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Le cifre: Susak e la Provincia del Carnaro


La continuazione delle ricerche sugli ebrei che si trovavano in Jugoslavia durante l'occupazione italiana ha consentito non solo di acquisire nuove informazioni che arricchiscono quelle esposte nella pagina dedicata a Susak già presente sul sito, ma anche di iniziare a rendere più attendibili quelle riguardanti l'intera provincia del Carnaro ed in particolare Fiume, divisa da Susak solo da un ponte sul fiume Eneo il quale segnava, prima dell'annessione, ma anche successivamente ad essa, il principale posto di frontiera tra i due centri abitati.
Inseparabili - nonostante alcuni particolari che le diversificarono - le vicende degli ebrei in fuga che si affollano alle frontiere sud - orientali della provincia del Carnaro e che tentavano di entrare sia a Susak, sia a Fiume.

Del resto, la posizione geografica di tutta la provincia1 faceva in modo che entrarvi sembrasse la via più breve per raggiungere direttamente l'interno del territorio italiano e, quindi la salvezza.
Questa intenzione, però, si scontrava con la dura politica antisemita praticata dalle autorità fiumane, in particolare dal prefetto Temistocle Testa e dal questore Vincenzo Genovese; la rigidità con cui ambedue applicavano le direttive del centro rendeva l'ingresso, di fatto, molto difficile e pericoloso, mentre il soggiorno, per quelli che riuscivano ad entrare, era continuamente esposto al rischio di arresto e di allontanamento.
In più, come si può notare osservando le cartine generali, la frontiera tra la provincia del Carnaro e la Croazia era molto meno estesa di quella che separava il Governatorato della Dalmazia dalla Croazia stessa e quindi più facilmente controllabile.
I passaggi di frontiera attraverso i quali i profughi cercavano di entrare erano quelli di Plasse, Buccari, Buccarizza (Bakarac), Meja. Il luogo del respingimento, le forze dell'ordine che lo eseguivano e gli elenchi dei respinti sono registrati nelle comunicazioni inviate regolarmente a Roma dalla prefettura e conservate presso l'Archivio Centrale dello Stato2 .
Da esse apprendiamo che i tentativi di ingresso iniziano già nell'aprile 1941, raggiungono l'apice verso la fine dello stesso anno, per poi diminuire notevolmente dopo l'agosto del 1942, ma anche che molti dei profughi che venivano respinti provavano di nuovo a passare anche nei giorni immediatamente successivi al respingimento.
I profughi che effettuano un solo tentativo sono 355 e 86 di essi riescono ad essere internati in Italia. I profughi che effettuano due tentativi sono 63 e 15 di essi riescono ad essere internati, sempre in Italia. I profughi che tentano per tre volte di entrare in Italia sono 3 e, di essi, uno viene internato. Esiste anche il caso di un profugo che riesce ad entrare in Italia e ad essere internato dopo 4 tentativi. In conclusione i profughi dei quali si documentano i tentativi di passaggio della frontiera sono, in tutto, 425.
Di essi 103 complessivamente riescono ad entrare e ad essere internati, ma i documenti non ci forniscono la spiegazione su come questo avviene.
I profughi effettivamente respinti registrati nei documenti furono 322. Di questi 23 sicuramente perirono nei lager ustascia o nazisti, mentre per 19 non si ha la certezza assoluta.
Gli altri 280, o rimasero nella zona della Croazia occupata dall'esercito italiano o, presumibilmente, si diressero verso la Dalmazia.
Alcuni fascicoli personali intestati agli ebrei conservati nel Fondo Questura dell'Archivio di Stato di Fiume che fanno parte del campione che finora si è riusciti ad esaminare documentano anche l'allontanamento verso il luogo di provenienza di diversi tra i profughi che pure erano riusciti a superare la frontiera e che , quindi, vanno aggiunti al numero dei profughi respinti3 .
Sempre attraverso i documenti conservati in questi fascicoli è possibile individuare quale fosse la "catena di comando" che, con le proprie decisioni determinava il destino dei profughi, anche se gli stessi documenti non ci permettono di recuperare, fino in fondo, le motivazioni dei provvedimenti presi.
Le strutture amministrative della provincia non furono modificate dall'annessione della zona di Susak. Le autorità che si occupavano dei profughi erano il prefetto Temistocle Testa e il questore Vincenzo Genovese.
Negli uffici della questura passavano i profughi che non sceglievano la clandestinità e che vi si recavano per rendere la dichiarazione di soggiorno, copia della quale, se concessa, costituiva una sorta di permesso di residenza, per quanto limitato nel tempo. La questura svolgeva anche il ruolo di controllo del territorio e di ricerca dei clandestini, a volte anche con il contributo attivo delle forze dell'ordine aggregate al comando della II Armata che aveva sede a Susak.
Una volta scoperti, i profughi clandestini venivano arrestati e la loro abitazione perquisita, alla ricerca di eventuale materiale sovversivo4 . Se non lo avevano già fatto, gli arrestati rivolgevano immediatamente una istanza al Ministero dell'Interno, descrivendo la situazione dalla quale fuggivano e chiedendo l'internamento in una qualsiasi parte dell'Italia. . Generalmente, nelle istanze, i richiedenti - anche mentendo - dichiaravano di possedere i mezzi per mantenersi a proprie spese.
Il prefetto poteva decidere di non aspettare il parere del ministero e quindi allontanare il richiedente. In altri casi, quando l'istanza, d'ufficio, gli veniva rinviata da Roma perché esprimesse il proprio parere, in linea di massima il prefetto si dichiarava favorevole e l'internamento veniva concesso, con il ricorso alla formula generica "data la particolare situazione di questa delicata zona di frontiera".
Solo allora, il Ministero avviava tutta la procedura dell'internamento.
Tuttavia poteva accadere che, prima che fosse stabilita la sede o anche dopo, in maniera a volte del tutto inspiegabile, il profugo venisse ugualmente allontanato.5
I respingimenti documentati riguardano sia i profughi che, attraverso la frontiera, tentavano di arrivare direttamente a Fiume, sia quelli che si fermavano a Susak.
Impossibile stabilire i motivi delle scelte che li guidavano nel loro percorso.
Gli storici che finora si sono occupati di questo argomento tendono a distinguere ciò che accadde a Susak da ciò che accadeva a Fiume, come se si trattasse di due luoghi distanti e tra di loro autonomi e non, invece, due luoghi che, oltra ad essere contigui, dipendevano, a seguito dell'annessione di Susak, dalle stesse autorità.
La stessa impostazione sarà mantenuta anche in questa sede, ma non mancheranno passaggi in cui si incontrerà una certa difficoltà a collocare con precisione gli avvenimenti in una località piuttosto che nell'altra.


1 Cartina tratta da http://it.wikipedia.org/wiki/Provincia_di_Fiume
2 ACS,MI,PS, A 16 Ebrei stranieri, b.10, f. FIUME. La cartina presente nella pagina è tratta da http://daubau.it/enciclopedia/Provincia_di_Fiume
3 Un esempio è quello reperibile nel fascicolo personale di Fritz ZeliKo in HR-DARI-53, Ured za strance, osobni dosje S Fritz Zeliko
4 Come si è accennato, si tendeva ad considerare i profughi pericolosi per il regime
5 Episodi simili possono essere rinvenuti tra le sintesi di alcuni fascicoli personali tratti dal Fondo Questura dell'Archivio di Stato di Fiume.

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