a cura di Anna Pizzuti
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Nella città capoluogo della Provincia del Carnaro, come pure negli altri centri abitati - Abbazia, Laurana, Volosca, Clana, ecc - si erano stabiliti già dal XIX secolo numerosi ebrei stranieri, soprattutto ungheresi. Per la posizione geografica ed il cosmopolitismo che la caratterizzava, successivamente la provincia era diventata, negli anni immediatamente precedenti la seconda guerra mondiale, una delle mete prescelte da centinaia di ebrei profughi provenienti dall'Europa centro-orientale, molti dei quali con l'intenzione di partire dal suo porto verso l'allora Palestina, così come avveniva nella non lontana Trieste.
Le leggi razziali del 1938 colpiscono allo stesso modo sia gli ebrei residenti che i profughi che, all'epoca, si trovavano nella città.
Rispetto a questi ultimi, presso l'Archivio Centrale dello Stato e presso l'Archivio di Stato di Fiume sono conservati numerosissimi elenchi, oltre che comunicazioni "riassuntive" della situazione, che consentono di quantificarne la presenza, mentre - allo stato attuale delle ricerche - non è stato possibile ancora compiere la stessa operazione rispetto ai profughi che sicuramente passarono a Fiume o vi transitarono per sfuggire alle persecuzioni degli ustascia o dei nazisti dopo il 6 aprile del 1941.
Una delle probabili spiegazioni - sempre allo stato attuale delle ricerche - potrebbe risiedere nella differenza del comportamento adottato dalla Prefettura e della Questura di Fiume rispetto a quello tenuto dall' Alto Commissariato di Lubiana e dal Governatorato della Dalmazia.
Le autorità fiumane, infatti, condividevano, soprattutto con quelle dalmate, la politica dei respingimenti e degli allontanamenti, ma si differenziavano da queste ultime e da quelle della provincia di Lubiana nel fatto che né mai sembrano aver ipotizzato richieste di internamento in Italia di gruppi più o meno numerosi di profughi, né, tanto meno, pensarono a luoghi di internamento da istituire nella provincia.
La stessa consultazione del campione di fascicoli personali conservati presso il Fondo Questura dell'Archivio di Stato di Fiume dimostra che i casi dei profughi dalla ex Jugoslavia venivano trattati singolarmente e non sempre con le stesse modalità.
In più la stessa Delasem incontrò enormi difficoltà a stabilire rapporti con le autorità fiumane. Dei problemi creati da queste ultime rispetto ai profughi presenti a Susak si è già detto, ma a ciò è da aggiungere che esse in linea di principio si rifiutarono anche di incontrare Carlo Morpurgo, il presidente del Comitato italiano di assistenza agli emigrati di Trieste che, a nome dell'Unione delle Comunità si preoccupava del soccorso ai profughi dalla Croazia rifugiati nelle zone della ex Jugoslavia controllate dagli italiani, o, quando lo fecero, accolsero le sue richieste con un atteggiamento sprezzante.
Il Comitato ricoprì un importante ruolo anche rispetto all'unica vicenda di cui finora abbiamo notizia che riguarda un gruppo abbastanza consistente di profughi.
Il 22 aprile del 1942 Carlo Morpurgo consegna al Vescovo di Trieste, Antonio Santin una memoria riguardante un gruppo di "600 profughi considerati di razza ebraica rimandati dalla zona italiana di Sussa (Borgonovo) nella finitima zona della litoranea croata occupata dalle truppe italiane (Craglievizza, Cirquenizza) " che quindi si sono venuti a trovare sotto la giurisdizione civile delle autorità croate "le quali hanno chiesto alle autorità centrali di Zagabria istruzioni su misure da prendersi nei riguardi di questi profughi" e che invocano un intervento a loro favore. "Poiché tale intervento non può essere fatto presso le autorità croate - prosegue la nota - si manifesta il voto che esso avvenga presso il Comando Italiano della zona, interessandolo ad ottenere che si eviti l'allontanamento dei profughi dalla zona soggetta alla giurisdizione militare italiana"1 .
Il vescovo trasmette la memoria al generale Roatta, accompagnandola con una sua nota personale nella quale, accennando anche ad una precedente corrispondenza con " l'Ecc. Ambrosi" [Il generale Ambrosio, il Comandante della II armata fino al gennaio del 1942? ] rinnova la richiesta di protezione a suo tempo fatta per dei "profughi di razza ebraica", fra i quali vi sono "naturalmente anche coloro che sono battezzati e non da oggi" . La nota prosegue rimarcando la fiducia che i profughi hanno verso gli italiani e ricordando che "è con espressioni di sincera riconoscenza che parlano della protezione finora goduta." Prima di chiudere, il Vescovo fa presente anche che i profughi "preferiscono mille volte essere internati in qualunque campo di concentramento d'Italia piuttosto che ritornare in Croazia, ove sanno cosa li attende."
Questa la risposta del generale, inviata il 21 maggio successivo:
" In relazione a quanto mi avete comunicato circa gli ebrei residenti nella zona litoranea croata, trasferitisi dai territori annessi del fiumano alla predetta zona, mi risulta che il provvedimento è stato adottato dalla autorità di P.S. di Fiume per ragioni contingenti che esulano dalla mia competenza. Per contro, tengo ad AssicurarVi che tali profughi - per i quali vi interessate - non saranno turbati nel godimento della loro residenza, semprechè essi si tengano lontani da ogni atteggiamento politico e non disturbino l'ordine pubblico. Nulla, invece, mi è possibile fare per un eventuale loro internamento in campi di concentramento in Italia"2 . Come si può notare, la memoria di Carlo Morpurgo si riferisce a profughi "rimandati dalla zona italiana di Sussa", ma quanto già scritto sul numero dei profughi residenti a Susak porterebbe ad escludere che il gruppo di cui si parla provenisse tutto da quella località o che fosse così numeroso come viene detto nel memoriale, per cui si può pensare che il gruppo fosse composto anche da profughi che si trovavano a Fiume3 .
Ad ogni modo, nei mesi in cui avviene questo scambio non esistevano ancora, nella zona costiera della Croazia limitrofa alla Provincia del Carnaro campi di internamento gestiti dalle autorità militari e lo stesso campo di Porto Re (Kralijevica), vicinissimo al confine tra la Croazia ed il fiumano, non era ancora stato destinato ad accogliere profughi ebrei4 . E' consentito, quindi, supporre, oltre alla permanenza di questi profughi nella zona ed il loro successivo internamento nel campo, anche l'allontanamento degli stessi in direzione della Dalmazia, dove, peraltro, come si è detto, l'arrivo di profughi respinti da altre zone era continuo.
La vicenda che ha per protagonisti Carlo Morpurgo e il Vescovo Santin conferma, infine, la presenza nel quadro degli avvenimenti che si stanno ricostruendo un altro luogo di riferimento, cioè la città di Trieste.
Sappiamo che nel carcere di questa città venivano "sfollati" i profughi arrestati a Fiume, ma sappiamo anche che verso questa città si dirigevano i profughi che si allontanavano dalla provincia del Carnaro per sfuggire all'arresto e all'allontanamento e con la speranza di riuscire ad essere internati in qualche località dell'Italia. L'analisi dei fascicoli personali conservati nel fondo questura dell'Archivio di Stato di Fiume sembra confermare questo particolare aspetto delle vicende che si stanno ricostruendo.
E, a proposito di questi fascicoli, va ancora una volta ricordato che essi raccolgono e registrano - insieme alle informazioni riguardanti molti degli ebrei residenti - quelle relative ai profughi presenti nelle varie località della provincia, comprese le zone annesse e quindi Susak, a conferma della inscindibilità, nell'analisi degli avvenimenti, delle due zone.
Una prima analisi dell'elenco dei fascicoli, effettuata al momento dell'acquisizione del file contenete i nomi dei loro intestatari cui sono stati aggiunti i nomi in essi contenuti registrati nel file stesso, è già presente sul sito ma è in continuo aggiornamento. Le informazioni raccolte per ciascuno degli intestatari sono reperibili nell'apposito database.
Attraverso di essa e in mancanza finora, come già si è detto, di altra documentazione certa, si sta cercando di ricostruire quale fosse il numero più vicino possibile alla realtà, dei profughi entrati nella provincia dal momento in cui la Jugoslavia viene invasa.
Il modo in cui essa si sta procedendo può essere definito "indiretto": si cercano, infatti, i nomi degli intestatari che erano già presenti nella Provincia del Carnaro al 6 aprile del 1941, per sottrarne il numero a quello complessivo, in base all'ipotesi che gli altri possano essere, con buona probabilità, nomi di profughi entrati nella provincia durante gli anni del conflitto.
Le fonti utilizzate, in continuo aggiornamento, sono registrate in una pagina specifica e costituiscono anche una sorta di esplicitazione del metodo con cui la ricerca va avanti.
Gli ebrei per i quali la Questura di Fiume aveva aperto un fascicolo sono 4313. I nomi diventano 4960 con l'aggiunta di quelli che il compilatore ha individuato come presenti negli stessi fascicoli (familiari, membri dello stesso gruppo ecc.).
Il confronto con le fonti ha consentito, al momento, di identificarne, come presenti nella provincia al 6 aprile del 1941, 2410, per cui, allo stato attuale delle ricerche, i profughi in fuga dalla Jugoslavia ed in particolare dalla Croazia che, a partire da quella data, entrano nella Provincia del Carnaro potrebbero essere 2550.
I documenti conservati nei fascicoli che è stato possibile consultare finora, consentendo di ricostruire le storie particolari di un certo numero di profughi ed i loro rapporti con la questura di Fiume, hanno indicato alcune nuove piste di ricerca.
La prima è, sicuramente, quella derivante dai compiti di questura di frontiera che Fiume rivestiva, per cui ad essa arrivavano anche le comunicazioni relative agli ebrei residenti in varie altre parti d'Italia (soprattutto l'Italia del nord) che si erano allontanati dalla loro abituale residenza dopo che era stato emanato l'ordine di arresto del 30 novembre 1943. E' quindi in atto il confronto dell'elenco fiumano con i registri dei censimenti degli ebrei stranieri che le prefetture compilarono negli ultimi mesi del 1938. Un primo esame di alcuni di questi registri ha già consentito di individuare diverse decine di ebrei i cui nomi compaiono nell'elenco fiumano e che erano presenti in Italia già nel 1938.
Alla questura fiumana arrivavano anche richieste di "rintraccio" riguardanti gli ebrei internati in campi o località sparsi in varie regioni dell' Italia centro settentrionale che erano fuggiti dopo l'armistizio dell'8 settembre, per cui è iniziato l'esame anche questa tipologia di fonte.
Un'ulteriore pista è diretta alla ricerca dei nomi degli internati nel campo di Porto Re, in territorio croato e a pochi chilometri dalla frontiera della provincia. Il confronto tra quelli individuati e l'elenco fiumano ha messo in rilievo il fatto che molti dei nomi che compaiono in quest'ultimo riguardano richieste di ingresso in Italia da parte degli ebrei che si trovavano internati in quel campo.
La tabella che segue, invece, sintetizza i dati relativi ai profughi internati in Italia dopo il 6 aprile del 1941 che, dalle fonti, vengono indicati come provenienti da Fiume o Susak. Il loro numero assoluto è stato messo a confronto con quello di coloro per i quali, tra di essi, esiste il fascicolo personale presso l'Archivio di stato di Fiume.5
PROFUGHI INTERNATI DALLE VARIE LOCALITA' DELLA PROVINCIA DEL CARNARO DOPO IL 06.04.1041 | |||
EFFETTIVAMENTE INTERNATI | INTERNATI INTESTATARI DI FASCICOLI PERSONALI | ||
Da Fiume | 146 | Da Fiume | 55 |
Da Abbazia | 8 | Da Abbazia | 2 |
Da Susak | 55 | Da Susak | 29 |
TOTALE | 209 | TOTALE | 86 |
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