Gli ebrei internati nel campo di RAB - Identificazione e destino Le fonti dirette

Premessa


Sono numerosi gli studi che hanno ricostruito i passaggi attraverso i quali si arrivò alla decisione di trasferire nel campo di Rab, isola appartenente per annessione alla Provincia del Carnaro e, quindi, all'Italia, gli ebrei profughi già sottoposti all'internamento in vari campi e località nella Seconda Zona, quella cioè presidiata dalle truppe della Seconda Armata.i
Ugualmente studiati i contrasti tra i vertici del fascisti e quelli militari che si erano verificati fin dal mese di novembre del 1942, prima che questi ultimi si convincessero a prendersi carico della gestione dell'internamento degli ebrei presenti nel territorio da essi controllati.ii
Va, infatti, ricordato il comportamento ambivalente tenuto dalle stesse autorità militari italiane le quali, nelle zone annesse e durante tutta l'occupazione italiana erano state, insieme alle autorità civili, destinatarie degli ordini di respingimento che provenivano dal governo ed in molti casi li avevano anche attuati.iii
Le valutazioni degli storici sulle motivazioni che portarono i vertici militari a cambiare atteggiamento non sono risultate univoche.
Da una parte, infatti, al loro comportamento viene attribuita una valenza esclusivamente umanitaria e protettiva manifestatasi con l'accettazione di mettere in atto diverse strategie - culminate proprio con il trasferimento degli ebrei profughi nel campo di Rab - per ritardare e alla fine impedire che gli ebrei che si erano messi sotto la loro protezione venissero consegnati ai tedeschi che ne avevano fatto richiesta nel marzo del 1942.
Dall'altra, invece, sono stati presi in considerazione elementi diversi come, in particolare, l'atteggiamento antitedesco che fin dall'inizio dell'occupazione della Jugoslavia circolava nella Seconda Armata accompagnato, nella primavera del 1943, dalla consapevolezza che ormai la guerra era persa e che bisognava acquisire meriti da esibire davanti ai vincitori.

La ricerca che qui si presenta non si occupa di questi aspetti, ma nasce esclusivamente dal proposito di far riemergere dai documenti dell'epoca i nomi dei profughi, molti dei quali avevano iniziato la loro fuga fin dalle prime settimane dell'invasione dell'allora Jugoslavia e che, nel momento in cui arrivano nel campo di Rab, possono essere considerati tra i pochi sopravvissuti allo sterminio di cui i loro correligionari erano rimasti vittime fin dall'inizio dell'occupazione.
Con il database in cui essa si sostanzia si è inteso certamente pervenire alla definizione del numero degli ebrei internati a Rab, ma, soprattutto, alla loro identificazione ed alla ricostruzione, per quanto sintetica, del percorso di internamento precedente al trasferimento a Rab e di ciò che accadde loro dopo l'abbandono del campo da parte degli italiani, avvenuto l'8 settembre del 1943.
Anche questo database, quindi, come gli altri database presenti sul sito, è stato compilato con l'obiettivo di passare dai numeri, spesso arrotondati nei documenti indifferentemente per difetto o per eccesso, alle persone alle quali le cifre contenute nei documenti corrispondono, per restituire a ciascuno, per quanto possibile, oltre che il nome la propria storia.

La diffusione sul web del database potrebbe portare, tra l'altro, ad un ulteriore arricchimento delle conoscenze, attraverso la testimonianza dei protagonisti di quegli avvenimenti o dei loro discendenti che vi scoprissero la presenza dei nomi loro o dei loro parenti e intendessero rievocare gli avvenimenti dei mesi passati nel campo e quelli successivi.
Sul piano storiografico si ritiene, inoltre, che il collegamento tra questo database e quello principale contenuto nel sito, costituisca un ulteriore passo avanti nella individuazione di quanti furono gli ebrei provenienti dall'allora Jugoslavia che furono effettivamente sottoposti alla giurisdizione italiana, sia sul territorio nazionale che in quello acquisito sul fronte orientale.
Pervenire alla definizione del loro numero reale, e confrontarlo con quello degli ebrei residenti o profughi dall'Europa centro orientale ampiamente documentato, smentirebbe definitivamente le cifre iperboliche che circolano in alcuni ambienti storiografici su migliaia di profughi fatti entrare clandestinamente in Italia attraverso le frontiere della Provincia del Carnaro.



i Ultimo, in ordine di tempo, il saggio di Carlo Spartaco Capogreco L'inferno e il rifugio di Arbe. Slavi ed ebrei in un campo di concentramento italiano, tra fascismo, Resistenza e Shoah in Mondo Contemporaneo, n.2 2017 pp 35-85. Il saggio contiene una ricchissima bibliografia sull'argomento.
ii Va ricordato che la gestione dell'internamento degli ebrei stranieri presenti in Italia iniziato al momento dell'entrata in guerra dell'Italia e quello degli ebrei che in fuga dalla Jugoslavia occupata era stata affidata al Ministero. Le autorità militari, in particolare il SIM, l'ufficio informativo dell'esercito, comunque, avevano un ruolo preciso sia nella concessione di lasciapassare o altri permessi agli internati, sia nelle loro ricerche e fermo in caso di ingresso clandestino.
iii Cfr. Anna Pizzuti, Dalla Jugoslavia occupata presente su questo stesso sito alla pagina http://www.annapizzuti.it/jugoslavia/jugoslavia.php e, sulle ultime acquisizioni documentarie, Michele M. Sarfatti, "Un articolo del 1955 su 5.000 ebrei croati 'salvatisi per mezzo del 'canale' di Fiume diretto da Giovanni Palatucci'. Una verifica storiografica e documentaria", Italia contemporanea, 283, 2017, pp. 164-181

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