a cura di Anna Pizzuti
Oltre alle richieste relative alla concessione dei visti brasiliani, non mancarono quelle che molti ebrei, anche non convertiti, presentarono alla Segreteria di Stato vaticana, sia dall’Italia che da altri paesi europei, perchè questa appoggiasse le loro domande di emigrazione verso altre nazioni, soprattutto gli Stati Uniti o nazioni dell’America del Sud, come l’Argentina, il Venezuela e Cuba.
Letti nel loro insieme, i casi sembrerebbero costituire una prova del fallimento della conferenza che aveva riunito ad Evian, nel luglio del 1938, i rappresentati di 32 paesi democratici, e che si era chiusa senza che essi - salvo rare eccezioni come quelle della Bolivia e di Santo Domingo - modificassero la loro politica migratoria basata sulle quote per accogliere gli ebrei che fuggivano dall’Europa.
In più, con lo scoppio della guerra e l’estendersi dei territori occupati dal Reich, mentre da una parte si venne a creare una pressione ancora più drammatica rispetto al periodo in cui si era svolta la conferenza, dall’altra le partenze diventarono quasi impossibili, a causa delle procedure burocratiche molto complesse, del costo dei visti e, infine, delle crescenti difficoltà di raggiungere i pochi luoghi di imbarco rimasti aperti.
Impossibile, però, non osservare come, nella maggior parte dei casi questo tipo di pratiche conservate nella Serie Ebrei contengano pochissimi documenti, qualsiasi sia lo Stato richiesto: la supplica, accompagnata dalla raccomandazione e la risposta negativa che la Segreteria comunica all’autorità ecclesiastica più vicina allo scrivente usando quasi sempre la stessa formula: nello Stato o negli Stati1 in cui il richiedente vorrebbe trasferirsi, l’immigrazione è regolata da tassative norme, da cui non si fa alcuna deroga.
Sono quindi pochi i fascicoli contenenti un numero di documenti tale da consentire di ricostruire le vicende dell’intestatario con un minimo accettabile di particolari, salvo casi considerati eccezionali, per i quali la Segreteria sembra volersi impegnare maggiormente.
Le modalità di questo impegno sono, peraltro, molto simili a quelle che venivano usate per le domande di appoggio per ottenere il visto di ingresso in Brasile.
Dalla Serie Ebrei
Nonostante fosse stato proprio Franklin Delano Roosevelt a volere la conferenza di Evian, nemmeno gli Stati Uniti avevano modificato la consistenza delle loro quote di immigrazione e rimanevano una nazione nella quale, per gli ebrei in fuga era difficile, se non impossibile poter entrare.
Lo dimostrano, in particolare, il caso del signor Hermann Meyerowitz2 e un documento di carattere generale contenuto nel suo fascicolo.
Questo, tra l’altro piuttosto lacunoso, inizia con un promemoria non datato che riassume le informazioni sul signor Hermann Meyerowitz raccolte dalla Segreteria di Stato vaticana all’inizio del 1939.
Hans Hermann Meyerowitz è nato a Breslau il 23 aprile 1913 […] Dopo aver compiuto gli studi musicali in Germania, s’è trattenuto in Italia negli anni 1934-37 [segue elenco dei corsi seguiti, delle opere composte e delle personalità musicali italiane disposte a garantire per lui] I noti provvedimenti contro la razza ebraica cui il M. appartiene, nonostante la sua religione sia, dalla nascita, quella protestante, lo hanno costretto a chiedere la emigrazione negli Stati Uniti d’America. Essendo, tuttavia le liste dell’emigrazione tedesca per l’annata in corso, già complete, il M. dovrebbe ancora attendere almeno un anno prima di poter ripresentare una nuova domanda. Egli, invece, ha estrema urgenza di emigrare, giacchè è potuto uscire recentemente da un campo di concentramento, solo firmando una dichiarazione di abbandonare il territorio del Reich entro il mese di gennaio. Il signor Joseph B. Ostermann, del Committee for Catholic Refugies from Germany (- 123 Second Street - New York City) - si sta occupando del suo caso. Sarebbe tuttavia di grande utilità che il Vaticano potesse far pervenire una calda raccomandazione a questo Comitato in favore del Mayeroff.
La raccomandazione richiesta viene inviata al signor Ostermann il 27 gennaio del 1939.
Se non sbaglio - vi si legge - questo caso è già stato deferito al vostro ufficio, e il mio unico scopo nello scrivervi è di informarvi della sua urgenza. Meyerowitz è appena uscito da un campo di concentramento dopo aver firmato una dichiarazione secondo cui lascerà la Germania entro la fine del mese. Rischia quindi di essere rimandato indietro a meno che non riusciamo a fare qualcosa per lui. Qualunque cosa il vostro Comitato possa fare in merito sarà profondamente apprezzato da questa Segreteria di Stato.
Nel frattempo, da un biglietto senza data, pervenuto alla Segreteria di Stato, si apprende che in qualche modo il signor Meyerowitz era riuscito autonomamente a lasciare la Germania e a rifugiarsi nella Francia meridionale.
Solo che qui, come accadde a tanti altri rifugiati, era stato rinchiuso in un campo di internamento.
Il biglietto è scritto in francese e in esso, oltre ad un breve riepilogo delle benemerenze del signor Meyerowitz, viene ripetuto che questi desidera partire per gli Stati Uniti, che è in rapporto con il consolato a Marsiglia e che sembra offrire tutte le garanzie di serietà e di fede degne di interesse della Santa Sede.
La firma dello scrivente è illeggibile, mentre il nome del luogo in cui scrive è chiaro: si tratta del campo di San Cipriano uno dei campi di internamento istituiti nella repubblica di Vichy.
La documentazione si chiude con una nota inviata dalla Segreteria di Stato il 30 settembre del 1940 al Nunzio apostolico in Francia dal cui contenuto si comprende che nei mesi immediatamente precedenti tra le due istituzioni dovevano essere intercorsi contatti.
Lo scritto, infatti, rimanda ad informazioni sul signor Meyerowitz spedite alla Segreteria di Stato dal Nunzio Valerio Valeri, che in qualche modo autorizzano a chiudere il caso.
Sono dolente di doverle comunicare che egli non può essere segnalato alle competenti autorità americane, giacchè l’immigrazione in quella Repubblica è regolata da tassative norme, da cui non si fa alcuna deroga. Né, peraltro, si può sperare di ottenere per lui il visto di emigrazione nel Brasile, avendo egli ricevuto il battesimo nel 1938. Sino a qualche settimana addietro il su indicato signor Meyerowitz era internato nel campo di concentramento di San Cipriano.
Come detto sopra, all’interno del fascicolo Meyerowitz è presente un documento che illustra alla Delegazione Apostolica negli Stati Uniti le difficoltà che si incontrano per far accettare le richieste di ingresso in quel Paese.
E’ stato segnalato che cotesto Governo di recente avrebbe accordato permessi straordinari di immigrazione a professionisti ebrei. I Consolati però rifiutano visto passaporto a ebrei cattolici non italiani residenti in Italia che dovranno, entro il 12 marzo lasciare l’Italia. Sono stati particolarmente raccomandati dalla Santa Sede quattro medici di origine ungherese di cui una dottoressa e quattro professionisti di nazionalità tedesca convertiti da tempo.
Quelli di origine ungherese non possono ritornare in patria perché ne hanno perduta la nazionalità e quelli di origine tedesca verranno probabilmente inviati in un campo di concentramento tedesco.
Per emigrare costì dovrebbero aspettare turno per emigranti cioè oltre un anno, se non di più.
Prego l’E.V. interessarsi presso coteste autorità per ottenere in via straordinaria permesso a questi pochi di immigrare subito e possibilmente, per alcuni trovare una qualche sistemazione.
Faccio presente caso dottoressa Aranka che, avendo costì parenti ebrei ricchi ha modo di osservare quelle garanzie che sono richieste dalle leggi per l’emigrazione di italiani oltre il contingente fissato. Ma Consolato rifiuta accordare il necessario visto non considerandola italiana, benchè abbia passaporto italiano, considerandola, invece, ungherese benchè abbia perduto la cittadinanza e quindi esclusa dal beneficio di emigrare oltre il numero fissato.3
Nel caso seguente manca il nome della nazione in cui lo scrivente desidererebbe emigrare, ma esso si impone all’attenzione per l’ultima frase della risposta del Nunzio apostolico a Berlino.4
E’ a quest’ultimo che, l’11 gennaio 1939, la Segreteria di Stato indirizza la nota che segue.
Il signor Adolfo Ader, d’origine ebraica, residente in Vienna, ha inviato alla Santa Sede la lettera che qui unisco, con preghiera di cortese restituzione, nella quale chiede di essere aiutato ad emigrare e a trovare una occupazione. L’E.V.Rev.ma vorrà compiacersi di assumere e comunicarmi in merito al succitato signor Ader opportune informazioni e suggerirmi se il suo caso meriti dell’interessamento di questa Segreteria.
In un appunto datato 3 febbraio 1939 si legge: Adolfo Ader non ariano cattolico, residente a Vienna, si occupa di lavoro elettrico chiede di poter emigrare all’estero e un’occupazione. Ha avuto finora promesse non mantenute dalla Societè of friends in England.
Il 7 marzo 1939 il cardinale invia le informazioni che ha raccolto, indirizzandole a Monsignor Domenico Tardini, segretario della Sacra Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinari.
Eminenza Reverendissima, riferendomi al venerato dispaccio in data dell’11 gennaio p.p con annessa una supplica di certo Adolfo Ader, residente in Vienna, diretta ad ottenere un qualche aiuto per poter emigrare all’estero, mi do ora premura di significare a Vostra Eccellenza Reverendissima che detto Signore è stato opportunamente segnalato per l’emigrazione e che tale segnalazione è stata presa in considerazione. Stimo però mio dovere di aggiungere che questa Nunziatura Apostolica è stata sconsigliata anche per questo caso di fare una speciale raccomandazione.5
Adolfo Ader è sopravvissuto alla Shoah.
Di seguito, due brevissime richieste di aiuto alle quali non viene data risposta.
1) Della prima, inviata dalla signora Peiser nata Wagner Kate. esiste solo la sintesi, in latino, di una supplica scritta in tedesco
Parigi 5 marzo 1939 - Donna cantante unita in matrimonio con un uomo ebreo, architetto, dalla Germania, dove il marito per qualche tempo era stato in campo di concentramento, è emigrata in Francia. Ma ora non possono rimanervi e vorrebbero partire per l’Argentina o per il Cile, dove sperano di trovare lavoro e una nuova patria. Il visto per entrare in uno di questi paesi costa dai sei agli ottomila franchi per ciascuna persona, cifra che non possiedono, anche perché ora non lavorano. Scrivono per chiedere un aiuto.6
2) Della seconda appare interessante la riproposizione del problema posto da tanti emigranti, cioè la difficoltà nell’ottenere il visto di transito attraverso la Spagna
La signora Lina Pereles, nata Lang, […] moglie di Massimiliano Pereles, […] nato il 14 novembre 1886 a Chodenschloss, adesso sotto Protettorato della Germania, prima avvocato tedesco a Monaco di Baviera, emigrato nel 1936 a Laurana (prov. Fiume) desidera di andare negli Stati Uniti. Biglietti sono già pagati fino a New York, occorre visto transito per la Spagna (appunto a matita: 22 settembre 1940: Bisogna prima sapere da chi è raccomandata).7
Non è più possibile emigrare nell’America del Sud, tranne che - ma a determinate condizioni - in Brasile.
Il 26 maggio 1940 il dottor Emilio Lattes, residente a Torino invia una supplica alla Segreteria di Stato del Vaticano , con la quale chiede l’appoggio della Santa Sede per poter emigrare in qualche paese ospitale. Essendo di razza ebraica - scrive - ho dovuto lasciare il posto che tenevo da anni […] e da mesi sono stato cancellato dall’albo professionale. […] Mi risulta che negli Stati Uniti d’America posti in Istituti scientifici si possono avere con una certa facilità; io sarei disposto a recarmi in qualsiasi parte del mondo, pur di porre termine a questo stato di angoscia.
La risposta viene indirizzata al cardinale Maurilio Fossati, arcivescovo di Torino, e non è incoraggiante.
Dall’esposto - vi si legge - pare che non si tratti di un convertito: in questo caso non è possibile pensare ad una eventuale emigrazione nel Brasile del signor Lattes, perché, come è noto all’Eminenza vostra Rev.ma, solo gli ebrei convertiti da qualche anno [la sottolineatura è nel testo] e profughi possono beneficiare della generosa concessione dell’Eccellentissimo signor Presidente di quella Repubblica. Né attualmente si può sperare di ottenere un “visto” per qualche altra Nazione, perché di recente, anche i governi delle Repubbliche dell’America del Sud, ove finora era ancora possibile l’immigrazione di non ariani, hanno emanato in proposito disposizioni molto restrittive.8
Tante le nazioni da attraversare per poter raggiungere la salvezza: richiesta-appello dalla Romania
Vostra Santità, pieni di ammirazione per l’opera umanitaria della Santa Sede che abbraccia tutti gli oppressi, senza distinzione di razza e religione, noi abbiamo il coraggio di prenderci il permesso di mettere queste righe sotto i vostri occhi, sollecitando la vostra alta benevolenza.
Le circostanze attuali per gli Israeliti, in molte parti d’Europa e specialmente in Romania, creano una situazione che sicuramente è conosciuta alla Santa Sede.
Delle persone che sono attaccate al paese natale, non solamente per interessi meschini, ma per legami naturali dello spirito, perché qui sono nate, qui si trovano le tombe degli antenati, sono considerate come nemiche del popolo, senza alcuna distinzione, malgrado il fatto che, nel corso delle generazioni esse hanno reso dei grandi servizi alla nazione, come buoni cittadini e patrioti. Noi constatiamo un fatto, senza giudicarlo.
Questi inconvenienti sono reali e noi non ne esageriamo né l’importanza, né la gravità.
Questa situazione impossibile ci obbliga ad assicurarci un’altra esistenza, in un paese d’oltremare, (Santo Domingo o Cuba).
Parenti ed amici d’oltremare ci assicurano il loro aiuto.
Privi della libertà di agire, i beni confiscati, senza la possibilità di lavorare utilmente, questa soluzione è conforme alla logica e al buon senso.
La questione di cui si tratta in questo momento è stata studiata a lungo. Noi non abbiamo altra soluzione.
Sfortunatamente siamo incorsi in degli ostacoli perché è quasi impossibile ottenere il visto di transito attraverso la Germania.
La questione è di quelle che meritano di essere esaminate. Le autorità della Santa Sede possono aiutarci
Un intervento presso le istanze competenti del Reich, attraverso l’intermediazione dell’ambasciatore del Reich presso il Vaticano o direttamente a Berlino - deve avere l’effetto che noi desideriamo:
una disposizione alla legazione di Germania a Bucarest per il visto necessario per attraversare la Germania in aereo (Bucarest-Berlino, Berlino - Madrid) per i sottoscritti: H. Arabagiu, Herman Mayer, Elias Nuhamovici , cittadini rumeni. Le navi che lasciano i porti della spagna ci assicurano la possibilità di arrivare a Santo Domingo o Cuba. I visti di transito attraverso l’Ungheria e l’Italia sono una soluzione che può aiutarci. Non presenteremo altre soluzioni che non hanno alcuna utilità immediata. Siamo disposti a fornire tutte le spiegazioni che voi potrete desiderare su questi progetti. Sicuri di avere il vostro soccorso attivo, vi assicuriamo che siamo estremamente sensibili a questa prova di fiducia e vi preghiamo di credere alla sincerità di queste affermazioni.
La Segreteria di Stato - senza entrare nel merito delle richieste - affida la risposta al nunzio apostolico a Bucarest, Monsignor Andrea Cassuto.
Roma, 24 settembre 1941 - Qui unita mi pregio di rimettere all’ecc. V. R. una supplica inviata al Santo Padre dai signori Hermann Mayer, H. Harabagiu ed Elias Nuhamovici, non ariani che implorano l’appoggio della S. Sede per ottenere i visti di transito loro necessari per emigrare in America. Il Reverendo Consigliere Ecclesiastico di questa Legazione Rumena ha raccomandato l’istanza. Veda l’Ecc. V. nella sua bontà se e come può venire incontro ai desideri su indicati.
Il Nunzio cerca di offrire una soluzione, la quale, tuttavia, si presenta altrettanto difficoltosa.
Bucarest, 11 dicembre 1941 - Eminenza Reverendissima […] Visto che per ottenere il Visa al passaporto per le tre persone indicate era non facile per il tramite della Legazione di Germania, mi sono rivolto a quelle di Turchia e Bulgaria, sapendo che i richiedenti erano disposti a cambiare itinerario pur di poter partire. I due Ministri da me interessati sarebbero disposti a concedere il visto ma, siccome i tre - Arabagiu, Mayer e Nuhamovici - dovrebbero, dopo di aver lasciato i confini bulgaro e turco, passare anche per la Siria e la Palestina, la concessione rimane subordinata al visto eventuale dei due governi, di Siria e Palestina. Per tale concessione occorrerebbe altro intervento. Da parte mia credo di aver messo la pratica su buona via. Lascio ora che altri riesca a risolverla definitivamente.9
Le motivazioni che spingono il signor Giovanni Dollman ad emigrare in Argentina sono illustrate alla Segreteria di Stato da Padre Elia Kastenberer, dal convento del Carmine di Sorrento, l’11 gennaio 1940
Giovanni Dollmann, nato a Costantinopoli, cittadino italiano, residente a Napoli. Egli, come tutta la sua famiglia sono (sic) cattolici di razza ebraica. Questo signor D. vorrebbe recarsi nell’ Argentina e prega a tale uopo la Santa Sede di intercedere per lui il visa da quel governo, dato che la sua istanza presso l’ufficio razza del Ministero degli Interni, per avere l’atto di discriminazione in base a benemerenze speciali non ha avuto nessun risultato. Tale istanza fu mossa già nel mese di marzo dell’anno passato, ma nonostante le raccomandazioni più lusinghiere non ha avuto successo. Egli deve sfamare la moglie con tre bambini, di cui uno in tenera età. La società “Italia” di cui fu impiegato per 17 anni non può più dargli quell’impiego data la necessità di avere quella discriminazione e così deve andare altrove. La sua moglie ha il suo visa per l’Argentina.
La risposta della Segreteria di Stato, inviata al cardinale Alessio Ascalesi, Arcivescovo di Napoli, apre solo qualche spiraglio, ma è l’ultimo dei documenti contenuti nel fascicolo e quindi non se ne conosce l’esito.
Roma 8 gennaio 1940- La Santa Sede è stata interessata a opportunamente raccomandare il signor Giovanni Dollmann in seguito a recenti disposizioni restrittive emanate dai governi delle Repubbliche dell’America del Sud, l’immigrazione delle persone comunque considerate di stirpe non ariana incontra molte difficoltà non facilmente superabili. In particolare, poi, dall’Argentina a stento si è potuto ottenere il visto in qualche caso speciale. Tuttavia, se l’Eminenza vostra lo ritiene opportuno, questa Segreteria di Stato, per dimostrare la sua buona volontà, è disposta a segnalare il caso all’Ambasciata Argentina presso la Santa Sede. A tal fine è però necessario che l’interessato stesso inizi presso il competente consolato argentino le necessarie pratiche di emigrazione.10
Il Brasile non concede visti di transito
25 settembre 1940 - Raccomandazione da parte di Karl Weirich per i coniugi Wurm [convertiti solo pochi anni fa, secondo un appunto a matita aggiunto sulla copia della sua lettera] residenti a Milano, che debbono recarsi a Panama. Hanno i visti di transito per Spagna e Portogallo, ma hanno bisogno di quello per il Brasile, Paese che dovranno attraversare per raggiungere la loro meta. Il 30 settembre la Segreteria di Stato, a sua volta, raccomanda i due all’Ambasciata del Brasile presso la Santa Sede.
La risposta che riceve l’1 ottobre 1940 è la seguente:
“L’ambasciata del Brasile presso la Santa sede ha l’onore di accusare il ricevimento dell’ufficio n. 8 del 30 settembre scorso, nel quale erano raccomandati i coniugi Wurm, cattolici “non ariani” [le virgolette sono nel testo] che desidererebbero un visto di transito per arrivare a Panama attraverso il Brasile. 2) L’ambasciata è dolente di dover portare a conoscenza della Segreteria di Stato che essa si trova nell’impossibilità di trasmettere questa raccomandazione ai Consolati Brasiliani, dato che questi non possono decidere della concessione dei visti di transito senza l’autorizzazione del governo.11
Due tentativi di ricongiungimento familiare rimasti senza esito
1) Il fascicolo del signor Arold Nettl viene aperto il 15 novembre 1941. Sulla copertina una sintesi del caso più lunga di tante altre.
Cattolico, razza ebrea, fuggito dalla Tcechoslovacchia vorrebbe prendere il suo fratello con sé, che deve entrare altrimenti in un campo di concentramento in Germania. Chiede [la sottolineatura è nel testo] raccomandazione della Santa Sede presso il […] capo dell’ufficio per l’immigrazione, Asunciòn afinchè la pratica per il trasferimento del fratello possa avere esito favorevole.
Sulla stessa pagina l’appunto a matita: Al Nunzio, perché giudichi se sia il caso di aiutare.
Il suggerimento viene accolto e la Segreteria Di Stato il 19 novembre 1940 si rivolge, quindi, a Cesare Orsenigo, Nunzio Apostolico in Berlino.
il Sig. Nettl (Asuncion del Paraguay) non ariano in data 15 novembre u.s. ha inviato al Santo Padre una supplica in cui chiede l’interessamento di Sua Santità in favore di un suo fratello residente in Germania e desideroso di recarsi in Paraguay. Mi pregio di rimettere all’Ecc. V. la supplica in parola, col relativo allegato, affinchè ella, se lo giudicherà opportuno, possa segnalare il caso al St.Raphaelsverein.12
2) Rudolf Jellinek, sposato, lavorava a Praga come direttore della Paramount Pictures per la Cecoslovacchia, la Polonia e i Paesi Baltici. Nel 1939 era stato trasferito in Italia dalla sua ditta, in attesa di una nuova assegnazione che sarebbe stata possibile in vari paesi dell’America Latina, in particolare l’Argentina, non appena avesse ottenuto un visto.
L’Ambasciata argentina a Roma si era mostrata ben disposta, ma, per completare la pratica, occorreva anche l’autorizzazione del Ministero degli Esteri argentino.
Raccomandato da un alto prelato, il signor Jellinek chiede e ottiene l’appoggio della Segreteria di Stato vaticana, la quale , a sua volta, con un telegramma spedito il 5 gennaio 1941, invita il Nunzio apostolico in Argentina adoperarsi presso cotesto Ministero Esteri perché ambasciatore argentino a Roma sia autorizzato rilasciare visto immigrazione coniugi Jellinek, cecoslovacchi, cattolici non ariani et loro figlio Giorgio.
L’autorizzazione viene disposta telegraficamente il 16 dello stesso mese.13
Anche il caso che segue vede la Segreteria di Stato Vaticana dispiegare tutto il proprio impegno perché la famiglia Hermann, fuggita dalla Croazia e rifugiata a Roma riesca a trovare un paese dove poter emigrare, nonostante il fascicolo conservi un appunto non firmato nel quale si legge che Sua Eminenza fa sapere che sarebbe bene, ormai, lasciare queste pratiche, quando non si tratta di un interesse ecclesiastico, specialmente se non vi è sicurezza di riuscita.
Roma, 29 settembre 1941 - Padre Antonio Weber responsabile della sede romana dell’opera di San Raffaele - scrive al Cardinal Maglione rappresentando il caso della famiglia Hermann, venuta a Roma da Zagabria già in possesso del visto di transito in Portogallo e subito partita per Lisbona, sicura di potersi imbarcare per il Brasile. Purtroppo, però, il passaporto di cui i membri della famiglia erano in possesso, rilasciato dal Nuovo Stato Croato non è stato considerato valido, non essendo quello Stato ancora ufficialmente riconosciuto. Tornati in Italia, rischiano di essere internati o, peggio, rinviati in Croazia. A venire in loro aiuto, al momento, è l’Ambasciata brasiliana presso la Santa Sede che si dichiara pronta di fare il suo possibile per ottenere in via eccezionale - la famiglia è battezzata solo dall’anno 1938 - dal Governo brasiliano l’autorizzazione per il visto brasiliano. Essendo una famiglia distinta ed il marito esercitando la professione di ingegnere - per la quale professione il Brasile facilita l’immigrazione, l’Ambasciata brasiliana spera di poter ottenere tale visto in via eccezionale, se il caso verrà raccomandato dalla Segreteria di Stato di Sua Santità. L’Ambasciata brasiliana manderà la domanda con la sua raccomandazione al Governo brasiliano. La famiglia è ben conosciuta dal parroco Petar Kovacic a Zagabria, dal quale ha ricevuto anche il sacro battesimo. Dietro raccomandazione di lui l’ecc.mo Arcivescovo di Zagabria ha ottenuto che la famiglia non doveva portare il segno ebraico e che la famiglia ha ricevuto il passaporto.
L’immediata adesione della Segreteria di Stato si legge in un appunto non firmato, che reca la data dello stesso giorno in cui è stata inviata la lettera, solo, però, con la disposizione di non aggiungere alla raccomandazione la dicitura di includere il caso nel numero dei 3000 cattolici non ariani autorizzati ad immigrare nel Brasile, dicitura che, peraltro, non sempre si legge in tutti gli altri casi per i quali vengono concesse raccomandazioni.
Quella per la famiglia Hermann verrà inviata, all’Ambasciata brasiliana presso la Santa Sede il 4 ottobre successivo con una nota che si chiude sottolineando il fatto che la segreteria di Stato di Sua Santità pertanto vivamente raccomanda il su detto (sic) caso già segnalato a cotesta Ecc.ma Ambasciata del Brasile dai [menzionati] Padri Pallottini.
A stretto giro di posta, Padre Weber, pur ringraziando a nome della famiglia per l’autorevole appoggio già ricevuto, riferisce che l’Ambasciata brasiliana prega di interessare immediatamente l’Ecc.mo Nunzio Apostolico di Rio de Janeiro affinchè anche egli si occupi presso il Governo brasiliano per un favorevole esito della richiesta.
E così, il 7 ottobre, viene inviato al Nunzio Apostolico un telegramma a firma del Cardinale Maglione che tuttavia, contrariamente a quanto era stato indicato nell’appunto citato sopra, recita:
Prego Vostra eccellenza Reverendissima adoperarsi perché Ambasciata Brasiliana presso la Santa Sede venga autorizzata rilasciare in via eccezionale visto Signor Ivo Herman non ariano cattolico dal 1938, sua moglie, ariana cattolica et figlio pure cattolico includendo esso fra tremila già autorizzati immigrare in Brasile.
L’ Ambasciata brasiliana presso la Santa Sede, sempre tramite Padre Weber, qualche giorno dopo, prega di mandarle un’altra nota verbale nella quale essa viene pregata di segnalare caso della famiglia compassionevole al Governo brasiliano.
Tuttavia, il grande impegno profuso dalla Segreteria di Stato per accontentarne le richieste trasmesse attraverso padre Weber viene a cadere di fronte alla decisione dell’Ambasciata brasiliana, questa volta comunicata direttamente alla Segreteria di Stato: Considerato il rigore delle disposizioni attuali in materia d’immigrazione e la data del battesimo del signor Hermann, l’Ambasciata è dispiaciuta di dover portare a conoscenza della segreteria di Stato che essa si trova nell’impossibilità di esaudire il suo desiderio.
La famiglia Hermann, dopo molti mesi trascorsi a chiedere, sempre attraverso la Segreteria di Stato, il visto di ingresso prima in Venezuela, poi in Argentina. e, infine, a Cuba, riesce ad ottenerlo, sembra per il Venezuela, il 17 marzo del 1942.14
Se pure raramente, alla Segreteria di Stato del Vaticano arrivavano anche richieste di appoggio per l’emigrazione in Palestina
Una di queste è presentata da il 12 luglio 1939 da Urbach Jacob Benjamin, da Lodz. Sulla copertina del fascicolo si legge:
Ebreo, nato il 5 novembre 1893, chiede al Sommo Pontefice di essere aiutato ad ottenere dalle autorità inglesi il certificato per sé, per la moglie e per il figlio, per poter emigrare in Palestina. Sono stati espulsi dalla Germania. Due figlie sono già in Palestina. Non desiderano altro che riunire la famiglia.
L’ 8 settembre 1939 la Segreteria di Stato del Vaticano, come da prassi, chiede informazioni su di lui a monsignor Filippo Cortesi, nunzio apostolico a Varsavia.
Mi pregio rimettere all’Eccellenza Vostra Reverendissima l’acclusa lettera del signor Urbach Jacob Benjamin di stirpe ebraica, residente in Polonia, il quale implora aiuto dalla Santa Sede per poter emigrare con la sua famiglia in Palestina. Qualora Vostra Eccellenza lo ritenesse opportuno e ne avesse la possibilità, la prego di volersi compiacere di comunicare al predetto signore che la Santa Sede è dolente di non potergli prestare i buoni uffici richiesti perché il Governo Britannico non rilascia più permessi di immigrazione in Palestina a persone di discendenza israelitica.
Il fascicolo si chiude con questo appunto a matita non firmato: conviene spedire questa lettera?15
Resta senza risposta anche questa richiesta da parte della DELASEM di stabilire un contatto tra la Legazione e l’Ambasciata polacca presso la Santa Sede
Roma, 16 giugno 1940 - Unione delle Comunità Israelitiche. Delegazione per l’assistenza agli emigranti ebrei
alla Segreteria di Stato del Vaticano
Ci permettiamo presentarVi il sig, prof. Riccardo Korn, collaboratore volontario della nostra sede di Trieste, latore della acclusa lettera, sicuri che vorrete ascoltare quanto verrà ad esporre.
Roma, 16 giugno 1940 - Unione delle Comunità Israelitiche. Delegazione per l’assistenza agli emigranti ebrei all’ Ambasciata della Repubblica Polacca presso la Santa Sede.
La Delegazione per l’assistenza agli emigranti ebrei chiede di essere messa in contatto con codesta onorevole Ambasciata accordando una udienza al sig. prof Korn Riccardo, collaboratore volontario dell’Ufficio di Trieste. Il soggetto della missione è il seguente.
A Trieste e in altre città d’Italia, si trova, tuttora, un numero abbastanza considerevole di cittadini polacchi di religione israelitica, diffidati dalla R.Questura di lasciare il Regno entro un termine brevissimo. La maggior parte di questi Polacchi tendeva verso la Terra Santa ove hanno i loro congiunti e posseggono mezzi di sussistenza. Fino all’inizio delle ostilità tra l’Italia e l’Inghilterra, questi profughi polacchi, se in possesso di un certificato di immigrazione e muniti di un visto per la Palestina potevano lasciare l’Italia per via mare.
In seguito alle mutate condizioni, non possono più ricevere in Italia questo visto, ma solamente in un Paese non ancora coinvolto nella guerra come la Jugoslavia, la Grecia, la Turchia per effettuare poi il viaggio per via terra. Grazie ad un umanitario ed efficace intervento dell’Ambasciata di Polonia presso il Quirinale, i profughi polacchi, fino al 1° giugno potevano ottenere, dalle rispettive autorità consolari, i visti necessari per un transito attraverso Jugoslavia, Grecia e Turchia. Le necessarie lettere di raccomandazione furono date dal Console Generale di Polonia a Roma. Partito questi, si tratta ora di trovare un nuovo appoggio per i profughi polacchi di religione israelitica onde permettere loro di continuare la loro emigrazione. Fra questo numero di bloccati si trovano circa 20 capi di famiglie danzichesi con i loro congiunti: essi, insieme ai cittadini polacchi, implorano un analogo appoggio da parte del Rappresentante Polacco presso la Santa Sede.
Data la complessità degli argomenti da trattare, siamo sicuri che vorrete accordare al professor Korn il colloquio richiesto, perché possa prospettare, a viva voce, l’ampio quadro della situazione di questi sudditi polacchi e siamo fiduciosi che non mancherà da parte vostra quello studio profondo e quella comprensione che il problema richiede.16