a cura di Anna Pizzuti
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Degli ebrei residenti a Lubiana e di quelli emigranti arrivati nella città si parlò in un incontro avvenuto il 26 maggio del 1941 tra l'Alto Commissario Grazioli e Carlo Morpurgo, segretario del Comitato italiano di assistenza agli emigrati ebrei, una emanazione della Delasem che aveva sede a Trieste.
Grazioli aprì il colloquio chiedendo a Morpurgo " di compilare e consegnargli gli elenchi degli ebrei domiciliati a Lubiana e degli emigranti soggiornanti in città".
Morpurgo non ebbe nessuna esitazione ad aderire alla richiesta e il giorno dopo consegnò, "oltre alla distinta della popolazione israelitica locale comprendente 45 nomi, un elenco di profughi ebrei in cui figuravano 74 persone dimoranti a Lubiana alloggiati alla Cukrarna (ex zuccherificio) altri 8 nominativi soggiornanti nel comune di Novo Mesto e 6 nominativi ospitati nel comune di Draga"
A questi elenchi Morpurgo aggiunse quello "di 46 orfani di età giovanile, già facenti parte del gruppo sloveno e attualmente soggiornanti a Zagabria in attesa di essere riaggregati al gruppo cui appartenevano." Al centro del colloquio furono, ad ogni modo, soprattutto gli emigranti.
Morpurgo sottolineò l'impegno - soprattutto economico - profuso dalla Delasem per il mantenimento di tutti loro, ma fece anche notare che questo non sarebbe potuto continuare ancora a lungo e così espose la richiesta che costituiva lo scopo della sua missione, che era quello di chiedere che gli emigranti venissero "avviati nell'interno del regno, in conformità a quanto era stato attuato in precedenza per gli emigranti soggiornanti in altri comuni"
Era questa - affermò Morpurgo - la posizione che la Delasem aveva assunto di fronte all'afflusso dei profughi in fuga dal Nuovo Stato Croato e dalla Serbia occupata dai tedeschi ed era - come gli risultava direttamente - la soluzione auspicata dagli stessi profughi. i
Il giorno successivo Carlo Morpurgo consegnò gli elenchi richiesti ed Emilio Grazioli assicurò che "avrebbe provveduto per l'internamento nei sensi della richiesta che si era permesso di avanzare il giorno precedente. ii Va sottolineato che l'incontro si svolse a poco meno di due mesi dall'avvenuta annessione, e la relazione che Morpurgo ne inviò a Lelio Vittorio Valobra, presidente della Delasem rappresenta uno dei pochi, se non l'unico documento finora rinvenuto che contenga informazioni sull'atteggiamento che l'occupante italiano stava tenendo nei confronti degli ebrei presenti nella provincia.
Tre mesi dopo Morpurgo avrebbe compiuto una uguale missione a Fiume, incontrandovi un clima completamente diverso. Il prefetto di Fiume, infatti, si rifiutò di incontrarlo, mentre il questore, che accettò di vederlo, non aderì a nessuna delle sue richieste.
Inoltre, pochi giorni prima, era stato arrestato il rabbino di Susak, Otto Deutsch, che si era rifiutato di consegnare gli elenchi dei profughi da lui assistiti nel timore che essi sarebbero stati arrestati e poi rinviati ai luoghi di provenienza, come accadeva quotidianamente in quella provincia. iii
Appena ricevuta la relazione di Morpurgo, il 30 maggio, Lelio Valobra la inviò al Presidente dell'Unione delle Comunità Israelitiche , Dante Almansi, perché a sua volta la trasmettesse a Carmine Senise, Capo della Polizia.
"Come rileverai - scrisse Valobra nella lettera che accompagnava il documento - la relazione del dott. Morpurgo è chiara ed esauriente. Secondo scambio di vedute che ho già avuto con te, riterrei opportuno fare qualche insistenza perché avvenisse al più presto l'internamento di questi profughi. Come ti ho accennato, le Questure del Regno mancano di direttive precise da parte superiore e così avviene che talune incarcerano i profughi provenienti da quelle zone, altre propendono per proporre l'espulsione, altre ancora vorrebbero riportare i profughi nei paesi di provenienza. Insomma, è necessario che la direzione generale di Pubblica Sicurezza emani istruzioni precise" iv
Bisogna però ricordare che i profughi o, meglio, gli emigranti presenti a Lubiana e in altre località della provincia di cui si parla nel colloquio tra Morpurgo e Grazioli, non erano ancora ebrei serbi o croati in fuga dai tedeschi o dagli ustascia, ma provenivano dall'Europa centro orientale ed erano giunti in Slovenia prima del 1941.
Ad essi andavano aggiunti anche i 46 ragazzi rimasti bloccati a Zagabria, i cui nomi erano contenuti nell'elenco consegnato da Carlo Morpurgo a Grazioli.
La fuga verso la Slovenia era stata individuata come unica possibilità di salvezza per loro. Perché questa potesse avvenire, il responsabile del gruppo, Josef Inding, aveva contattato Eugenio Bolaffio e, attraverso lui, Carlo Morpurgo e fu così che l'elenco contenente i 46 nomi era arrivato, il 26 maggio, nelle mani di Emilio Grazioli.
L'esito positivo del colloquio tra i due, confermò Eugenio Bolaffio nella convinzione che Grazioli non si sarebbe opposto all'ingresso dei ragazzi e così, infatti, avvenne. Scrive Klaus Voigt: "E' difficile valutare per quali ragioni Grazioli avesse appoggiato la richiesta dei ragazzi. Secondo Inding, l'Alto Commissario sperava, con un gesto umanitario, di allontanare l'attenzione dalla repressione in atto nella provincia di Lubiana. Probabilmente il Ministero fece questa eccezione soltanto perché in quel momento a Lubiana vi erano pochissimi profughi ebrei" v
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