a cura di Anna Pizzuti
Fiume ed Abbazia: Indice | La revoca della cittadinanza |
A seguito del Trattato di Roma del 27 gennaio 1924 le Comunità ebraiche di Fiume e della contigua Abbazia videro nell'annessione al Regno d'Italia, da molti auspicata già da tempo, la garanzia che il processo di integrazione nel tessuto economico e sociale già realizzato venisse tutelato e potesse, anzi, rafforzarsi. E ciò avvenne finché arrivarono sul finire del 1938, invece, le leggi razziali volute dal regime fascista.
Nella provincia del Carnaro esse ebbero, fin dall'inizio, un effetto devastante, legato proprio alle particolari vicende storiche che in quella zona si erano susseguite. Uno dei primi provvedimenti antiebraici, il R. D. L. n. 1381 emanato il 7 settembre 19381, infatti, oltre a vietare, "agli stranieri ebrei di fissare stabile dimora nel Regno, in Libia e nei Possedimenti dell'Egeo" (art. 1), revocava "le concessioni di cittadinanza italiana comunque fatte a stranieri ebrei posteriormente al 1° gennaio 1919" (art. 3 [corsivo aggiunto]), ingiungendo a tutti coloro che si fossero trovati in una delle due precedenti condizioni di "lasciare il territorio del Regno, della Libia e dei Possedimenti dell'Egeo, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente decreto" (art. 4). Il Decreto proibiva l'ingresso nel Regno agli ebrei profughi che vi affluivano per sfuggire alle persecuzioni in atto nella Germania nazista ed a quelle che stavano iniziando nelle zone che via via stavano entrando sotto il suo controllo ed espelleva tutti quelli che già vi risiedevano, fossero ebrei profughi o ebrei che non erano nati in Italia ma che vi risiedevano anche da decenni e che, in molti casi, ne erano diventati cittadini a tutti gli effetti.
È facile comprendere come il provvedimento creasse a Fiume e nella provincia una situazione drammatica, sia perché la provincia era diventata, come detto, italiana solo nel 1924 - ben oltre, quindi, i termini previsti dal legislatore fascista - sia perché la questione della cittadinanza di coloro che vi risiedevano era stata risolta, sul piano legislativo, solo nel maggio del 1927 con il R. D. L. n. 723:
Con il R. D. L. n. 723 del 12 maggio 1927 […] venne regolato lo stato di cittadinanza dei pertinenti al comune di Fiume. Venne così concesso l'acquisto di pieno diritto della cittadinanza italiana a quelli di essi che avessero età maggiore di 18 anni e inoltre si trovassero in una delle condizioni seguenti: a) che in data 3 novembre 1918 godessero la pertinenza al comune di Fiume con decorrenza anteriore al 1° gennaio 1910 […], b) che godessero la pertinenza a Fiume da una data posteriore al 1° gennaio 1910, […] in quanto poi gli stessi […], sarebbero divenuti cittadini italiani di pieno diritto in base agli articoli 70 e 71 del trattato di pace di San Germano; c) che prima di acquistare la pertinenza a Fiume godessero della cittadinanza italiana2.
Era stato così introdotto il concetto di "pertinenza", cioè di appartenenza, al comune di Fiume, ma la questione restava aperta per numerosi stranieri - tra i quali prevalevano quelli di origine ungherese - la cui situazione giuridica non era facile regolare in base alla legge italiana per la difficoltà che essi incontravano nel procurarsi i documenti necessari al fine di ottenere la concessione della cittadinanza italiana, specialmente il certificato di svincolo della cittadinanza originaria. Pur essendo residenti a Fiume, essi non vennero considerati "pertinenti" a quel comune. Al fine di eliminare tale inconveniente, con un provvedimento emanato l'anno successivo fu data facoltà al prefetto di Fiume di conferire con suo decreto la cittadinanza italiana agli stranieri residenti a Fiume ininterrottamente da almeno un quinquennio3.
La complessa procedura di acquisizione della cittadinanza non riguardava solo gli ebrei residenti nella provincia, ma fu contro di loro che si ritorse in modo particolare, sia contro coloro che erano diventati cittadini, sia contro quelli che la cittadinanza non l'avevano mai presa. Ad illustrarci la condizione in cui venne a trovarsi la quasi totalità dei 12994 iscritti alle Comunità di Fiume ed Abbazia al momento dell'emanazione del R. D. L. del 7 settembre 1938 intervengono due testimoni diretti degli avvenimenti. La signora Maddalena Lipschitz Heimler ricorda che, dopo l'annessione, per l'acquisizione della cittadinanza italiana furono seguite due procedure diverse. I cittadini fiumani la ricevettero automaticamente; quelli che, pur risedendo già da molti anni a Fiume, avevano conservato la cittadinanza d'origine, avrebbero dovuto richiederla. L'averlo fatto con molto ritardo fece sì che la sua famiglia fosse tra quelle cui la cittadinanza fu revocata in base al decreto suddetto5. L'ingegner Federico Falk testimonia:
Mia madre e i suoi due fratelli erano pertinenti fiumani, mentre mio padre che era arrivato a Fiume nel 1908 e aveva ottenuto la cittadinanza italiana solamente nel 1930, ne fu privato e, visto che contava il capofamiglia, ne fui privato anche io6.
Sempre nel settembre del 1938, a margine del censimento generale degli ebrei presenti in Italia avvenuto nell'agosto precedente a Fiume come in tutte le province del Regno, vennero predisposti appositi elenchi di ebrei stranieri che avessero acquisito la cittadinanza dopo il 1919, senza tenere in alcun conto la loro specificità in relazione a quanto prescritto dal R. D. L. del 7 settembre 1938.
Basta osservare le diciture apposte accanto a ciascun nome per avere il quadro completo della complessità delle situazioni in cui gli ebrei fiumani si trovavano rispetto alla questione della cittadinanza7.
I fogli dell'elenco sono suddivisi in due sezioni:
Oltre alla data in cui questa cittadinanza era stata acquisita, è indicato anche il modo in cui ciascuno l'aveva ottenuta e cioè se per pieno diritto, in quanto "pertinente" al comune di Fiume nelle date previste dalla legge, se per concessione avendola ricevuta per decreto prefettizio, se per elezione, essendo, cioè, figli di genitori che ne fossero in possesso. Dagli stessi elenchi è però possibile verificare anche casi di cittadinanza ottenuta per matrimonio.
Uguale struttura presentano gli elenchi compilati per gli ebrei residenti in Abbazia. Il conteggio dei nomi presenti nei due elenchi dà il seguente risultato risultato:
Ebrei residenti in Fiume con cittadinanza straniera | 303 |
Ebrei residenti in Fiume cittadini italiani a vario titolo | 549 |
Ebrei di cui manca, negli elenchi, una precisa indicazione di cittadinanza8 | 191 |
Ebrei residenti in Abbazia con cittadinanza straniera | 108 |
Ebrei residenti in Abbazia cittadini italiani a vario titolo | 189 |
Totale | 1343 |
Forse fu proprio in base all'osservazione di questi elenchi, che le stesse autorità fasciste dovettero porsi il problema della particolare situazione fiumana. In una nota ministeriale del 29 ottobre 1938, infatti, viene spiegato - anche se in maniera piuttosto vaga - che gli ebrei che sono diventati cittadini italiani in seguito a trattati "non sembra debbano considerarsi essere venuti in Italia dopo l'1 gennaio 1919"9. Questa nota, però, non influì affatto sugli sviluppi della vicenda.
La possibilità che gli ebrei fiumani non dovessero essere considerati alla stessa stregua degli ebrei stranieri residenti nelle altre province viene confermata dal fatto che il Ministero dell'interno, cui spettava, in base all'art. 26 delle leggi antiebraiche, dirimere le questioni relative all'applicazione delle leggi stesse, accolse, su parere conforme del Consiglio di Stato, vari ricorsi contro il provvedimento di revoca della cittadinanza presentati da ebrei che erano divenuti cittadini dopo il trattato di Saint Germain non per concessione, come appunto fu precisato con riferimento al termine usato nel testo del decreto, bensì per riconoscimento di un diritto10.
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