a cura di Anna Pizzuti
Leo Kudis e gli altri | Indice | Lubiana: situazione discreta |
Il primo esempio che porterebbe a pensare che le disposizioni ministeriali venissero eluse nella Provincia di Lubiana, è rinvenibile nel contenuto di due telegrammi inviati lo stesso giorno - il 30 agosto 1941 - dal Ministero dell'Interno all'Alto Commissario Grazioli. Il primo si presenta come una risposta ministeriale ad un precedente telegramma proveniente da Lubiana - forse una richiesta di chiarimenti - e riguarda Giulio Schwarz del quale si dice: "se risulta residente costà prima dell'annessione segnalarlo [per l'internamento?], in caso contrario pregasi allontanarlo".
Non vengono forniti dati anagrafici dell'uomo. A Lubiana, però, erano presenti due ebrei di nome Giulio Schwarz, uno emigrato in Jugoslavia prima dell'annessione, l'altro profugo dalla Croazia.
Ambedue risultano internati in Italia tra il mese di giugno e quello di dicembre del 1942.
Il secondo riguarda Otto Weiss, ebreo apolide ex tedesco, la moglie Elisabetta Schwarz e la loro figlia Edita per i quali il Ministero dell'Interno ordina "se non residenti prima dell'annessione espellerli". Anche la famiglia Weiss verrà internata ad Arzignano, in provincia di Vicenza nel mese di febbraio del 1942. i
I due telegrammi lascerebbero intendere che l'autorizzazione concessa dal Ministero dell'Interno all'internamento degli ebrei residenti o immigrati in Jugoslavia presenti a Lubiana al momento dell'annessione non dovesse essere assolutamente estesa ai profughi che stavano cominciando ad affluire nella provincia.
E' evidente che Grazioli non ne tiene conto, come farà con gli altri profughi che, arrivati nei mesi successivi all'annessione, verranno ugualmente internati.
Manca, tuttavia, allo stato delle ricerche la documentazione necessaria a spiegare il fatto che per ciascuno di essi - come per quelli cui si riferiscono i telegrammi - il trasferimento in Italia per l'internamento, avvenisse proprio a seguito dell'autorizzazione dello stesso ministero.
La prima vera e propria segnalazione inviata da Lubiana alle autorità centrali fino ad oggi individuata, riguardante il fatto che anche nella provincia di Lubiana nell'estate del 1941 era iniziato l'afflusso dei profughi da territori appartenenti alla ex Jugoslavia risale al 9 settembre 1941.
"Trovandosi ancora questa provincia numerosi ebrei dei quali parte qui domiciliati anteriormente all'annessione e parte immigrati da Croazia e da Susak per sfuggire persecuzione politica croata, non essendo compatibile loro permanenza questa zona data delicatezza situazione, prego precisare località internamento tenendo presente che alcuni potrebbero trasferirsi proprie spese località designate. Raccomandasi cortese urgenza, anche perchè mentre alcuni sono stati fermati non è per rimanenti possibile procedere ulteriori fermi per assoluta deficienza locali queste carceri e rifiutandosi predetti rientrare Croazia ove sarebbe pericolo loro incolumità personale. Riservomi trasmettere elenchi con indicazione località dove saranno assegnati." ii
Il passaggio che nel testo appare più significativo è la fermezza con la quale viene richiesto per i profughi lo stesso trattamento che ancora in quei giorni si stava riservando agli ebrei presenti nella provincia prima dell'annessione, cioè l'internamento.
Se pure indirettamente, inoltre, il telegramma conferma che i profughi si sottoponessero ad una vera e propria diaspora da una frontiera all'altra per cercare protezione e salvezza. iii
Va messo in rilievo anche il riferimento ai rischi che gli ebrei correvano nei luoghi da cui provenivano che potrebbe essere considerato tra le prime informazioni dirette provenienti da una autorità civile su quello che stava già avvenendo in Croazia e in Serbia.
Nel telegramma, infine, Grazioli riferisce dei fermi e degli arresti di ebrei profughi operati dalla polizia italiana a Lubiana e dei problemi che venivano a crearsi nelle carceri che già si stavano riempiendo di ribelli.
Per quanto riguarda gli ebrei, ad essere arrestati erano i profughi sorpresi senza documenti in regola perché, dopo essere entrati clandestinamente nella provincia non avevano ottemperato alle disposizioni ministeriali ed alle stesse ordinanze emanate da Grazioli che regolavano il controllo del movimento e del soggiorno degli stranieri.
Secondo queste ordinanze, infatti, chiunque entrasse nella provincia, oltre all'obbligo di esibire i visti d'ingresso e i nullaosta concessi dalle autorità civili e militari, doveva presentarsi alla polizia per rendere la dichiarazione di soggiorno. In essa andavano essere indicati la cittadinanza, il luogo di abituale residenza e quello di provenienza, la religione professata e la razza di appartenenza. Spettava poi alle autorità competenti decidere se accettare la dichiarazione e, conseguentemente, fornirne all'interessato una copia che aveva valore di permesso di soggiorno. iv
Non per tutti i profughi, tuttavia, come si vedrà, viene segnalato il fermo o l'arresto, ma i documenti conservati nei fascicoli personali non riportano una motivazione per questa differenza.
Risulta comunque difficile immaginare che qualcuno dei profughi potesse ottemperare a tutte le prescrizioni previste per l'ingresso ed il soggiorno regolarmente nella provincia, considerato anche che i primi provvedimenti assunti dai tedeschi in Serbia e dagli ustascia nel Nuovo Stato Croato rendevano praticamente impossibile agli ebrei allontanarsi in modo legale dal luogo di residenza.
Le storie che seguono raccontano le vicende di profughi fermati ed arrestati. Esse documentano, tra l'altro, quali soluzioni venissero trovate di fronte alla carenza di posti nelle carceri di Lubiana.
Ester Stern, ebrea apolide profuga da Zagabria viene fermata dalla polizia di Lubiana nell'ottobre del 1941. Come tutti gli altri profughi, si rifiuta di ritornare Croazia temendo per la propria incolumità. Lubiana attiva la procedura di internamento, ma, nel frattempo, Ester deve rimanere in carcere. Considerata la mancanza di posti nelle carceri della città, la donna viene trasferita in quelle di Alessandria il 21 novembre 1941, "previa autorizzazione del Ministero di Grazia e Giustizia, stante la necessità di sfollare quelle locali, per il numero rilevante degli arrestati". Ester sarà liberata per essere internata in provincia di Chieti il 10 dicembre successivo. Il suo trasferimento nel luogo di internamento verrà eseguito dalla questura di Alessandria, ma su disposizione di Lubiana. v
Un altro esempio di questa "mobilità" di ebrei tra le carceri di Lubiana e quelle italiane e viceversa è quello di Sreko (Felice) Freundlich, figlio di Oskar, ebreo croato, che, insieme alla sua famiglia si allontana da Osijek non appena "cessate le ostilità". I documenti non ci raccontano le vicende vissute durante la fuga, ma solo che, come scrive il Oskar, il padre, "durante la fuga abbiamo perduto l'un l'altro", per cui, mentre i genitori e due figli si ritrovano in confino libero a Vallegrande, sull'isola di Curzola, in Dalamazia, Felice si rifugia a Lubiana e da qui raggiunge Trieste. Arrestato in questa città, viene ricondotto nel carcere di Lubiana, dove rimane fino al 7 novembre 1941 per essere successivamente internato a Ferramonti. vi
La particolarità di questa storia è che nel settembre del 1942, dopo una serie di richieste e di contatti tra le autorità, la famiglia Freundlich si ricongiungerà a Castelnuovo Don Bosco, in provincia di Asti. E' questo uno dei pochi esempi di ricongiungimento familiare concessi dal Ministero dell'Interno, nonostante le numerose richieste che continueranno a pervenire fino ai giorni immediatamente precedenti l'armistizio dell'8 settembre.
L'ultimo esempio che si fornisce dimostra che la carenza di posti nelle carceri di Lubiana prosegue fino al 1942. Il percorso dei fratelli Lazzaro e Wolf Winternitz è opposto a quello di Felice Freundlich. Fermati a Lubiana, i due fratelli vengono trasferiti nelle carceri di Trieste e da qui, il 26 giugno 1942 internati, sempre su disposizione di Lubiana, in provincia di Bologna. vii
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