il genero della signora Gross invia una disperata richiesta alla Segreteria di Stato, perché attivi i propri rappresentati in Brasile e a Lisbona, per risolvere il caso, ma le difficoltà sembrano insormontabili e la signora continua ad andare avanti e indietro sulla nave senza poter sbarcare né in Brasile né a Lisbona.
Al 14 gennaio 1942, data dell’ennesima richiesta di intervento, in questo caso al Nunzio Aloisi Masella, da parte del Cardinale Maglione, la paradossale vicenda non risulta risolta.30
Nei primi mesi del 1942 risulta ormai chiaro che la possibilità di essere accolti in Brasile, per quanto con i limiti e le difficoltà descritte, sia ormai sfumata.
A testimoniarlo il telegramma datato 21 febbraio 1942 del Cardinale Maglione al Nunzio di Spagna che chiedeva alla Segreteria di Stato vaticana di intervenire a favore di un suo protetto:
Il governo brasiliano ha sospeso ogni concessione permessi di emigrazione a favore di non ariani, anche se cattolici.