a cura di Anna Pizzuti
Dalla DPs Division dell'UNRRA all'IRO | Indice | Ebrei stranieri in Italia non internati |
I dati assoluti
Il rapporto presentato al Congresso americano dalla sottocommissione speciale degli Affari Esteri sull'inizio delle attività dell'IRO1 riferisce che nel mese di luglio del 1947 nei campi italiani risultavano assistite circa 30000 DPs, numero considerato relativamente piccolo. Ad esso andava aggiunto, però, quello di altre 11.000 che ricevevano assistenza fuori dei campi IRO.
Per quanto riguarda le DPs ebree, il rapporto fissa a 17.047 il numero degli ebrei assistiti in Italia dalla nuova organizzazione. 2
Quest'ultimo numero è difficilmente confrontabile con le cifre fornite nei mesi precedenti dalla Displaced persons division dell'UNRRA. Quest'ultima, infatti, nelle sue statistiche, segnalava il numero dei presenti in tutte e tre le tre modalità di assistenza -nei campi, fuori dai campi, nelle Hascharoth - mentre la tabella riportata nel rapporto fornisce una cifra assoluta.
Tutto il contesto in cui essa è inserita, tuttavia, lascia supporre che i rilevamenti siano stati effettuati solo nei campi. Se così fosse, il numero segnalerebbe, rispetto agli ultimi dati UNRRA una crescita di più di tremila presenze. Se, al contrario, la rilevazione considerasse tutte le DPs ebree presenti in Italia, qualunque fosse la tipologia di assistenza ricevuta, si noterebbe una diminuzione di almeno cinquemila persone.
Nemmeno il conteggio nome per nome, effettuato durante la presente ricerca sella sezione degli Arolsen Archives contenente i fascicoli personali provenienti dalle sedi italiane dell'IRO può dirimere la questione.
I documenti che questa contiene - esclusi quelli degli ex internati in Italia esaminati in precedenza -riguardano quasi tutte DPs ebree presenti nei campi.
Gli intestatari dei fascicoli risultano essere 5521; se ad essi aggiungiamo i conviventi dei quali è stato registrato il numero, la cifra salirebbe a 7027, risultando molto inferiore a quelle segnalate da ambedue le fonti ufficiali.
Tuttavia, nell'economia della ricerca, il problema posto dalla discrepanza delle cifre risulta essere facilmente superabile se, invece che ai numeri assoluti, si guarda a quelle che possono essere definite le tendenze che in essi si rilevano.
Da tutte e tre le rilevazioni, ad esempio, emerge il dato ampiamente noto che, tra gli assistiti, i più numerosi erano i polacchi, seguiti dai rumeni, dagli ungheresi e dai cecoslovacchi.
Per quanto riguarda, poi, l'andamento degli ingressi, i documenti contenuti nei fascicoli confermano che gli anni di maggior afflusso furono il 1946 ed il 1947, come dimostra il grafico allegato in appendice.
Si ritiene, quindi, che i documenti contenuti nei fascicoli, il cui numero è l'unico che è stato possibile verificare direttamente, possano essere considerati come un campione nel complesso attendibile.
Questi fascicoli vengono presentati nel sito suddivisi in base alla nazione di provenienza e, in generale, i documenti in essi contenuti dimostrano che gli intestatari instaurano un rapporto più o meno continuato con l'organizzazione.
In una sezione a parte, invece, vengono raccolti i fascicoli dei "non registrati" i cui intestatari, come si evince dal fatto che i documenti che li riguardano sono quasi tutti ascrivibili al periodo della Displaced Persons Division dell'UNRRA, non si presentano affatto all'IRO o interrompono prestissimo il rapporto.
L'esame delle date di ingresso in Italia degli assistiti non ex internati ha portato anche ad individuare la presenza di un piccolo, ma significativo, gruppo di ebrei stranieri richiedenti assistenza che erano presenti in Italia da vari decenni, oppure solo qualche mese prima che le agenzie di assistenza iniziassero la loro attività.
Emergono, così, tre raggruppamenti o, per meglio dire, tre categorie di situazioni e storie le quali - pur avendo, di fondo, molto in comune - presentano aspetti peculiari, per cui si è considerato corretto, dal punto di vista metodologico, esaminarle separatamente.
I non registrati
Un Elenco dei problemi in sospeso - non firmato e non datato, ma risalente, in base alla sua posizione all'interno della cartella, alla fine del 1946 - preparato dal Bureau of Relief Services per la Displaced Persons Division, segnala al primo punto: presentare e rivedere le vostre raccomandazioni sulle funzioni e il personale della registrazione e del rimpatrio.
La questione dovette accompagnare la DPs division fino al suo smantellamento, se nel paragrafo intitolato Registration inserito nella relazione relativa al mese di giugno del 1947, l'ultima compilata dagli uffici della Displaced persons commission dell'UNRRA, si legge:
Gli uffici di registrazione e reinsediamento dei campi hanno avuto un compito difficile nel far fronte alle fluttuazioni e agli spostamenti della popolazione nei campi, ma hanno lavorato duramente per cercare di aggiornare le registrazioni. Uno sforzo notevole è stato fatto in tutti i campi per arrivare ad una cifra più più precisa dei presenti nei campi, e adattare, sulla base della registrazione e dei controlli fisici, le quantità della razione. Va notato che nella zona nord, la registrazione REOC è molto migliorata da quando il nuovo personale di registrazione è stato stabilito nei campi. Cinecittà e Palese Camp, tuttavia, non hanno ancora sistemato la registrazione REOC. Ulteriori progressi sono stati fatti con i preparativi per la nuova procedura di registrazione per tutti gli sfollati attualmente sotto la cura della commissione preparatoria dell'IRO o che richiedono la sua assistenza.3
Le difficoltà segnalate nella relazione erano oggettive, considerati anche i numerosi spostamenti tra un campo e l'altro registrati nei documenti contenuti nei fascicoli, e, evidentemente, non erano bastate le buone intenzioni per risolverle del tutto.
Deve quindi essere accaduto che, al momento del passaggio delle consegne, tra i documenti che, come stabilito negli accordi tra le due organizzazioni, la Divisione consegnò all'IRO, si trovavano migliaia di fascicoli di DPs che risultavano inventariati come Not recorded e che ora si trovano inseriti in una sezione specifica nell'indice dei documenti provenienti dall'Italia.
I fascicoli personali intestati alle Displaced persons ebree presenti all'interno di questa categoria sono 2641, cifra che va completata con quella dei conviventi (139), per un totale, quindi di 2780 persone.
Nella maggioranza dei fascicoli è presente solo il primo modulo di richiesta di iscrizione all'UNRRA, sul quale, oltre all'annotazione della sede di ricollocamento desiderata ed al possesso o meno dei documenti per raggiungerla, si rinvengono indicazioni molto scarne sulla storia delle persone che lo compilarono. Mancano, per di più molti dati anagrafici, in particolare il nome dei genitori e quello del luogo di nascita.
Il modulo, sempre nella maggioranza dei casi, è accompagnato da una scheda non strutturata sulla quale sono annotati alcuni dati, le prime sedi (nella quasi totalità campi) in cui gli intestatari del fascicolo si erano stabiliti nell'anno dell'arrivo, il numero dei familiari, i trasferimenti da un campo all'altro.
Osservando l'andamento degli ingressi nell'arco di tempo che va dal 1945 al 1947, riportato nel grafico in appendice si può notare che, pur rimanendo prevalente anche in questa categoria la presenza delle diplaced persons ebree provenienti dalla Polonia, si assiste alla crescita del numero di quelle che arrivano dalla Romania, soprattutto nel 1946, a conferma di quanto si legge nelle relazioni e nella corrispondenza tra i vari dirigenti della Displaced Persons division.
Sono - il 1946 e il 1947 - gli anni in cui gli ingressi clandestini aumentarono e di molto, creando notevoli problemi nel rapporto tra la displaced division dell'UNRRA e il governo italiano.
Quest'ultimo, infatti, come risulta dai documenti analizzati nelle pagine precedenti, assume nei confronti dei clandestini - o infiltree - un atteggiamento molto duro, mentre quello dei dirigenti della Displaced Persons Division dell'UNRRA appare più protettivo e accogliente di quello dimostrato in precedenza, quando si richiedevano i documenti d'ingresso previsti dalle norme, per concedere l'assistenza.4
Del resto, il fatto stesso che uno dei pochi documenti contenuti nei fascicoli sia, come già detto, la scheda con indicati i campi nei quali l'intestatario ha soggiornato, parrebbe fornire qualche supporto all'ipotesi che molti dei non registrati potessero essere in realtà clandestini cui la Division forniva, comunque assistenza, a rischio di passare - come si è visto - anche per loro "fiancheggiatrice" o. addirittua, come essa stessa direttamente implicata nei loro ingressi.
Ad ogni modo, le informazioni che gli intestatari dei fascicoli appartenenti a questa categoria forniscono mostrano che la quasi totalità di essi (il 98%) risulta essere stata assistita dall'UNRRA e che l'87% chiede come sede di ricollocamento la Palestina che, una volta abbandonato i campi UNRRA probabilmente avranno cercato di raggiungere affidandosi all'Alya Bet.
Basti pensare che il 45% di essi risulta missing, cioè assente, mentre il 54% risulta A.W.O.L., cioè allontanato.
La spiegazione della differente espressione per indicare, in pratica, lo stesso comportamento, potrebbe derivare dal fatto che la prima sembra essere quella usata dallo staff della Division, mentre la seconda è quella usata ufficialmente dall'IRO i cui funzionari potrebbero aver apposto su documenti da accantonare.
Un discorso a parte meritano diversi piccoli "sottogruppi" che è possibile individuare da annotazioni apposte sui documenti, le quali evidenziano un percorso diverso da quello degli altri.
Sono presenti, ad esempio, 18 minori non accompagnati - tra i quali sette provenienti da diversi lager - arrivati in Italia tra il 1945 e il 1946 che risultano assegnati alla casa di accoglienza di Selvino, in provincia di Bergamo nella comunità nota con il nome Sciesopoli Ebraica che tra il 1945 e il 1948 accolse e preparò per l'aliyah circa 800 bambini ebrei sopravvissuti ai campi di sterminio, dove i loro genitori erano morti. Quei bambini erano stati raccolti nei campi e nei luoghi dove erano nascosti, e condotti verso l'Italia, da dove si imbarcarono per Eretz Israel. 5
Ci sono, poi, i fascicoli personali di 15 ebrei che, nel 1949, fuggono dall'Ungheria ormai sotto il regime comunista. Raggiungono clandestinamente - correndo a volte molti pericoli - la città di Bratislava dove un'organizzazione sionista organizza partenze verso quella che, nei documenti, viene ancora chiamata Palestina. Arrivati in Italia, si rivolgono all'IRO per assistenza. In attesa di imbarcarsi e vengono ospitati nel campo di Trani. Alcuni di loro dichiarano che le spese del viaggio vengono sostenute dal Joint.
Si vedrà in seguito che questo stesso percorso viene compiuto da centinaia di ebrei provenienti dalla Cecoslovacchia o, anch'essi dall'Ungheria.
Sulle schede di registrazione usate dalla Displaced persons division recuperate in altri 18 fascicoli, appuntata a mano nella parte relativa ai precedenti dell'intestatario, si legge la scritta Italy, che sembra poter essere interpretata come presenza nella penisola anche prima della guerra. Solo per tre persone viene indicato l'ultimo luogo di residenza che per due di loro era la città di Fiume, per il terzo quella di Abbazia.
E' infine presente, in altri 15 fascicoli personali, i cui intestatari provengono tutti dalla Polonia, l'appunto: Russia (sic) che, probabilmente, sta ad indicare che essi, durante il primo anno di guerra, quando, in seguito al patto Molotov-Ribbentrop la loro nazione fu divisa in due, erano stati deportati in territorio sovietico.
Ebrei stranieri già presenti in Italia
Tra gli ebrei stranieri presenti in Italia al momento della liberazione non c'erano solo quelli che erano stati internati nei campi o nelle località. Si erano infatti verificati diversi casi in cui mogli, figli o genitori degli internati più giovani, fossero rimasti a vivere nei luoghi in cui si erano stabiliti, salvo fuggirne durante il periodo dell'occupazione nazi-fascista. Insieme ad essi, erano sfuggiti all'internamento i più anziani, anche malati e residenti in Italia già da molti anni oppure quelli che avevano sposato cittadine o cittadini italiani.
I fascicoli conservati presso gli Arolsen Archives documentano, inoltre, che c'erano anche ebrei stranieri che soggiornano in città italiane raggiunte con vari stratagemmi durante gli anni della guerra, perfino durante il 1944.
In più, a partire dalle settimane immediatamente successive all'armistizio e in conseguenza dell'evoluzione della guerra in Europa, entrano in Italia sia gruppi di ebrei stranieri al seguito dell'esercito di occupazione italiano che si ritirava dalla Francia meridionale sia gruppi provenienti dai territori Jugoslavi rimasti completamente in mano tedesca, che non erano stati internati in campi controllati dagli italiani. La maggioranza dei primi si fermò nella provincia di Cuneo, mentre un gruppo, composto da circa 500 persone si diresse verso il sud, raggiungendo Firenze e anche Roma6 . I secondi, invece, rimasero in Puglia, ospitati nei campi allestiti dalla Displaced Persons sub-commission alleata.
Un percorso a parte è quello dei militari polacchi, appartenenti al corpo comandato dal generale W?adys?aw Anders che era alle dipendenze del governo polacco in esilio a Londra e che combattè a fianco degli Alleati, arrivando in Italia nel 1944 e fornendo un contributo significativo a molte battaglie, compresa quella di Cassino. Finita la guerra, alcuni di loro erano rimasti nella penisola, in attesa di poter emigrare verso altri paesi.
Degli appartenenti a questa categoria, piuttosto complessa, come si è visto, sono conservati, negli Arolsen Archives 174 fascicoli, corrispondenti ad un numero complessivo di 297 persone. Dai documenti in essi contenuti - così come per tutte le altre categorie di DPs ebree oggetto di questa ricerca - sono state tratte le informazioni relative alle tappe del percorso di accoglienza, 7 alle richieste di ricollocamento (resettlment) e all'esito che di esse è possibile ricavare dai documenti.
Per quanto riguarda la prima voce - assistenza ricevuta prima dell'IRO - i dati ci dicono che il 39% degli appartenenti a questa categoria aveva ricevuto assistenza da parte dell'AJDC, il 24% da parte dell'UNRRA, il 5% da parte di ambedue le organizzazioni e il 7% da parte di altre agenzie o gruppi di volontari. Il rimanente 25% non aveva ricevuto nessuna assistenza.
La presenza di ebrei stranieri residenti di lunga durata in Italia, fa sì che il 39% delle richieste di ricollocamento riguardino la possibilità di rimanere nella penisola, mentre il 24% chiede di poter emigrare negli Stati Uniti, cifra alla quale può essere aggiunto quella del 6% relativa alla scelta del Canada. Solo il 9%, invece, chiede di poter emigrare in vari stati dell'America meridionale. Inferiori le richieste di emigrazione verso l'Australia o verso altri stati europei. Ad assimilare queste richieste a quelle presentate dagli ebrei stranieri ex internati in Italia, c'è anche la constatazione che solo il 10% chiede di poter partire per la Palestina. Un ulteriore dato, comune questo a tutte le categorie esaminate, emerge dall'esito che di queste richieste sembra potersi ricavare dai fascicoli: la maggioranza, cioè il 23% viene dichiarata A.W.O.L., il che, in questo come negli altri casi, lascia pensare che l'occasione per il ricollocamento viene trovata da ciascuno con le proprie risorse personali. Il 19% viene dichiarato idoneo (eligible) al ricollocamento, senza che venga indicato se questo poi sia avvenuto o meno, il 10% viene ammesso alla vera e propria assistenza dell'IRO (care and mantenance) e il 18% riceve la protezione legale e politica. Il rimpatrio viene disposto solo per l'1%. Dei rimanenti, il 18% viene dichiarato non idoneo (ineligible) all'assistenza e dell'11% l'esito rimane sconosciuto.
Gli ingressi in Italia dal 1945
Sono 2861 le DPs ebree i cui fascicoli consentono di documentare un rapporto diretto con l'International Refugees Organization. A queste vanno aggiunti i 1214 familiari conviventi per cui il numero totale diventa 3865. In molti dei fascicoli sono presenti tutti i documenti che ne registrano la presenza e l'assistenza ricevuta fin dal 1945 da tutte le agenzie (UNRRA, Preparatory Commission dell'IRO e,infine, l'IRO) mentre in altri la documentazione inizia direttamente dai moduli di iscrizione all'ultima.
E', questa, la categoria in cui è presente, fra le tre, il numero più rilevante di apolidi, mentre, tra quelli per i quali viene indicata la nazione di provenienza, a prevalere sono i rumeni, seguiti dai polacchi, dagli ungheresi e dai cecoslovacchi.
La maggior parte di essi entra in Italia tra la fine del 1946 e tutto il 1947.
A differenza delle categorie precedenti, l'assistenza ricevuta da parte dell'UNRRA (29%) è accompagnata, nella maggior parte dei casi, da quella ricevuta dal JOINT (37%) o è stata ricevuta esclusivamente da quest'ultima agenzia (7%).
Le richieste di ricollocamento da parte di questi assistiti sono in linea con quelle che erano state formulate dai non registrati: al primo posto assoluto troviamo la Palestina che, a partire dalla fine del 1948, finalmente viene chiamata - ma non sempre - Israele. Seguono gli Stati Uniti e l'America del Nord in generale e, più distaccate, America del Sud, Canada, Australia e la richiesta di poter rimanere in Italia.
Per quanto riguarda l'esito delle richieste, infine, prevalgono in assoluto i fascicoli nei quali finisce per mancare, in quanto prevalgono le dichiarazioni di A.W.O.L. e di Missing, accompagnate da un consistente numero di fascicoli dai quali non è proprio indicato.
Il confronto tra le richieste di essere ricollocati in Palestina/Israele e gli esiti elencati sopra, rafforza l'ipotesi già fatta in altri passaggi di questa ricerca, cioè che le partenze verso Eretz/Israel venivano risolte tutte - come era prevedibile - al di fuori dell'organizzazione.
Le altre opzioni - ricollocamento, protezione, assistenza- risultano tra gli esiti, ma in maniera molto più limitata.
E' necessario ricordare che né la Displaced Persons Division dell'UNRRA, né la stessa IRO erano nate esclusivamente per affrontare la questione del ricollocamento delle DPs ebree, ma che la loro opera riguardava tutte le tipologie di DPs e dette risultati apprezzabili; di fronte ai dati presentati sopra, tuttavia, non si può fare a meno di rilevare che, di fatto, l'azione di tutte le varie agenzie, a partire da quelle create dalla Commissione Alleata di Controllo, fu quella di consentire la permanenza, in Italia, delle DPs ebree, di quelle che aspiravano a raggiungere Eretz Israel, fino a quando non fosse stata loro offerta, grazie all'Alya Bet, o alla nascita dello stato di Israele, la possibilità di proseguire il loro viaggio.
L'alto numero, ma anche la varietà delle storie che è possibile raccogliere, grazie alla presenza, nella maggioranza dei fascicoli, dei Questionnaires, rende difficile una divisione "per gruppi" di questa ultima categoria. In generale possono essere fatte solo alcune osservazioni.
La prima consiste, più che altro, in una domanda. Ci si chiede, infatti, perché non vengano catalogati come non registrati gli intestatari di ben 104 fascicoli che, come altri presenti in quest'ultima categoria, arrivano in l'Italia nel 1949 grazie all'aiuto delle associazioni sioniste cecoslovacche e vengono ospitati a Trani in attesa di poter ripartire, oppure i sei ragazzi inviati a Selvino.
Si nota, poi, la definizione di not refugee e quindi di non idoneo all'assistenza (timbro not within the mandate of IRO) e l'attribuzione della qualifica di semplice emigrante ai richiedenti assistenza che si rivolgono all'IRO nell'ultimo periodo della sua opera.
Un ultimo possibile gruppo individuato è quello dei "sospetti", cioè di persone sul Questionnaire delle quali, nello spazio riservato alle motivazioni della valutazione da assegnare vengono annotate contraddizioni o illogicità nel racconto delle vicende pregresse. Nei casi in cui queste sono troppo evidenti, vengono chieste informazioni presso tutte le istituzioni che il richiedente cita nella sua ricostruzione, a partire dalle rappresentanze diplomatiche della nazione dichiarata come ultimo luogo di residenza. Nel caso in cui le risposte ricevute confermino i sospetti che abbia mentito, viene negata l'assistenza e disposto il rimpatrio. In alcuni fascicoli, invece, si nota una procedura diversa: la prima valutazione risulta positiva, ma, evidentemente le dichiarazioni vengono ugualmente ricontrollate, passo per passo, e, in caso di mancanza di conferme, per il richiedente viene disposto il rimpatrio. Quello che colpisce è il fatto che dalle indagini risulti che, almeno in due casi, è emerso che i richiedenti avevano dichiarato di essere stati deportati in un campo di concentramento, senza che questo fosse vero. 8
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