a cura di Anna Pizzuti
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A partire dall'aprile del 1941 Sušak fu annessa alla provincia del Carnaro, sotto la giurisdizione del prefetto Testa; il commissariato di Pubblica Sicurezza che in essa operava era alle dirette dipendenze della questura di Fiume.
Al 18 giugno del 1941 risultavano iscritti alla Comunità di Sušak 36 capifamiglia per un totale di 93 persone, ma il numero degli ebrei presenti era molto più alto, proprio a causa dell'afflusso dei profughi. La situazione in cui si trovarono gli ebrei presenti nella città ed i profughi che riuscirono ad entrarvi, nonostante la stretta sorveglianza alla frontiera, fu del tutto analoga a quella fiumana, ma per essi le proposte per l'internamento non furono molte. Più numerosi, invece, i profughi espulsi verso la zona costiera croata occupata dalle truppe italiane, specialmente verso le località di Porto Re e Cirquenizza.
Al sostentamento di chi riusciva ad entrare a Sušak provvedeva la Delasem, tramite il rabbino della città, Otto Deutsch, ma le autorità decretarono che chiunque prestasse assistenza morale o materiale o fosse entrato in contatto con i profughi sarebbe stato considerato complice di "illegali" e arrestato.
Ed è appunto "per motivi politici", come dichiara il questore di Fiume in una comunicazione al Ministero dell'interno datata 23 settembre 1941, che il rabbino Otto Deutsch, che provvedeva agli aiuti e che si era rifiutato di fornire le liste delle persone da lui soccorse, fu arrestato e trasferito a Ferramonti .
Solo nel novembre del 1941, quando erano stati eseguiti già numerosi respingimenti ed allontanamenti, Testa chiese all'autorità centrale istruzioni su come comportarsi di fronte alle numerose domande pervenute all'ufficio di pubblica sicurezza di Sušak da parte di ebrei profughi dalla Croazia, i quali chiedevano "il permesso di dimora in località del Regno e, intanto, il permesso di soggiorno a Sušak, in attesa delle determinazioni di codesto Ministero".
Si trattava, prosegue la nota, di profughi arrivati nella città clandestinamente, con documenti irregolari e "in parte allontanati mediante opportune azioni di rastrellamento" . Non si comprende bene come mai solo per i profughi che entravano in questa zona, e non per tutti quelli che quotidianamente tentavano di entrare nella provincia del Carnaro, il prefetto Testa chiedesse se "in linea di massima le domande in parola siano suscettibili di istruttoria o quali provvedimenti debbano essere adottati, in caso negativo, nei confronti dei singoli firmatari". Al prefetto venne risposto che "in linea di massima" non doveva prendere in considerazione le domande prodotte dai profughi e doveva informare il ministero per le eventuali valutazioni qualora vi fossero stati "elementi che per particolari motivi" non potessero far ritorno in Croazia.
Si noti come l'ambiguità della conclusione della risposta consentisse al prefetto ed al questore di Fiume di continuare ad operare a propria discrezione. Gli internati tra i residenti a Sušak furono 7, mentre tra quelli che risultarono profughi furono 50. La maggioranza degli uomini fu internata a Ferramonti, mentre delle donne solo quattro furono inviate nei campi. Le località di internamento, sia quelle iniziali che quelle in cui gli internati si trovavano nel 1943 erano situate in prevalenza nell'Italia del nord, con l'eccezione della provincia di Chieti, nella quale la presenza di internati provenienti da Sušak era abbastanza significativa.
Dal database: elenco degli internati provenienti da Susak.
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